the callisto protocol

DAGOGAMES BY FEDERICO ERCOLE - "THE CALLISTO PROTOCOL", OPERA NUOVA DEGLI INVENTORI “ESULI” DI DEAD SPACE PER PLAYSTATION, PC E XBOX , È UN GRANDE VIDEOGIOCO MEDIOCRE CHE MERITA DI ESSERE ESPERITO MALGRADO I SUOI INNUMEREVOLI DIFETTI. UN FANTA-HORROR MICIDIALE E VIOLENTISSIMO CHE CI PONE CONTRO MOSTRI ORRIPILANTI E OSCENI IN GRADO DI UCCIDERCI IN TANTI RACCAPRICCIANTI MODI… - VIDEO

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Federico Ercole per Dagospia

 

Tra le celle, i corridoi e i laboratori del carcere di sicurezza su Callisto, un satellite di Giove, si muovono abominevoli perversioni di forme umane; questi orrori “biofagi” sciamano, ruttano, strillano e divorano anche sotto l’algida superficie, per buie cave e strutture in rovina di colonie morte.

 

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Le creature sono dappertutto quasi come i nemici di uno “sparatutto” in terza persona, anche se The Callisto Protocol non appartiene al genere, rischiando tuttavia di sconfinare in quest’insieme ludico quando alla fine i proiettili a nostra disposizione diventano troppi, così come i mostri che si susseguono con stanchezza, senza sorpresa, simili e monotoni, convincendoci quasi  di non essere più in un “survival horror” e inducendoci a scordare di avere un utilissimo manganello elettronico da abbinare alle armi da fuoco, o che possiamo schivare e parare i belluini attacchi avversari.

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The Callisto Protocol è il nuovo lavoro di Glenn Schofield, uno degli autori del notevole  Dead Space ma, appunto, quest’opera di Striking Distance Studio per PlayStation, XBox e PC non è Dead Space malgrado la cornice fanta-horror, ed è invece qualcosa di nuovo, ibrido e persino coraggioso laddove si è rivelato più sperimentale.

 

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C’è chi ha condannato con troppa severità The Callisto Protocol, c’è chi lo ha addirittura considerato un gioco d’azione scervellato quando non le è affatto se non, forse, nei suoi poco convincenti segmenti finali; tuttavia qui non siamo d’accordo malgrado siano innegabili alcuni squilibri e superficialità, perché questo videogame ha un suo cruento fascino, una sua convincente idea di gioco e un’atmosfera terrificante e violenta che tende infine a farci, se non dimenticare, almeno perdonare i suoi spesso pallidi difetti, inducendoci ad apprezzarlo come un grande horror di serie B.

 

UNA LENTEZZA QUASI VERISTA

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Siamo il camionista spaziale Jacob Lee che porta e consegna roba con la sua astronave da un satellite di Giove all’altro finché non precipitiamo con lui su Callisto, ci incarcerano ingiustamente e, di colpo, ecco i mostri e il nostro conseguente tentativo di fuga. Le creature sono affascinanti e davvero disgustose, attaccano con una violenza estrema che produce impressionanti Game Over “splatter”: braccia strappate, teste divorate a morsi e schiacciate fino alla più devastante deformità, occhi cavati.

 

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Dispiace che ad un certo punto la varietà di mostri cominci a rivelarsi scarsa, così come la presenza di “boss” unici, perché ce ne è purtroppo solo uno. Eppure massacrarli, quando ci riusciamo, risulta appagante e la presenza di questi obbrobri alimenta quasi sempre brividi e tensione, perché il sistema di combattimento è davvero degno di nota, una riuscita combinazione tra un’offensiva corpo a corpo e a distanza, talvolta anche con momenti di soppiatto. A complicare le cose, a inserire con onore The Callisto Protocol tra i “survival horror” è il realismo con il quale si muove il personaggio, la sua lentezza.

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Ad esempio risulta impossibile curarsi di fronte ad una creatura (spesso ce ne è più di una) perché dobbiamo assistere ad una lunga animazione durante la quale Jacob si inietta una siringa ricostituente. Così prima che ci curiamo il mostro o i mostri ci fanno a pezzi. È arduo, sotto gli attacchi spasmodici delle creature, persino ricaricare un’arma da fuoco o cambiarla con un’altra quando necessario.

 

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Schivare a destra o a sinistra le mazzate scomposte e gli sputi dei mostri non è facile, soprattutto all’inizio ma dopo ci si abitua, salvo cedere al panico, cosa frequente. Siamo costretti quindi ad usare il manganello più che le armi da fuoco per più di metà di questa truculenta avventura, e dispiace quando questo comincia ad essere inutile perché abbiamo a disposizione diverse pistole e fucili, anche un mitra.

 

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Le ambientazioni sono suggestive e ispirate nel loro opprimente disegno, ma poco articolate e lineari.  Talvolta risulta scomoda è incomprensibile la modalità di salvataggio: è capitato, prima di alcune situazioni complesse, che il gioco salvasse automaticamente la posizione PRIMA che il protagonista si rifornisse al punto meccanizzato dove è possibile potenziare le armi e acquistare curativi e munizioni; quindi in caso di morte bisognava ripetere ogni volta la lunga e noiosa operazione di approvvigionamento.

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UN GRANDE GIOCO MEDIOCRE

Il racconto di The Callisto Protocol ha qualche spunto interessante, addirittura politico, che decolla in qualche rara situazione per crollare nell’insulso in altre. Nulla di nuovo quindi nel panorama dei “survival horror” anche assai riusciti, come un Resident Evil qualsiasi tranne Code Veronica.

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È fondamentale, almeno prima dell’arrivo di una “patch” correttiva che cambi drasticamente il mixaggio audio del doppiaggio italiano, giocare The Callisto Protocol in inglese (ci sono volendo i sottotitoli nella nostra lingua) per godere di suoni e musiche straordinarie nell’incutere paura e raccapriccio, oltre che della pregevole recitazione degli attori. L’audio con il doppiaggio italiano è un pasticcio inspiegabile, con dialoghi a tratti inascoltabili a volume bassissimo e altre volte spacca-orecchie.

 

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L’attesissimo The Callisto Protocol è finalmente arrivato senza essere quel capolavoro vagheggiato dal suo primo annuncio, rivelandosi invece davvero mediocre. Ma c’è anche della grandezza in questa mediocrità e si tratta di un’opera nuova, che ha osato inventare. Da non sottovalutare quindi questa fantascienza “gore” e horror, perché chi ama l’illusione del terrore e non nota il valore solo in un’eccellenza, in una perfezione,  che può essere talvolta ingannevole, potrà esperire uno squisito incubo virtuale, un pasto mostruoso che non ha il sapore del piatto raffinato di uno chef ma del fritto untissimo quanto allettante di una suocera benevola.

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