teresa ciabatti giuseppe peppe misso

“PEPPE MISSO, EX SUPERBOSS DELLA CAMORRA, QUANDO ALTRI CRIMINALI LO PRENDONO IN GIRO PERCHÉ HA UN FIGLIO OMOSESSUALE, DICE: E CHE MALE C'È?” – NEL LIBRO "DONNAREGINA", LA SCRITTRICE TERESA CIABATTI RACCONTA LA SCELTA DI ‘O NASONE CHE ACCETTO’ UN FIGLIO OMOSESSUALE - "IN QUEL MOMENTO CAMBIA LA STORIA DELLA CAMORRA: PRIMA DI ALLORA, I FIGLI OMOSESSUALI DEI BOSS VENIVANO PICCHIATI, DISEREDATI, FATTI SPARIRE, PERCHÉ L'OMOSESSUALITÀ ERA CONSIDERATA UNA IGNOMINIA PER IL CLAN. MISSO È UN ASSASSINO MA È PURE UNO CHE ARRIVA D'ISTINTO A FARE UNA RIVOLUZIONE SOCIOCULTURALE..."

Simonetta Sciandivasci per la Stampa - Estratti

giuseppe misso 45

 

Giuseppe Misso, detto O' Nasone, per tutti Peppe, 78 anni, ex camorrista, ha ucciso 38 persone, commissionato 108 omicidi, e scontato decenni di galera per omicidio, furto, associazione mafiosa. Ha ordito una delle guerre di camorra più sanguinose di Napoli. Si è pentito.

 

Mentre faceva tutte queste cose, ha letto moltissimi libri, ne ha scritto anche uno, ed ha amato, con fedeltà e devozione, poche donne. Da loro, ha avuto dei figli. Uno di questi figli è una donna trans. È stato il primo superboss a dire: "Che male c'è?" a chi lo insultava per questo. È stato il capo criminale grazie al quale la camorra ha smesso di picchiare, perseguitare, far sparire i parenti omosessuali degli affiliati. Negli ultimi quattro anni, la scrittrice Teresa Ciabatti lo ha incontrato in posti segreti, gli ha parlato al telefono, lo ha studiato, e ne ha fatto un libro, Donnaregina, che è uno strepitoso romanzo sull'incontro, i figli, i padri, le madri, il male, l'identità, cosa dà valore di storia alle storie.

 

teresa ciabatti

E soprattutto e prima di tutto, è uno strepitoso romanzo sui bambini e su come si fa ad amarli, come si può proteggerli.

 

Perché Peppe Misso si è affidato a lei?

«Perché gliel'ho chiesto».

 

(...)

Insomma com'è andata davvero?

«Un giorno Roberto Saviano mi chiama e mi dice: dovresti intervistare Peppe Misso. Gli dico: io?!? Mi dice: sì, perché tu per un superboss sei innocua. Ed aveva ragione: per Misso, io ero una signora borghese di mezza età, inesperta, facile sia da raggirare che da incantare. E infatti poi si è fidato, si è aperto. E allora, fatta l'intervista, mi è venuta voglia di continuare, quindi l'ho chiamato e gli ho detto che volevo fare un libro su di lui. Ha accettato subito. Gli ho detto: voglio fare una cosa tipo Carrère».

Modesta.

«Gli ho detto di leggere L'Avversario, lui lo ha fatto e poi ha obiettato che il protagonista è un uomo qualunque. Allora gli ho fatto leggere Limonov, ed ha avuto da obiettare ancora. Mi ha detto: "La mia vita è molto più interessante di quella di questo Limonov, quindi potrai fare di meglio, avrai materiale migliore". Modesto pure lui».

Ma a lei non interessavano il sangue, la guerra di camorra, Napoli.

«No. A me interessava l'essere umano. Però ci ho messo tanto a capirlo. All'inizio ho scritto tutta la sua storia, e quindi Napoli dagli anni Sessanta agli anni Ottanta, quando i camorristi erano davvero, purtroppo, gli unici a occuparsi dei bambini, e sembravano dei benefattori.

giuseppe misso

Però era una storia che non aggiungeva niente a quello che lui ha già raccontato e a quello che, bene o male, sappiamo. Mi sono ritrovata con oltre 300 pagine in mano che erano piene di verità ma che non avevano senso.

 

Le ho strappate e ho ricominciato. E ho smesso di provare a fare Roberto Saviano, perché tanto nessuno può riuscirci. E ho capito che lo sguardo che poteva farmi andare dove volevo andare era precisamente il mio, quello della signora borghese privilegiata non in un senso di classe, ma nel senso che non ha avuto grandi dolori, grossi traumi: un'abusiva, un'intrusa interessata solo e soltanto alle persone, e non ai paesaggi, non alle città, non alla storia, non all'aura delle cose e dei fenomeni. Ho cercato Peppe Misso padre, amante, maschio, uomo, persona».

 

(...)

Ma Misso è un assassino.

«E questo lo sappiamo. Però è anche un padre che, quando altri criminali lo prendono in giro perché ha un figlio omosessuale, dice: e che male c'è? E in quel momento cambia la storia della camorra: prima di allora, i figli omosessuali dei boss venivano picchiati, diseredati, fatti sparire, perché l'omosessualità era considerata una ignominia per il clan.

Quindi sì, Misso è un assassino, ma è pure uno che arriva d'istinto a fare una rivoluzione socioculturale».

 

Non corre il rischio di mitizzarlo?

«Misso è un superboss che ha difeso la libertà di suo figlio e la sua identità sessuale. È un dato di fatto. E se lo sottolineo, e ne faccio il punto di questa storia, è perché anche chi fa il male può fare il bene, e viceversa: il bene non lo fanno solo gli eroi, così come il male non lo fanno solo i criminali. Noi allontaniamo chi sbaglia, credendo che quell'errore lo caratterizzi, per metterci in salvo, contrapporci, illudendoci che così saremo immuni, innocenti.

 

teresa ciabatti donnaregina cover

La cronaca di tutti i giorni dimostra quanto sbagliamo: i crimini peggiori avvengono intorno a noi, e ci riguardano non perché siamo fisicamente vicini a chi li commette o subisce, ma perché tutti produciamo il tempo e lo spazio da cui nascono la violenza e il disagio. Non siamo solo genitori dei nostri figli: siamo madri e padri di tutti i bambini del mondo. Abbiamo responsabilità, ma non colpe: odio l'aggressione continua a cui sono sottoposti i genitori».

 

(...)

 

Misso ha la sua stessa idea di genitorialità allargata?

«Lui è stato padre di un rione intero. E durante il terremoto del 1980 è andato a scavare tra le macerie per salvare bambini, ma è riuscito a tirare fuori vivo solo un cane. È stato l'unico camorrista a non partecipare alle ruberie e speculazioni sui fondi per la ricostruzione».

 

(...)

Quella che racconto non è una storia di camorra, non è la biografia di un superboss, e non è neanche un romanzo familiare: è un vortice, un anno nella vita di persone che non c'entrano niente le une con le altre ma si incontrano e si aiutano. Hanno in comune solo una cosa: stanno invecchiando».

 

La protagonista è lei?

giuseppe misso

«Sì, no, in parte. È vera ed è inventata. Non conta».

 

La prende molto in giro.

«Più precisamente, ne mostro l'inadeguatezza. È una giornalista di costume che viene mandata a intervistare un camorrista senza sapere niente di camorra e di Napoli. Nessuno la aiuta, neanche gli altri giornalisti, ed hanno ragione: Napoli è una città invasa da sprovveduti che vogliono raccontarla senza averci mai messo piede se non per farci le vacanze.

 

Eppure, proprio per questo, lei riesce a trovare quello che nessun altro ha trovato, concentrandosi su particolari sciocchi, irrilevanti. Sono insofferente alle voci narranti che di solito vengono messe in scena: sono sempre astute, intelligenti. Lei non sa niente, eppure il suo slancio vitale la porta a vedere dove nessuno sarebbe nemmeno andato a guardare».

 

(...)

 

Sa dirmi in cosa sono uguali un padre e una madre?

«Peppe Misso sognava che suo figlio diventasse Marco Aurelio: un condottiero senza armi, colto e coraggioso. Invece, suo figlio è una donna trans. La protagonista credeva che sua figlia fosse forte, libera, felice e invece a un certo punto non vuole più vivere e prova a suicidarsi. La cosa che a un certo punto tutti i genitori devono fare è rinunciare al figlio che hanno immaginato e accogliere l'altra persona, l'estraneo imprevisto e imprevedibile che un figlio è».

 

peppe misso 22

Lei e Misso ora siete amici?

«Ci sentiamo ogni tanto. Ci mandiamo lunghi vocali. Lui è stato sempre molto paziente con me, dal primo momento. Io non gli ho mai dato del voi».

 

Da cosa si capiscono gli uomini?

«Da come amano».

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