luigi apolloni

“HO DRIBBLATO MARADONA CON UN COLPO DI TACCO” – IL "ROSCIO" LUIGI APOLLONI, EX DIFENSORE DEL PARMA, APRE L’ARCHIVIO DEI RICORDI – I MONDIALI DEL ’94, BAGGIO (“DOPO LA PARTITA CONTRO LA NORVEGIA, QUANDO SACCHI LO SOSTITUÌ, ERA UNA FURIA. IN RITIRO SI CALMO’ CON LA MEDITAZIONE BUDDHISTA”), LA FINALE IN CUI ARGINO’ ROMARIO, SACCHI CHE GRIDÒ A BENARRIVO: “TI STROZZO!”. ANTONIO CAPÌ: “STRONZO” (E ALLORA, RIVOLGENDOSI ALLA PANCHINA, INSULTÒ ARRIGO CHE LO VOLEVA FAR TORNARE IN ITALIA), ASPRILLA CHE CADDE IN UN LAGO PRIMA DI UNA PARTITA (“ERA UN FENOMENO. SE SOLO AVESSE AVUTO LA TESTA A POSTO...”) E LA CARRIERA DA ALLENATORE - VIDEO

 

 

Andrea Schianchi per “la Gazzetta dello Sport” - Estratti

 

luigi apolloni 6

Trentacinque anni fa sbarcava per la prima volta in Serie A. Il primo cliente che gli affidarono fu Totò Schillaci, reduce dalle Notti Magiche, e non gli fece vedere il pallone. Quattro anni più tardi, nella finale del Mondiale 1994 a Pasadena, gli toccò Romario, «e anche in quell’occasione me la cavai abbastanza bene».

 

Poi, appese le scarpette al famoso chiodo, si dedicò al mestiere di allenatore e dieci anni fa, nel settembre 2015, era in panchina ad Arzignano a guidare il Parma nel debutto in D dopo il fallimento dell’era Ghirardi. «Tutti momenti indimenticabili» confessa Luigi Apolloni, Gigi per tutti, che ha attraversato il calcio (e il tempo) con serietà e leggerezza, consapevole che vivere in questo ambiente è un privilegio e non una fatica. 

 

La sua carriera è legata al Parma dei primi anni Novanta. Che cosa rendeva unica quella squadra? 

romario luigi apolloni

«L’amicizia tra i giocatori. Prima ancora delle qualità tecniche dei singoli e degli schemi di Nevio Scala, la differenza la faceva il legame che c’era tra di noi. Eravamo come una squadra dell’oratorio, ci aiutavamo, ci “coprivamo”, non eravamo gelosi l’uno dell’altro». 

 

Com’era il calcio di quell’epoca? 

«Meno veloce di quello attuale, ma per darvi un’idea di quello che il pubblico poteva ammirare cito qualche nome: Maradona, Careca, Roberto Baggio, Franco Baresi, Maldini, Van Basten, Rijkaard, Gullit, Matthaus, Brehme, Klinsmann, Zola, Signori, Vialli, Mancini, e di sicuro ne ho dimenticato qualcuno... Ecco, oggi quei fuoriclasse non ci sono più. Il calcio si è appiattito». 

 

Un episodio che le è rimasto in mente? 

«Se vi dico che ho dribblato Maradona con un colpo di tacco, ci credete?». 

 

Francamente riesce difficile. 

luigi apolloni 4

«Accadde alla terza di campionato, per me fu naturale quel gesto. Ma quando tornammo negli spogliatoi Scala, dopo avermi fatto i complimenti, mi confessò: “Mi hai fatto prendere un colpo, per poco non ci resto secco”». 

 

Dal Parma alla Nazionale di Sacchi. Secondo posto al Mondiale. Ricordi? 

«Finale contro il Brasile, si fa male Mussi. Entro io. Mi tremano le gambe. Primo intervento su Romario, vado in anticipo e gli rubo il pallone. Da lì mi sono sciolto». 

 

Era in camera con Roberto Baggio. 

«Ragazzo speciale, di una sensibilità unica. Pregava tre volte al giorno, lui è buddhista. Dopo la partita contro la Norvegia, quando Sacchi lo sostituì, era una furia. Torniamo in ritiro, si mette nella solita posizione e medita per un’ora. Quando si alza ha una faccia serena, rilassata, come se nulla fosse successo. Quel carattere era la sua forza, prima ancora dei piedi magici che aveva». 

 

E quando Sacchi voleva far rientrare Benarrivo in Italia? Che cosa accadde? 

«È un episodio poco noto. Sacchi, durante una partita, gridò a Benarrivo: “Ti strozzo!”. Antonio capì: “Str...!”. E allora, rivolgendosi alla panchina, insultò Sacchi che, il giorno dopo, lo chiamò nel suo spogliatoio, alla presenza di Carmignani e Ancelotti che erano i suoi assistenti, e gli chiese spiegazioni. 

 

luigi apolloni

Benarrivo gli disse: “Lei mi ha insultato e io le ho risposto”. E Sacchi: “Io non ho insultato nessuno. Ti ho detto “Ti strozzo!”. Per colpa di una consonante Benarrivo rischiò di tornare in Italia prima del tempo, poi Ancelotti e Carmignani la buttarono in ridere, Sacchi capì che si era trattato di un equivoco e il biglietto di ritorno di Benarrivo venne stracciato». 

 

Il compagno di squadra più simpatico? 

«Nessun dubbio: Faustino Asprilla. Per me è come un fratello. Ne faceva una più del diavolo. Lo sapete quello che combinò a poche ore da una partita di Coppa delle Coppe in Svezia?». 

 

No, ci racconti. 

«Eravamo in camera assieme, io ero il suo tutor. Eravamo a Degerfors, il ritiro era in un bellissimo castello e lì davanti c’era un laghetto. Tino mi fa: “Dai, Gigi, andiamo a fare un giro con la barca”. Io cerco di convincerlo che non è una buona idea: “Se ci becca Scala, sono guai!”. Ma fermare Tino era impossibile, in campo e fuori. Così saliamo sulla barchetta, facciamo il giro del lago e, quando rientriamo, lui mette male il piede mentre sta scendendo e cade in acqua.

luigi apolloni roberto baggio

 

Un tonfo piuttosto rumoroso. Scala, che era nella hall, sente tutto, esce dal castello-ritiro, vede Tino tutto inzuppato e gliene dice di tutti i colori. Due ore più tardi siamo in campo, stiamo perdendo 1-0 e lui, a cinque minuti dalla fine, s’inventa due giocate pazzesche e vinciamo 2-1. Era un fenomeno. Se solo avesse avuto la testa a posto...». 

 

Se dovesse dire il più forte con cui ha giocato? 

«Anche in questo caso non ho alcun dubbio: Gianfranco Zola. 

 

(...)

 

Da allenatore ha riportato il Parma dalla D alla C senza perdere una partita. 

«Un’emozione indescrivibile. Il Parma era fallito sotto una montagna di debiti, mi chiamano per guidare la squadra. Nevio Scala presidente e Lorenzo Minotti direttore sportivo. Sette imprenditori del territorio a finanziare l’operazione. Una stagione meravigliosa. Poi però, l’anno dopo, mi esonerano: eravamo ancora in corsa per la promozione.

 

Ci rimasi molto male, perché io per il Parma mi butterei nel fuoco. Ho lavorato gratis per questo club, al tempo del crac Parmalat. Sono fatto così: serio, buono, tranquillo, ma esigo rispetto». 

Faustino Asprilla

 

TINO ASPRILLA

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