marcello fiasconaro

LO RICONOSCETE? NEL 1973 ALL’ARENA DI MILANO PORTO’ A CASA UN PRIMATO MONDIALE CHE È RIMASTO NELLA MEMORIA DI TUTTI: “MI SONO DIVERTITO. PER ME LO SPORT ERA L’ARTE DELL’INCONTRO. HO GIRATO IL MONDO, STRETTO AMICIZIE IMPORTANTI.. VEDO GLI ATLETI DI ADESSO. PROVO COMPASSIONE. ANCHE PER I GRANDI CAMPIONI. USAIN BOLT E GLI ALTRI. STRITOLATI DA UNA MACCHINA CHE LI HA RESI RICCHI E BASTA” –DI CHI SI TRATTA? - VIDEO

 

Carlo Baroni per Sette – Corriere della Sera

 

marcello fiasconaro

Erano gli anni che tenere i capelli sopra le orecchie voleva dire che anche la vita si poteva spettinare. Erano gli anni che le sale d’attesa si riempivano di gente che non eri tu. Tempi che ti importava di tutti e non ti interessavi di niente. Nascerci già una fortuna. Viverci, un viaggio dentro l’anima. Marcello Fiasconaro quegli anni li ha attraversati con l’incoscienza di chi non dà peso alle cose che passano. Un ragazzo che correva e veniva da un Paese che camminava con il freno a mano. Adesso dalla sua casa vede le otarie in posa peri turisti e potessero si farebbero anche i selfie. Hout Bay, la baia del legno come l’avevano chiamata i boeri. Un mondo a parte appoggiato alle spalle tornite di un’affascinante Cape Town.

 

L’ultimo lembo di un’Africa che i Fiasconaro non avevano pianificato. E neanche si erano sognati una serata di luglio all’Arena di Milano di quelle che mezzo secolo fa è solo un pulviscolo nel tempo. March ha appena compiuto settant’anni e parla l’italiano di chi l’ha imparato con le canzoni di Baglioni e Venditti. E ci linka l’aggettivo poetico anche quando sta raccontando delle scarpe che usava per correre. Una lingua rifiutata, accantonata, costretta a bagnomaria. A tenerla viva il papà Gregorio, perché la storia comincia con lui. Un baritono finito su un aereo a duellare sui cieli dell’Africa. La guerra non fa sconti…

marcello fiasconaro

 

Gregorio è un siciliano di Genova che lavora a Milano. La globalizzazione cinquant’anni prima. Ma a stare appeso per aria sei vulnerabile per forza. È solo questione di tempo, di un proiettile più preciso o più fortunato. «Abbattuto in Kenya», ricorda il figlio March, «e finito con il paracadute sull’unico albero della zona». Catturato dagli inglesi e internato in un campo di prigionia. Lontano una vita dall’Italia. Dove le stagioni sono al contrario. E a Natale si va in spiaggia. Il Sudafrica dei soldati italiani non è un paradiso sotto l’Equatore ma neanche un inferno subsahariano. I campi di prigionia sono le fattorie nel veld per far sgobbare gli italiani a parametro zero. Qualcuno di loro pensa anche a un futuro in quel luogo meraviglioso dove basta buttare un seme per veder fiorire un campo. Non Gregorio. La fine della guerra lo vede ancora ferito. Il rientro è rimandato. Lo portano in ospedale. L’infermiera è decisamente carina. Anzi proprio bella. Un presagio di quella che sarà la vita da lì in avanti. Un mondo da ricostruire, un pianeta a misura di giovani. Lei si chiama Mabel Marie, è di origine belga. Faceva l’indossatrice, il cognome è di quelli che trovi sugli stemmi del Medioevo. La nobile dinastia dei Brabant. E la lingua degli afrikaner è una delle varianti del fiammingo. Lei e Gregorio si conoscono, si innamorano, si sposano. Marcello è figlio del Sudafrica. Anche se il cognome è italiano. Assorbe lo spirito sportivo degli anglosassoni, il rigore calvinista dei boeri, la voglia di spaccare il tartan della gente di colore. Ha i capelli lunghi e lo sguardo sveglio.

marcello fiasconaro

Vita all’aria aperta e poco studio. Gioca a rugby come tutti da quelle parti. Quando si lancia è un treno che non fa soste. All’Italia non pensa. Non ha neanche il passaporto. Anche se il Sudafrica comincia ad andargli un po’ stretto. Sono gli anni duri dell’apartheid. Fino a quel momento il mondo ha voltato la faccia. E lasciato fare. Troppi interessi. I paladini della giustizia non trovano adepti. Il Sudafrica tiene in piedi equilibri precari. Ma negli anni Settanta la sensibilità del pianeta sbotta. A farne le spese ancora lo sport. Il bersaglio più semplice, il più visibile.

 

Il Sudafrica vince una Coppa Davis perché gli avversari si rifiutano di scendere in campo. L’embargo diventa collettivo. Un’onta nazionale. Per gli Springboks, la mitica nazionale con la maglietta verdone e gialla e il simbolo della protea, stop alle sfide con gli All Blacks neozelandesi. «Un giorno mi vide correre Carmelo Rado. Aveva gareggiato a Roma all’Olimpiade del 1960. Specialità, lancio del disco. Si era poi trasferito a Pretoria. Parlò con mio padre. E poi chiamò i dirigenti italiani della federazione di atletica. La segnalazione fu accolta con scetticismo. Un ragazzo sconosciuto in Africa che diceva di fare tempi che erano difficili da credere. Mi invitarono per un test. Pensavano di regalarmi una vacanza. Dovevo sfidare i tre migliori atleti azzurri sui 400 metri. Vinsi io, naturalmente…».

marcello fiasconaro

 

Da quel giorno March è italiano. Anche se della nostra lingua sa solo «ciao, amore, bella». Non passa inosservato. Si infila di diritto nella foto insieme a George Best e Gigi Meroni. Il suo contraltare si chiama Pietro Mennea. Il campione del sacrificio. «Non beveva, non fumava, niente ragazze», ricorda March, «sempre isolato. Parlava solo con me. Già, ma io parlavo con tutti». Di Fiasconaro è più facile dire quello che non ha vinto. Colpa di uno stile troppo istintivo. Avesse potuto avrebbe corso a piedi nudi, come Abebe Bikila. La pista era letale per i suoi tendini. Lui ci metteva del suo. La disciplina non era il suo punto di forza. «Ma mi sono divertito. Per me lo sport era l’arte dell’incontro. Ho girato il mondo, stretto amicizie importanti. Che restano per sempre. Vedo gli atleti di adesso. Provo compassione. Anche per i grandi campioni. Usain Bolt e gli altri. Stritolati da una macchina che li ha resi ricchi e basta. Non ho rimpianti. Ma non posso scrivere un libro dei miei anni. Sarebbe a rischio censura…».

 

Anni che si rompono un giorno d’estate del 1972. L’attentato di Monaco contro gli israeliani all’Olimpiade. «La nostra palazzina era accanto alla loro. Si andava in ordine alfabetico: Israel e poi Italy. Quel giorno ho capito che lo sport aveva voltato pagina». Ma restava un’impresa da compiere. La più imprevedibile, la più inaspettata. La più grande.Il primato mondiale degli 800 metri. Uno quarantatre e sette, il tempo recitato come un mantra. Una sera di giugno 1973 all’Arena di Milano.

 

marcello fiasconaro

I filmati in bianco e nero, vederli fa bene al cuore. March che galoppa e stronca la resistenza del ceco Plachy. Un’occhiata prima dell’ultima curva e poi quasi a rallentare sulla linea del traguardo. Ogni volta gli chiedono di quella sera. Anche un nugolo di lettori del Corriere in un ristorante al Waterfront, Cape Town. Lui racconta come fosse la prima. La freschezza è sempre stata dalla sua parte.

 

 

 

Ultimi Dagoreport

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

NULLA SARÀ COME PRIMA: PIER SILVIO BERLUSCONI, VESTITO DI NUOVO, CASSA IL SUO PASSATO DI RAMPOLLO BALBETTANTE E LANCIA IL SUO PREDELLINO – IN UN COLPO SOLO, CON IL COMIZIO DURANTE LA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI, HA DEMOLITO LA TIMIDA SORELLA MARINA, E MANDATO IN TILT GLI OTOLITI DI GIORGIA MELONI, MINACCIANDO LA DISCESA IN CAMPO. SE SCENDE IN CAMPO LUI, ALTRO CHE 8%: FORZA ITALIA POTREBBE RISALIRE (E MOLTO) NEI SONDAGGI (IL BRAND BERLUSCONI TIRA SEMPRE) – NELLA MILANO CHE CONTA IN MOLTI ORA SCOMMETTONO SUL PASSO INDIETRO DI MARINA DALLA GESTIONE “IN REMOTO” DI FORZA ITALIA: D'ALTRONDE, LA PRIMOGENITA SI È MOSTRATA SEMPRE PIÙ SPESSO INDECISA SULLE DECISIONI DA PRENDERE: DA QUANTO TEMPO STA COGITANDO SUL NOME DI UN SOSTITUTO DI TAJANI?

matteo piantedosi khalifa haftar giovanni caravelli

FOLLOW THE MONEY! - DIETRO AL RESPINGIMENTO DI PIANTEDOSI IN LIBIA, PROBABILMENTE, CI SAREBBE IL VIL DENARO! SADDAM HAFTAR, FIGLIO DEL GENERALISSIMO KHALIFA E GOVERNANTE DI FATTO DELLA CIRENAICA, AVREBBE CHIESTO ALL'ITALIA UN SOSTEGNO ECONOMICO PER "GESTIRE" I MIGRANTI (TENERLI IN GABBIA SENZA FARLI PARTIRE), COME QUELLO CHE ROMA CONCEDE AL GOVERNO DI TRIPOLI - L'AISE DI CARAVELLI, CHE HA OTTIMI RAPPORTI CON HAFTAR JR, TANTO DA AVERLO PORTATO IN ITALIA PER UN TOUR DEI MINISTERI (UN MESE FA HA INCONTRATO PIANTEDOSI, CROSETTO E TAJANI), HA CONTATTATO GLI 007 DI GRECIA E MALTA, PER CHIEDERE DI CONDIVIDERE L'ESBORSO. QUELLI HANNO RISPOSTO "NO, GRAZIE" - E COSÌ, È PARTITA LA "RITORSIONE" DEGLI HAFTAR, CHE HANNO ORGANIZZATO LA TRAPPOLA PER LA DELEGAZIONE EUROPEA (COMPOSTA OLTRE A PIANTEDOSI DAI MINISTRI DI GRECIA E MALTA)