LA PANCHINA LOGORA CHI CE L’HA - L’ANNO SCORSO GARCIA ERA IL TOTTI DEI TECNICI: ORA VIENE MESSO IN DISCUSSIONE E TRATTATO COME UN BERSELLINI QUALSIASI - E GASPERINI INCENSATO PER IL SUO GENOA, POCHE SETTIMANE FA SI SFANCULAVA COL PUBBLICO DI MARASSI

rudi garcia violino 1rudi garcia violino 1

1. SIC TRANSIT GLORIA MISTER

Malcom Pagani per “Il Fatto Quotidiano”

 

Tra una chiesa da spostare e una sviolinata, Rudi Garcia non è più al centro della Roma. Dopo 15 mesi di meritate celebrazioni, successi, interviste e autobiografie, per riscrivere la storia sono bastati un ciuffo di giorni sfortunati. La sconfitta di Torino, il complessivo 9-1 bavarese, la resa di Napoli e un paio di pareggi hanno ribaltato il microcosmo di riferimento, aperto falle, seminato dubbi.

 

gervinho con rudi garciagervinho con rudi garcia

E Garcia, dismesse le vesti del condottiero e indossate quelle del parafulmine, attende con volto sempre più contrito lo stesso Natale del ragionier Fantozzi. Intercettare saette e malumori sulla sommità dell’azienda sperando che la tempesta passi, si riaffacci il sole e come il Paolo Villaggio del film, l’allenatore non sia costretto “a ricominciare dal grado più basso della carriera”. A Roma, dove la luce abbaglia e la speranza confonde, si assiste al remake di un grande classico. La lapidazione dell’antico maestro di ieri con tanto di rapido processo farsa perché a inclinare gli umori della corte, in mancanza di prove certe, c’è il risultato di oggi.

   

Quando per mera statistica non ha sorriso, sono sempre cadute le statue. Eriksson, Spalletti, Ranieri, Zeman. Carletto Mazzone, nonostante l’immunità diplomatica. Il sublime Nils Liedholm persino e Capello, gli unici due a vincere lo scudetto nell’ultimo trentennio. Prima idoli, poi invariabilmente coglioni, incapaci, superati o sopravvalutati. Qualcuno pensava che dopo la bella stagione messa in archivio e con la Juve decontizzata, conquistarlo fosse quasi un diritto e non più un’impresa straordinaria.

 

lotito ovunque anche nella foto amorosa di rudi garcialotito ovunque anche nella foto amorosa di rudi garcia

Alla prima sofferenza, nell’incertezza, via comunque il bambino e l’acqua sporca, in cantina i peana per il nuovo Helenio Herrera di Nemours e giù di editoriale pensoso sul “preoccupante cambio di mentalità”, sulla regressione, sulle risorse dimenticate, sulla scomparsa di coraggio e bellezza. Pretesti. Balle. Déjà vu.

 

Se Garcia avrà la squadra dalla sua parte (il recente, ingrato sfogo di Destro non depone a favore dell’ipotesi) competerà fino alla fine con l’ex bollito Allegri (per lui lazzi e contumelie nel tramonto milanista) e forse vincerà. Altrimenti, nel breve e nel lungo, come da prima regola del mestiere, avanti altri vati fino alla successiva abiura.

   

Accade ovunque. Sempre nello stesso modo. Chi si ricorda di Gian Piero Gasperini, ora incensato per il suo Genoa, colto a mandarsi reciprocamente a fare in culo con Marassi non più di qualche settimana fa? Chi dello Stramaccioni interista effigiato sulla copertina di Sette, del suo predecessore Cuper o del Prandelli filosofo nell’imminenza del Mondiale brasiliano? La Gazzetta indagava a doppia pagina sui gusti letterari della sua Novella e l’ex Ct recitava da emblema di una rinascita non aliena al politicamente corretto del nuovo corso. Oggi illanguidisce tra gli insulti e il tangibile rischio del licenziamento sulle rive del Bosforo.

GasperiniGasperini

   

La panca logora chi ce l’ha. Continui saliscendi e tensioni deformano le percezioni, degradano i rapporti, corrodono l’autoironia. Deprimono e affaticano anche quelli bravi. Arrigo Sacchi, stravolto, si tirò fuori da solo, Guidolin, docente di un illuminato ventennio tra Vicenza, Bologna, Palermo e Udine, ne seguì l’esempio. Scoglio, il professor Scoglio fu aggredito dalla nausea. Galeone, generoso, si fece fregare dalla passione e nel quotidiano wrestling con Gaucci, prima di approdare finalmente a Grado, pagò con l’infarto alla vigilia di una trasferta parmigiana.

   

Storie di un’epoca già mediatica che cancellò senza troppo indagare i profili di Radice, Marchesi e di Eugenio Bersellini, ma che su un altro sergente, Rudi Garcia ora indugia domandandosi se fu vera rivoluzione o solo lampo effimero.

GUIDOLINGUIDOLIN

 

Mentre il gran capo Pallotta pensa al marketing e favoleggia bizzarri utilizzi del Colosseo, a Trigoria l’aria è salata e lo psicodramma in pieno svolgimento. Non ci si sofferma sulla progressiva, ragionata, ma sentimentalmente drammatica dismissione di un genio trentottenne, Totti, che dal ’93, senza interruzioni, ha sventolato da bandiera nell’euforia e nel fallimento e si osserva con sospetto il costoso sostituto comprato a caro prezzo dal Verona, Iturbe.

   

eziolino capuano 5eziolino capuano 5

Come prima e più di prima, nel pallone colonizzato dai neo-profeti, così vicino e così lontano a quello de L’uomo in più di Sorrentino: “Il molosso con catenaccio e contropiede ha vinto due scudetti e una Coppa Italia!” o a quello omologo del tecnico dell’Arezzo, Capuano, convinto di trovarsi tra i sudisti e non ad Alessandria: “Solo due cose vengono dall’Oklahoma, tori e checche”, Garcia mette alla prova se stesso e per farcela, non ha altri che se stesso.

   

Si bagnerà nel lavacro che tocca agli impuri. Se troverà monete e punti sul fondo, tornerà a vedersi riconoscere il lavoro fatto in precedenza.

   Se la gloria evaporerà invece al ritmo delle promesse estive – le regole del gioco non sono sempre giuste – adieu senza titoli di coda, ringraziamenti o lieto fine.

 

 

2. METAMORFOSI GARCIA: DA GLADIATORE A RAGIONIERE

Fabrizio Biasin per “Libero quotidiano”

 

C’era una volta l’uomo che non deve chiedere mai, Garcia, l’allenatore della Roma, francese sì ma con sangue giallorosso, un po’ coatto, gran bel manzo tra l’altro se è vero come è vero che ha messo in saccoccia il volto di Roma Channel Francesca Brienza, mica un cessetto qualunque. E, insomma, Rudi non aveva paura di nulla, al limite solo dello specchio: andava in conferenza e stoppava i fotografi («basta clic altrimenti non mi sentite»), diceva «noi vinceremo lo scudetto», se la tirava un po’ ma solo e soltanto perché campava di certezze.

Garcia
Pallotta 
Garcia Pallotta

 

Poi arriva la mazzata sul capocollo, il 7-1 a domicilio, il tir targato Bayern che investe la Lupa e azzera la sicumera: quel giorno il gladiatore Rudi diventa Rudino, il ragioniere giallorosso. A Genova contro la Samp porta a casa un pareggio senza esporsi più di tanto, a Napoli commette qualche errore di valutazione e ne prende un paio, a Monaco tiene in panca Gervinho, Totti, Pjanic e De Sanctis, dice «qui si fa risultato una volta su dieci», in pratica si arrende prima ancora di giocare.

 

francesca brienza 6francesca brienza 6

Scende in campo col 4-4-2, il suo possesso palla non raggiunge il 30%, colleziona in definitiva una figura barbina, ma forse neanche troppo. Il senso è chiaro: ci consegniamo ai panzer, risparmiamo energie per il match contro il Torino di domenica, ci giochiamo tutto con il City che batterà il Cska. Solo che alla fine a Manchester vincono i russi e per andare agli ottavi tocca badare anche a quelli. Totale: l’ex rivoluzionario Garcia veste i panni del perfetto tecnico «calcolatore» italiano, quello che per vincere la guerra preferisce perdere qualche battaglia. Basta che sia «qualche»...

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