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SERBO RANCORE - MIHAJLOVIC: “PER 29 ANNI SU 30 BERLUSCONI È STATO IL PIÙ GRANDE PRESIDENTE DI CALCIO DI TUTTI I TEMPI. IL 30° È STATO IL MIO ANNO” - L’EX TECNICO DEL MILAN SI TOGLIE I MACIGNI DAGLI SCARPINI: “IL CAV VENNE DUE VOLTE A DIRMI DI NON FAR ESORDIRE DONNARUMMA”

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Arianna Ravelli per il Corriere della Sera

 

All' ingresso dello spogliatoio, sulla parete, ti accoglie una frase del Mahatma Gandhi: «Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci». L' ha scelta Gian Piero Ventura, Sinisa Mihajlovic non l' ha cambiata. D' altronde tutto il mondo granata gli calza a pennello: il primo pensiero di una sera al centro Sisport è che questa tra il Toro e l' allenatore serbo sia una storia di spiriti affini. Il secondo è quanto sia stata diversa l' esperienza al Milan, sulla quale Sinisa ha molte cose da dire.

 

A cosa si deve questo feeling?

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«Dopo l' esperienza al Milan cercavo qualcosa che mi assomigliasse. La storia del Torino trae forza dalle proprie radici, è una storia di anima, cuore, sudore, orgoglio, sangue, come piace a me. Ma non è solo questo. Questa è una società che sta crescendo: ognuno sa cosa deve fare e ha grandi ambizioni. Le ha il presidente, le ha Petrachi, le ho io».

 

L' inizio è superiore alle aspettative?

«Non credo che in tanti se lo aspettassero: sono cambiati allenatore, moduli, giocatori simbolo. Ho cercato di trasmettere il mio modo di vedere il calcio, non era facile per i ragazzi adattarsi dopo cinque anni. Ho però sempre visto impegno, applicazione, voglia».

 

Dice che siete solo al 50% del potenziale.

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«Siamo alle fondamenta: principi di gioco e principi morali. L' atteggiamento deve essere sempre da Toro, si gioca per vincere: solo con l' Inter non c' è riuscito. Per noi non deve essere normale perdere a San Siro o pareggiare in casa con la Lazio, se succede dobbiamo essere incazzati. Non sono venuto qui per vincere una partita ogni tanto. Posso aprire una parentesi?».

Prego.

mihajlovic balotellimihajlovic balotelli

«Mi dispiace quando si parla di Toro si parla solo di grinta e carattere, ma questa è una squadra che ha anche principi di gioco».

 

Non solo cuore, ok. E il 50% che manca?

«Un altro 30 riguarda la gestione della partita: sapere quando addormentare, quando accelerare, come dosare le energie. Poi c' è l' ultimo 20: è quel qualcosa in più che ognuno di noi deve tirar fuori da se stesso e magari non sa neanche di avere. Se non ci riusciamo, bisogna prendere altri giocatori con mentalità vincente».

 

A gennaio il Torino si scatenerà sul mercato?

«Se ci dovesse servire qualcosa, faremo di tutto per prenderlo. Con la società c' è piena sintonia. L' obiettivo è l' Europa».

 

Andrea Belotti diventerà un campione?

«Se non lo è già, tra qualche mese diventerà il più forte attaccante della serie A. La sua dote principale è la fame: è un generoso, come Ciccio Graziani. È il genere di giocatore che ogni allenatore vorrebbe in squadra.

 

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Non si risparmia, ti fa anche il terzino, ma se vede la porta è micidiale. Ora non deve perdere la cattiveria. Ma non credo che lo farà: ho conosciuto i suoi genitori, è gente onesta e lui sembra un ragazzo di una volta, in un' intervista ha detto che il suo obiettivo era non far lavorare più sua madre».

 

L' attacco del Toro è uno dei più forti della serie A?

«Di Belotti abbiamo detto. Ljajic non sa neanche lui quanto è forte. Può essere la sua stagione. Gli ho detto che se non va in doppia cifra come gol e assist lo prendo a calci nel culo. Iago Falque ora sta bene ed è fondamentale per qualità e spirito di sacrificio. Deve migliorare fuori casa, come tutta la squadra».

 

BERLUSCONI MIHAJLOVIC GALLIANIBERLUSCONI MIHAJLOVIC GALLIANI

A proposito di giovani, vede segnali incoraggianti nel calcio italiano e quindi anche per la Nazionale di Ventura?

«Spero di sì. Ora giocano, qualche anno fa non era così, si preferiva puntare sull' esperienza o sugli stranieri. Io sono sempre stato dell' opinione che bisogna vedere se un giocatore è bravo o no, non se è giovane o vecchio. Io ne ho fatti esordire tanti...»

 

L' ultimo è Donnarumma al Milan.

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«Ha esordito tra i dubbi di tutti perché c' era Diego Lopez e lui aveva 16 anni e mezzo. Adesso è in Nazionale e non so nemmeno se ha un prezzo: resterà una mia soddisfazione. Io non faccio esordire un giovane solo perché mi mancano gli altri: se mi convinco, gioca anche se ho tutti a disposizione».

 

Quanto ha rischiato con quella scelta? Il Milan era già in un momento difficile.

«Il Milan è stato in un momento difficile sin dall' inizio. Abbiamo perso tempo le prime 7-8 partite perché abbiamo giocato con il 4-3-1-2, come voleva il presidente Berlusconi, anche se si capiva che non era il modulo adatto. Dopo la partita con il Napoli ho detto "basta, vado di testa mia": se mi manda via, muoio con le mie idee. E i risultati hanno cominciato a venire. Lo stesso è successo con Donnarumma. La settimana dell' esordio, Berlusconi è venuto due volte a Milanello per convincermi a mettere Diego Lopez».

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E lei?

«Gli ho detto che aveva due possibilità: mandarmi via e mettere Diego Lopez, tenermi e vedere in porta Donnarumma. Lui mi ha tenuto, per fortuna. Sua».

 

Quindi questo Berlusconi più defilato si è rivelato un vantaggio per Montella.

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«Guardi, per me è stato un onore conoscere Berlusconi e lo ringrazierò sempre. Diciamo che per 29 anni su 30 è stato il più grande presidente di calcio di tutti i tempi. Il 30° è stato il mio anno».

 

Cosa si è rotto?

«Non so. Loro mi avevano preso perché ho personalità e io sono riuscito a ridare le regole e la cultura del lavoro che erano venute molto, molto meno. Tanto è vero che nessuno ha mai sgarrato e anche gli infortuni sono calati. Penso che si debba considerare tutto quello che è successo per dare un giudizio: il tempo perso all' inizio;

 

l' esonero dopo la partita con la Juve, la migliore che abbiamo giocato; il fatto che ho lasciato il Milan in finale di Coppa Italia e in Europa League e sappiamo com' è andata a finire; l' esordio di Donnarumma. Romagnoli che non sarebbe mai venuto a Milano senza di me, perché nessuno voleva spendere 25 milioni: quella cifra era esagerata allora, ma in prospettiva non lo era. Anche quella volta ho convinto il presidente»

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Com' è andata?

«Lui diceva che era troppo caro, io gli ho detto: pres facciamo così, se quando vorrà rivendere Romagnoli lo fa per meno di 25 milioni la differenza la metto io; se lo vende a di più facciamo a metà.

 

Mi sembra sia arrivata un' offerta dal Chelsea per il doppio. E poi Niang: con me ha giocato titolare, mi sono esposto io per non farlo vendere a gennaio, perché doveva andare al Leicester. Senza questi tre giocatori, il Milan oggi sarebbe meno forte. E meno ricco».

 

Ha vissuto male l' esonero?

«L' unica cosa che mi rode è di non aver potuto giocare la finale di Coppa Italia, perché non c' è la controprova ma penso che con me in panchina potevamo vincere, visto come ha giocato la Juve. Non mi è stato permesso, ma sono esperienze che fanno crescere. Anche se io avevo già deciso di andare via anche se non mi avessero cacciato. Non potevo fare un altro anno così».

 

Adriano Galliani l' ha difesa?

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«Mi ha aiutato tanto, è un grande. Spero non lasci il calcio. Gli voglio molto bene, lo considero un amico, il nostro rapporto continua».

 

E invece Cairo che presidente è?

«Se fosse un giocatore sarebbe un tuttocampista, uno che ti salva il gol sulla linea, poi corre e segna dall' altra parte. Lavora 18 ore al giorno, a volte penso abbia un fratello gemello perché non so come riesca a fare tutto. Vuole sapere tutto ma poi non si immischia».

 

Balotelli è una sua scommessa persa?

«Al contrario. Non ha fatto una cazzata. Credo che se fossi rimasto sarebbe esploso, con la Juve è stato il migliore. È stato sfortunato perché si è fatto male e poi ha perso fiducia: dopo una partita con l' Alessandria mi ha detto, "mister mi tremavano le gambe, avevo paura". Mi auguro torni in Nazionale, è un bravissimo ragazzo».

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Gli avversari della Juve si scansano?

«Io posso assicurare che noi non ci scansiamo, anzi cerchiamo di passargli sopra, poi non so se ci riusciamo».

 

De Boer è stato esonerato troppo presto?

«Non conosco la realtà, mi dispiace per i tifosi. A me De Boer sembrava una persona perbene, ma Pioli ha esperienza, è la scelta giusta».

 

Ha detto che le donne non capiscono di calcio, poi che il Toro gioca da maschio in casa e da femmina in trasferta. Non è il caso di cambiare linguaggio?

«No, io non ho generalizzato, ho detto che non tutte le donne capiscono di calcio. Quanto all' altra frase, mi dispiace se qualcuno si è offeso, ma è un modo di dire. E poi "squadra femmina" nel senso di bella, ma volubile e distratta, lo diceva Gianni Brera. Guardi che io penso che le donne siano più forti: mia moglie ha partorito cinque figli e in casa mia comanda lei».

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