PIPPITEL - ZIA MILLY (30,61%) INCASTRA ZIO GERRY (18,34%) - "PAPERISSIMA" (27,48%) HA PIU' SPRINT DI "STRISCIA" (27,13%), CHE E' A UN PASSO DA PUPO (28,36%) - COME LA "LEGGE GENTILONI" SPAZZERA' VIA LA "LEGGE GASPARRI" (SE PRODI VINCERA').

Da Il Velino - Il trasloco di Ballando con le stelle dal sabato al venerdì, per lasciare spazio alla Nazionale di calcio, non ha disorientato il pubblico dello show condotto da Milly Carlucci: la puntata di ieri, in onda su Rai Uno alle 21 l'hanno vista 6.197.000 spettatori, con uno share medio del 30,60 per cento. Quasi due milioni di telespettatori in più del diretto concorrente Gerry Scotti, che con il suo Chi ha incastrato lo zio Gerry? su Canale 5 ha raccolto 4.426.000 spettatori con il 18.34 per cento di share. Nell'access prime-time, è testa a testa tra Pupo e la coppia Greggio-Neri: Affari tuoi è stato seguito da 7.327.000 spettatori, con il 28,36 per cento di share; Striscia la notizia è stato visto invece da 7.230.000 con il 27,13 per cento.


I PIU' VISTI - Da Mediaset.it

AFFARI TUOI Rai 1 7.327 28,36%
STRISCIA LA NOTIZIA Canale 5 7.229 27,13%
PAPERISSIMA SPRINT Canale 5 6.762 27,48%
BALLANDO CON LE STELLE Rai 1 6.197 30,61%
SUPERVARIETA' Rai 1 5.683 24,28%
PASSAPAROLA Canale 5 4.441 22,86%
L'EREDITA' Rai 1 4.434 26,01%
CHI HA INCASTRATO ZIO GERRY Canale 5 4.426 18,34%
BEAUTIFUL Canale 5 4.215 27,34%
TOM & JERRY Rai 2 4.051 17,63%

COME LA "LEGGE GENTILONI" SPAZZERA' VIA LA "LEGGE GASPARRI" (SE PRODI VINCERA')
(Da Il Velino.it) - Prima si diventa presidente della commissione di Vigilanza, poi - urne permettendo - si trasloca al ministero delle Comunicazioni, dopodichè - per completare l'opera - si battezza col proprio nome una legge di riassetto del sistema radiotelevisivo. Una "partita" lunga, difficile e certamente di grande appeal. E per giocarla Francesco Rutelli ha fatto scendere in campo Paolo Gentiloni: ex giornalista, deputato dal 2001, capogruppo in commissione di Vigilanza per la Margherita (partito che ha contribuito a fondare), candidato dell'Unione al soglio di San Macuto, grande esperto di telecomunicazioni, il tutto condito da ottime amicizie in viale Mazzini pronte a rifornirlo di gustosi gossip e ad allertarlo in caso di strani blitz. Ma che sia Gentiloni a battezzarla o qualche altro esponente dell'Unione, la certezza è che se Romano Prodi vincerà le prossime elezioni la legge Gasparri - "a parte alcune parti tecniche", come le ha definite il Professore - sarà letteralmente spazzata via.

Una legge approvata il 3 maggio del 2004, e non certo con la benedizione del presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, che la rispedì prontamente alle Camere. Una legge osteggiata all'inverosimile dall'Unione. E che al momento dell'approvazione in Parlamento costrinse molti, anche nella Cdl, a turarsi il naso: il segretario dell'Udc, Marco Follini, non ha problemi ad ammettere - ma nel suo caso c'è anche un po' d'invidia, visto che alle Comunicazioni voleva andarci lui - che la legge Gasparri palesa "limiti evidenti". Per il presidente dell'Autorità per le Comunicazioni, Corrado Calabrò, è già una legge "arretrata". Antonio Catricalà, presidente dell'Antitrust, ne sta sottolineando le storture a colpi di istruttorie sul digitale terrestre. "Una legge sbagliata" - anche per Luca Cordero di Montezemolo, presidente di Confindustria - che rischia di inaridire le fonti di finanziamento per la stampa e che aggrava la situazione anomala italiana".

Ma a prescindere da chi sarà alla guida del Paese dalla prossima primavera, è innegabile che la Legge Gasparri andrà comunque modificata. Sono troppi, infatti, i "totem" già abbattuti a distanza di poco più di un anno. Della privatizzazione, per esempio, e della quotazione in Borsa della Rai, a viale Mazzini e nel Palazzo (Mario Landolfi compreso) non si parla più. Un percorso solo virtuale perché troppo pieno d'insidie per la politica. Lo switch-off del 31 dicembre 2006 per il passaggio dalla tv analogica a quella digitale, nella migliore delle ipotesi - come ci sussurra da mesi Bruxelles - dovrà slittare di almeno quattro anni. E da noi sarà presto sostituito dal "federalismo digitale": individuazione di aree all-digital, a partire da Sardegna e Valle D'Aosta.

Il Sic (Sistema integrato delle comunicazioni), stimato in ben 26 miliardi di euro, è una "torta" troppo grande, al punto che neanche Calabrò riesce a quantificarne e a distinguerne gli ingredienti. Il tutto a discapito di un altro "totem" della Gasparri: il pluralismo. Il duopolio Rai-Mediaset, infatti, fino ad ora non ha subito nessun contraccolpo, anzi imperversa sia sull'analogico sia sul digitale, e in entrambi i casi in violazione dei tetti alla raccolta pubblicitaria. Per non parlare dei nuovi criteri di nomina dei vertici Rai. Criteri che quest'estate hanno scritto una sceneggiatura tanto divertente quanto pericolosa per il servizio pubblico, con la Rai appesa ai summit di Palazzo per mesi e terminata con il lieto fine di Claudio Petruccioli in visita ad Arcore e il varo del cda più lottizzato della storia dell'azienda. Tant'è vero che anche Carlo Rognoni, consigliere d'amministrazione, chiede a gran voce che quei criteri vengano cambiati subito, prima ancora che l'attuale board arrivi alla scadenza naturale del mandato. Insomma, è talmente nauseato, che pur di restituire la Rai ai manager (ma questa è storia vecchia) si dichiara pronto - nonostante abbia rinunciato al mandato parlamentare - a fare le valigie.

Ma come l'Unione cambierà eventualmente la legge Gasparri? Il primo obiettivo di Prodi sarà naturalmente il conflitto di interessi di Silvio Berlusconi, o comunque - qualora il Cavaliere dovesse uscire dall'agone politico - l'abbattimento del duopolio: "riforma dell'intero sistema delle Authority di controllo per garantire concorrenza e mercato" - spiega Prodi sul suo programma delle Primarie - per garantire a tutti accesso all'informazione"; e poi tetti Antitrust molto severi sia per l'analogico sia per il digitale; eliminazione del Sic; ed eliminazione dei contributi di stato per i decoder digitali; o magari estensione di quei contributi a tutte le piattaforme - satellite compreso - per evitare quelle che in casa Sky sono definite "discriminazioni tecnologiche".

Altro caposaldo della "Legge Gentiloni" sarà poi con ogni probabilità l'abolizione della privatizzazione della Rai: e tra i progetti in ballo c'è proprio quello di dividere l'azienda in due società distinte, e non solo a livello contabile, almeno fino a quando la tv analogica non sarà andata definitivamente in pensione. Nascerebbe una Rai pubblica, sovvenzionata dal canone e dedita totalmente al contratto di servizio; l'altra Rai, sovvenzionata dagli inserzionisti, si occuperebbe soltanto - questa volta con gli stessi tetti di Mediaset - alla tv commerciale. L'Unione, inoltre, cambierebbe i criteri di nomina della Rai, magari prendendo spunto dalle nuove Authority. Tutti cambiamenti radicali, insomma, un intero sistema delle telecomunicazioni che si dovrebbe preparare a cambiare ancora una volta - non si sa con quali fondi - direzione di marcia. Ma sarà un viaggio breve: le telecomunicazioni vanno troppo più veloci della politica, e dietro l'angolo c'è sempre un Gasparri o un Gentiloni. (glv)




Dagospia 08 Ottobre 2005