C'ERAVAMO TANTO ODIATI - IL SECOLO D'ITALIA ATTACCA FURIO COLOMBO: "FREQUENTAVA IL CAF, E NON DISDEGNAVA GEORGE BUSH"

Pietro Romano per Il Secolo d'Italia


Oggi si atteggia a ispiratore del nuovo Sessantotto, di un neo-giacobinismo intemerato, di una resa dei conti senza prigionieri (politici). E ha fatto del quotidiano che gli hanno dato da dirigere, l'Unità, un giornale che parla dell'Italia di Silvio Berlusconi come se fosse lo Zimbabwe di Mobutu.

Ma non molti anni fa, in smoking e sparato bianco, Furio Colombo non disdegnava la compagnia dell'establishment politico ed economico della Prima Repubblica e si lasciava fotografare con un sorriso a cento e passa denti a pochi metri da George Bush - il padre dell'attuale presidente degli Usa, all'epoca vice di Ronald Reagan, cui sarebbe subentrato nel novembre di due anni dopo - e da Arnaldo Forlani, Gianni De Michelis e Nicola Capria, oggi dimenticato, all'epoca ministro socialista del Commercio estero.

L'anno è il 1986. A ricordare quei tempi di Caf trionfante è una copia del mensile Capital del novembre di diciassette anni fa rinvenuta in un armadio quasi casualmente, il giorno di Santo Stefano. La rivista patinata dedicava tre pagine zeppe di fotografie alla presentazione, avvenuta a Washington, di Capital International, l'edizione in lingua inglese del mensile, che riproduceva in copertina Raul Gardini, "scelto... perché interpreta in modo perfetto il ruolo di ambasciatore di una nuova Italia, della quale anche negli Stati Uniti (quelli di Reagan e delle guerre stellari, per intendersi, ndr) si va acquistando coscienza".



Come ricorda l'ingiallito, ma prezioso articolo di Capital a Washington c'era stata, tra venerdì 17 e sabato 18 ottobre, una serie di incontri mondani che, a una lettura odierna, mettono in vetrina una commistione di interessi pubblici e privati davvero sorprendente per chi, come Colombo, parla tutti i giorni dei conflitti d'interessi di Berlusconi. In una sarabanda di appuntamenti, che Capital era costretto a mettere tutti insieme, perché comune ne erano matrice e ispirazione, era stato consegnato a Gianni Agnelli il riconoscimento della National American Italian Foundation, una delle principali organizzazioni italo-americane, come di consueto all'Hilton & Tower hotel. Si era tenuto un ricevimento a Villa Firenze, residenza dell'ambasciatore di Roma negli Stati Uniti.

Era stato presentato, non si specificava dove, il numero di Capital in inglese che in copertina ostentava Gardini. Era l'Italia del Caf, appunto, che cercava di ricucire con gli Usa lo "strappo" di Sigonella dell'anno precedente. Ed era l'Italia dell'imprenditoria che cercava di sostenere quel Made in Italy all'epoca sulla cresta dell'onda.

Né l'una né l'altra sembravano particolarmente sensibili alle sorti del progressismo italiano e internazionale, tanto che fra i premiati dalla Niaf c'erano anche Antonin Scalia, il più conservatore giudice della Corte suprema targata Reagan. Non solo. In prima fila, tutta una serie di eventi, c'erano appunto molti personaggi dell'Italia che da lì a sei, sette anni sarebbe stata travolta da Tangentopoli. Ma Colombo all'epoca non si turbava a frequentarli. Eppure, basta solo una vecchia rivista...


Dagospia.com 29 Dicembre 2003