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GLI STREAMER ONLINE DI VIDEOGIOCHI STANNO RIMESCOLANDO IL MERCATO DELL’INTRATTENIMENTO E QUELLO DEL LAVORO – IN ITALIA I PRIMI 3 STREAMER HANNO GUADAGNATO OLTRE 2 MILIONI E MEZZO DI DOLLARI E IL 41% DEGLI STREAMER HA MENO DI 24 ANNI – MA NON È ORO TUTTO QUEL CHE LUCCICA: DIETRO AL SUCCESSO CI SONO ORARI FOLLI, PROBLEMI DI DEPRESSIONE E BURNOUT- IN UN PERIODO DOVE LA DISOCCUPAZIONE GIOVANILE È ALLE STELLE, MOLTI GIOVANI PREFERISCONO CERCARE LA FORTUNA ONLINE…

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Raffaele d'Ettorre per "il Messaggero"

 

Nascono e vivono online, molti di loro hanno iniziato ancora giovanissimi e sono riusciti col tempo a costruire il proprio impero su internet, spesso a costo di grandi sacrifici. Si chiamano streamer e la loro professione è la webcam, che usano per trasmettere il proprio mondo in diretta. 

 

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Sono i nuovi araldi di una rivoluzione digitale che sta rimescolando il mercato del lavoro, dando vita a professioni tutte nuove. Una rivoluzione che rischia però di annichilire per sempre i concetti di privacy e tempo libero. All'inizio è facile: basta una telecamera e una passione da condividere con il mondo per tuffarsi nella mischia e accumulare follower. 

 

E una volta entrati nel giro, si possono guadagnare cifre astronomiche. Lo dimostra la fuga di dati dello scorso ottobre su Twitch, la piattaforma leader del settore streaming con oltre 9 milioni di canali. 

 

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LE DIRETTE 

I contenuti vanno dalle semplici chiacchierate alle performance musicali passando per il cosplay, ma i numeri importanti si fanno con il gaming, riprendendosi cioè mentre si gioca ai titoli del momento. Stando ai dati emersi, i primi tre streamer italiani nel 2020 hanno accumulato complessivamente oltre 2 milioni e mezzo di dollari, e sono state proprio le dirette in ambito gaming a fare da traino al loro successo. 

 

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I LATI OSCURI 

Twitch oggi è la piattaforma preferita per trasmettere videogame (3000 visualizzazioni ogni secondo contro le 600 di YouTube Gaming) ma, mentre il business cresce fino a sfiorare i due miliardi e mezzo di dollari annui, la rivoluzione porta con sé alcuni lati oscuri. Il 41% degli streamer ha infatti meno di 24 anni. Molti di loro iniziano ancora minorenni, e si trovano a dover gestire logiche e pressioni di un mercato che non fa prigionieri. 

 

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Il meccanismo di Twitch è semplice nella sua spietata efficacia: più tempo si passa in diretta, più è alta la possibilità di una menzione d'onore nella homepage, con tutta la visibilità che ne consegue. Trasmettere diventa allora un imperativo e gli streamer si ritrovano così intrappolati in un gioco perverso dove la telecamera è sempre accesa ma l'obiettivo sembra irraggiungibile: non più per soldi, si vive solo per la diretta. 

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E a poco serve scollegarsi. Quando non sono attivi sul canale infatti gli streamer si destreggiano tra chilometri di notifiche e quintali di mail, curano le pagine social, partecipano a collaborazioni con altri colleghi per ampliare la cerchia dei fan e, rubando un'altra manciata di ore a cibo e sonno, lavorano ancora al proprio brand. 

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Chi si occupa di loro? Fino alla maggiore età, sono i genitori a gestire la quotidianità della nuova generazione Truman, che intanto vede il mondo solo dalla propria stanza, abbandonando per sempre la privacy ed esponendosi in età critica alla galassia di hater (e, nei casi più gravi, di stalker) che popolano internet. 

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LE CONSEGUENZE 

Una volta cresciuti, questi ragazzi si trovano però alle prese con un mondo che non conoscono e con lo spettro di un lavoro senza sosta. «Il burnout esiste anche nel gaming», confida al Guardian Imane Anys (alias Pokimane), star mondiale di Twitch con 8,4 milioni di abbonati e che solo da poco è riuscita finalmente a incastrare lavoro e famiglia. 

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«È facile cadere nella trappola dello streaming dalle otto alle 12 ore al giorno, sette giorni a settimana. È spaventoso perché le persone macinano orari folli ma alla fine vedono dei risultati concreti, ecco perché così tanti lo fanno. Ho deciso», aggiunge Pokimane, «di ridurre questi orari estremi per salvaguardare la mia salute mentale». Non solo quotidianità quindi, perché una pressione simile specie se trascurata - può portare a conseguenze devastanti. 

 

Il 2 luglio 2020 Byron Reckful Bernstein, campione statunitense del videogame World of Warcraft e noto streamer, si è tolto la vita a soli 31 anni. Una settimana dopo è toccato a Lannie Ohlana, anche lei streamer di successo in ambito gaming con più di 100mila follower: si è suicidata all'età di 26 anni. Entrambi soffrivano di depressione, entrambi avevano cercato di esorcizzare i propri demoni condividendoli con quelle cerchie virtuali coltivate con tanta pazienza e cura nel corso degli anni. 

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Entrambi ci lasciano oggi con una constatazione: come per le baby star di Hollywood, il mondo dello streaming si è trasformato in una fabbrica di speranze che, senza adeguate tutele, rischia di frantumare le vite dei giovanissimi. Ma quando la disoccupazione giovanile è alle stelle (22,8% nella fascia 18-29, dati Istat 2020) e il lavoro tradizionale diventa un'utopia, molti ragazzi si lanciano senza rete verso la rivoluzione digitale, spinti dalla fame disperata di trasformare i propri sogni in un lavoro. Anche a costo di morirne. 

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