RASSEGNATI STAMPA - AH, LE INTERCETTAZIONI DI UNA VOLTA (AVEVA RAGIONE DON VITO CORLEONE) - IL PIANO DI RESISTENZA ALL'IMPERIALISMO EDITORIALE DELLA SUBCOMANDANTE CARLA - GHERARDO COLOMBO, BENIGNI PER UN GIORNO.
1 - NOSTALGIA PER LE SPIE DI UNA VOLTA
Alberto Arbasino per "La Repubblica"
Ah, le intercettazioni di una volta. Anni e anni fa, si prendevano in giro le signore dei salotti che si vantavano d'essere intercettate dai servizi spionistici per mettere a verbale chi c'era e con chi stava ai loro pranzetti. Si raccontava anche d'un alto ufficiale che s'era lasciato sfuggire una parolaccia al telefono e aveva subito udito un «accipicchia» d'un intercettatore. Da esperto, lo aveva subito messo (telefonicamente) sull'attenti. E quello: «Signor sì, signor generale, agli ordini!».
2 - LA SQUADRETTA DELLA SUBCOMANDANTE CARLA
Riccardo Chiaberge per il "Domenicale" de "Il Sole 24 Ore"
Mentre da Belfast l'Ira annuncia l'abbandono della lotta armata, da Pisa Carla Benedetti ci rassicura: lei continuerà a combattere. In un'intervista all'organo di controinformazione del Centro Sociale milanese di via Solferino, la subcomandante della guerriglia letteraria svela il suo piano di resistenza all'imperialismo editoriale.
Oltre ai roghi dei libri di Harry Potter e al rapimento di Giorgio Faletti, l'autrice del "Tradimento dei critici" e di "Pasolini contro Calvino" promette di scatenare una nuova ondata di kamikaze del romanzo. Gente pronta a tutto, come Antonio Moresco: martiri della jihad contro la dittatura del «realismo thrillerista» e la clonazione dei modelli letterari.
Bisogna andare oltre l'impegno alla Sartre, sentenzia Carla: oggi ci vuole la "parresia". Che non è una corrente politica ispirata a Ferruccio Parri e al partito d'azione, e neppure una ricetta vegetariana, ma uno «scontro di poteri per costruire la verità». Il "parresiasta" sfida l'impopolarità anche a costo di rinunciare alla propria «piccola carriera».
Basta prendere esempio da Carla, che disdegna le cattedre, scrive su un settimanale clandestino dell'area anarcoinsurrezionalista (forse ne avete sentito parlare, si chiama l'Espresso) e pubblica samizdat presso editori underground come Feltrinelli. Nella sua madrassa pisana, la mullah della critica sta allevando una squadra di «scrittori radicali» che non accettano la «normalizzazione» .
E ne fa l'appello, scandendone i cognomi come un telecronista: Fachini, Carnielli, Parente, Varese, Scurati, Bajani, Genna, Baliani, Nelli, Scarpa. Siamo a dieci, per il ruolo di attaccante sono in lizza Inzaghi e Shevchenko. «No, non è la parresia, ma è la passione mia!».
3 - GHERARDO COLOMBO, ATTORE PER UN GIORNO (DATECI BENIGNI "GIUDICE PER UN GIORNO")
Giuseppe Scaraffia per "Io Donna"
Neanche in catene, fossi il giudice Gherardo Colombo, avrei fatto, come abbiamo letto sui quotidiani, "l'attore per un giorno" al Mittelfest di Cividale del Friuli. Per la verità in quel variegato spettacolo - danza, burattini, mimo, prosa, musica, ecc. - era stato preceduto da un collega, Giancarlo Caselli, che, dopo avere evocato il sacrificio di Falcone e Borsellino, ha arringato il pubblico a lottare "perché anche la loro morte non sia stata inutile".
Colombo, dal canto suo, ha imperniato la performance sulla "fame e sete di giustizia", poi ha declamato una sua definizione della dea bendata: "Quella cosa che deve garantire il sistema di valori per cui ciascuno, attraverso le sue scelte, possa migliorare non solo la vita propria, ma anche quella altrui".
E' per questo, per una migliore qualità della vita "non solo propria ma anche altrui", che Colombo ha scelto di fare "l'attore per un giorno"? Finché i magistrati scrivono, con esiti alterni, libri gialli, niente da eccepire. Ma il passaggio dal pulpito del tribunale a quello del teatro fa un po' rabbrividire, fa un po' Orwell. A meno che non diventi l'inizio di un proficuo scambio. Dateci Benigni "giudice per un giorno". Purché non si esibisca in un rap di denuncia su Falcone e Borsellino, che non sono morti sul palco ma sul serio.
4 - AVEVA RAGIONE DON VITO CORLEONE
Pietrangelo Buttafuoco per Panorama
Finirà così. Finirà che saremo tutti intercettati e avrà avuto ragione Vito Corleone, il Padrino, nel raccomandare di non parlare mai al telefono, perché qualunque cosa innocua si dica all'Fbi, poi, "sanno come fare taglia e cuci con le registrazioni e mettere nei guai ogni galantuomo". Finirà che dovremo comunicare a gesti, occhiate, e non faremo altro che strusciate di muso, come in un'immane briscola tra compari. Sarà l'apoteosi dell'eterno silenzio mafioso. Poi arriverà un prodigioso strumento che neutralizza le intercettazioni, tutti faremo a gara per comprarlo e finalmente, confortati dalla tecnologia, ritorneremo a essere dei chiacchieroni
Dagospia 05 Agosto 2005
Alberto Arbasino per "La Repubblica"
Ah, le intercettazioni di una volta. Anni e anni fa, si prendevano in giro le signore dei salotti che si vantavano d'essere intercettate dai servizi spionistici per mettere a verbale chi c'era e con chi stava ai loro pranzetti. Si raccontava anche d'un alto ufficiale che s'era lasciato sfuggire una parolaccia al telefono e aveva subito udito un «accipicchia» d'un intercettatore. Da esperto, lo aveva subito messo (telefonicamente) sull'attenti. E quello: «Signor sì, signor generale, agli ordini!».
2 - LA SQUADRETTA DELLA SUBCOMANDANTE CARLA
Riccardo Chiaberge per il "Domenicale" de "Il Sole 24 Ore"
Mentre da Belfast l'Ira annuncia l'abbandono della lotta armata, da Pisa Carla Benedetti ci rassicura: lei continuerà a combattere. In un'intervista all'organo di controinformazione del Centro Sociale milanese di via Solferino, la subcomandante della guerriglia letteraria svela il suo piano di resistenza all'imperialismo editoriale.
Oltre ai roghi dei libri di Harry Potter e al rapimento di Giorgio Faletti, l'autrice del "Tradimento dei critici" e di "Pasolini contro Calvino" promette di scatenare una nuova ondata di kamikaze del romanzo. Gente pronta a tutto, come Antonio Moresco: martiri della jihad contro la dittatura del «realismo thrillerista» e la clonazione dei modelli letterari.
Bisogna andare oltre l'impegno alla Sartre, sentenzia Carla: oggi ci vuole la "parresia". Che non è una corrente politica ispirata a Ferruccio Parri e al partito d'azione, e neppure una ricetta vegetariana, ma uno «scontro di poteri per costruire la verità». Il "parresiasta" sfida l'impopolarità anche a costo di rinunciare alla propria «piccola carriera».
Basta prendere esempio da Carla, che disdegna le cattedre, scrive su un settimanale clandestino dell'area anarcoinsurrezionalista (forse ne avete sentito parlare, si chiama l'Espresso) e pubblica samizdat presso editori underground come Feltrinelli. Nella sua madrassa pisana, la mullah della critica sta allevando una squadra di «scrittori radicali» che non accettano la «normalizzazione» .
E ne fa l'appello, scandendone i cognomi come un telecronista: Fachini, Carnielli, Parente, Varese, Scurati, Bajani, Genna, Baliani, Nelli, Scarpa. Siamo a dieci, per il ruolo di attaccante sono in lizza Inzaghi e Shevchenko. «No, non è la parresia, ma è la passione mia!».
3 - GHERARDO COLOMBO, ATTORE PER UN GIORNO (DATECI BENIGNI "GIUDICE PER UN GIORNO")
Giuseppe Scaraffia per "Io Donna"
Neanche in catene, fossi il giudice Gherardo Colombo, avrei fatto, come abbiamo letto sui quotidiani, "l'attore per un giorno" al Mittelfest di Cividale del Friuli. Per la verità in quel variegato spettacolo - danza, burattini, mimo, prosa, musica, ecc. - era stato preceduto da un collega, Giancarlo Caselli, che, dopo avere evocato il sacrificio di Falcone e Borsellino, ha arringato il pubblico a lottare "perché anche la loro morte non sia stata inutile".
Colombo, dal canto suo, ha imperniato la performance sulla "fame e sete di giustizia", poi ha declamato una sua definizione della dea bendata: "Quella cosa che deve garantire il sistema di valori per cui ciascuno, attraverso le sue scelte, possa migliorare non solo la vita propria, ma anche quella altrui".
E' per questo, per una migliore qualità della vita "non solo propria ma anche altrui", che Colombo ha scelto di fare "l'attore per un giorno"? Finché i magistrati scrivono, con esiti alterni, libri gialli, niente da eccepire. Ma il passaggio dal pulpito del tribunale a quello del teatro fa un po' rabbrividire, fa un po' Orwell. A meno che non diventi l'inizio di un proficuo scambio. Dateci Benigni "giudice per un giorno". Purché non si esibisca in un rap di denuncia su Falcone e Borsellino, che non sono morti sul palco ma sul serio.
4 - AVEVA RAGIONE DON VITO CORLEONE
Pietrangelo Buttafuoco per Panorama
Finirà così. Finirà che saremo tutti intercettati e avrà avuto ragione Vito Corleone, il Padrino, nel raccomandare di non parlare mai al telefono, perché qualunque cosa innocua si dica all'Fbi, poi, "sanno come fare taglia e cuci con le registrazioni e mettere nei guai ogni galantuomo". Finirà che dovremo comunicare a gesti, occhiate, e non faremo altro che strusciate di muso, come in un'immane briscola tra compari. Sarà l'apoteosi dell'eterno silenzio mafioso. Poi arriverà un prodigioso strumento che neutralizza le intercettazioni, tutti faremo a gara per comprarlo e finalmente, confortati dalla tecnologia, ritorneremo a essere dei chiacchieroni
Dagospia 05 Agosto 2005