SANTA TURCO, SANTANCHE'
"BRANCO ROSA" VIEN DOPO IL CAFFE'

Santanché, Santanché, siamo tutte con te. A cena, s'intende. Perché le signore attovagliate al desco della piperina deputatessa di Alleanza Nazionale, alle prese con spaghetti al pomodoro e carne arrosto con patate, tra decori etnici e arredi marocchini, appartengono alle posizione politiche e sette intellettuali le più disparate. Che cosa può unire la diessina Livia Turco e la mezzabusta Paola Ferrari in De Benedetti, Barbara Palombelli e Marina Valensise, la giornalista dell'Espresso e scrittrice Chiara Valentini e il ministro di Forza Italia Stefania Prestigiacomo, la ferrigna Daria Bignardi e la ferrariana Selma Dell'Olio, la femminista d'antan Franca Fossati e la femmina vol-au-vent Daniela Santanchè?

L'anagrafe femminile, certo. Ma da mercoledì, intorno al centro-tavola della Dani, Lor Signore hanno gettato le basi per una nuova, agguerrita lobby a caccia del potere scippato dal bieco maschilismo battezzata (all'unanimità) Branco Rosa. Tutto sboccia da una polemica accesa sul Corriere della Sera da Francesco "vai pensierino" Alberoni e ripresa alla grande da Maria Luisa Agnese su "Sette".

Ogni settimana, dall'inizio del 2001, una maschietta carica di fama o affamata di carriera si affaccia sul supplemento del Corrierone e si produce in un temino all'ajo Dall'Olio (Selma) e peperoncino intitolato "Alla ricerca della "Lobby Rosa". Un serial (killer per gli uomini) che vede in pista - oltre alle fanciulle di cui sopra - l'ex ministro delle Pari Opportunità, la pugilatrice Katia Belillo, Chicca Olivetti, Ornella Vanoni, Anna Finocchiaro, Ducetta Scaraffia, Lilli Gruber, Sandra Cecchi, Elena Marinucci, Marina Terragni, Maria Giovanna Maglie eccetera. Tipini fini che il cinismo di Giulio Andreotti liquiderebbe con quella celebre battuta: "Più conosco certe gentili signore, più comprendo il fascino del celibato ecclesiastico".

Da parte loro, ad un Andreotti, sparerebbero un "veleno" di Jilly Cooper: "L'uomo è un animale domestico che, trattato con fermezza e dolcezza, può venure addestrato a fare molte cose". Ad esempio, a farsi un po' da parte. E' naturale-effervescente che il Branco Rosa giri intorno all'osso pluri-decennale di come strappare il potere ai maschi prevaricatori. Dalle quote-letto alle quote-legge: ci vuole "una legge, sull'esempio della Francia, che obblighi le liste elettorali a riflettere la composizione della società", sibila, ad esempio, la Gruber.

Che aggiunge, pragmatica: "Le rappresentanti in Parlamento costruiscano un fronte trasversale per approvare le norme necessarie e per introdurre contestualmente anche un sistema di quote nelle professioni". Hai detto "trasversale"? Eccoci qua: una combriccola di lupacchiotte, capeggiata da una sparatissima Selma Dell'Olio, si è riunita al di là delle differenze politiche in casa Santanchè e ha partorito Branco Rosa. Risultato del rendez-vous: chiedere al Potere colla p prevaricatrice di nominare donne nella misura del 50 per cento. La metà dei posti. Abbiamo il femminismo bipartisan? Per ora accontentiamoci di quello "party-giano" inaugurato dalla Santanché.

Da parte nostra siamo così favorevoli al Branco che riprendiamo il polemico intervento anti-Branco di Maria Giovanna Maglie. Una che ha votato Forza Italia ma non rinuncia a bacchettare Berlusconi, non si fa scrupolo ad azzannare la ministra Letizia Moratti, e si permette il lusso di confessare che le donne "non si fidano l'una dell'altra".


NIENTE BRANCO, TUTTO PRESENZIALISNO-SHOW, MEGLIO UN CAZZOTTO
di Maria Giovanna Maglie

Niente branco per le ragazze, non è fine, meglio litigare, anzi meglio un bell'incontro di boxe. Certo, il termine che Francesco Alberoni ha usato per inaugurare questa discussione un po' schizoide, non è dei più felici; branco oggi è diventato erroneamente sinonimo di banda criminale, organizzata o per destino, e non piace a nessuno.
Ci sarebbe lobby, ma appena un termine mutuato dalla lingua anglo-americana viene usato con intenzione positiva, cade sotto la scure disgustata di adoratori abituali del jazz e delle Brook's Brothers. Soprattutto, si continua a fare confusione tra la sacrosanta possibilità di litigare e non essere d'accordo, ci mancherebbe non fosse concessa anche a noi, e la capacità di essere insieme, e senza alcun disagio, nel momento in cui si va a chiedere (a pretendere?) qualcosa per qualcuna.

Tra un distinguo e l'altro - sarà la politica che non vuole le donne, saranno le donne che sono schifate dalla politica - il 13 maggio è passato e alla Camera e al Senato le elette sono ottantacinque, undici in meno di cinque anni fa; niente di strano, visto che su quattromila candidati erano in tutto 280, non equamente divise tra Ulivo (220) e Casa delle Libertà (60). Non si prevede niente di meglio per il governo che Silvio Berlusconi vincitore andrà a formare se non, forse, una presenza solitaria, quella della manager Letizia Moratti (fu la signora, quando era presidente della Rai, amica delle donne? No. Fu almeno garantista dei torti da alcune subiti? No. C'è tempo per convincerla al secondo giro? Bisognerà farsi sentire).

Il contratto in cinque punti stipulato dal Cavaliere con gli italiani non prevede evidentemente un impegno con le italiane, né le tante che lo hanno votato (me compresa) sono andate a fargli le richieste che era necessario fare. Tra coloro che nella Casa delle Libertà sono state prescelte dominano, ed è doloroso vederlo, signore di pura immagine, che devono essere apparse più malleabili, forse semplicemente che piacciono di più. Si può dire senza sembrare confuse, divise? Si può dire certamente, e una buona lobby questo non lo avrebbe consentito.

Di una lobby, anzi di molte, le donne hanno bisogno estremo. Ci vorrà del tempo ancora perché non si fidano l'una dell'altra, e perché il ricorso ad altri mezzi appare quasi segnato, lo ha scritto con gran finezza Anselma Dell'Olio. Lei è venuta dagli Stati Uniti, io ci ho passato molti anni proficui (per la testa) e dev'essere per questa ragione che mi sono stufata dei dibattiti sull'agio e sul disagio, sulla diversità femminile da preservare, sul disgusto per la politica e il potere come lo fanno e lo vogliono gli uomini, sull'impossibilità per le donne di adeguarsi. Un tempo ci ho creduto, poi mi sono convinta che sia il modo migliore per farsi fregare due volte.

In questo l'America è una grande lezione, penso a poco più di due anni fa, quando le elettrici chiamate a condannare Bill Clinton, adultero e bugiardo in luogo pubblico, decisero che quel presidente aveva fatto cose buone per loro e che volevano tenerselo. Le femministe storiche si accodarono e fecero bene. O a quando, nel 1992, a una campagna di Bush senior tutta antiabortista, le donne repubblicane risposero mettendosi all'occhiello il button «republican woman pro choice», e alla fine, almeno una parte, non lo votarono.

Bush junior nel 2000 se lo è ricordato e ha sorvolato. Lì c'è l'«affirmative action» che qualche paletto lo ha messo, si discute di «crystal ceiling», quel soffitto trasparente che ancora è ben lontano dall'essere sfondato, ma le donne fanno il presidente d'azienda, il giudice della Corte Suprema, il rettore d'università (non ce n'è una in Italia, saranno tutte incapaci?), il ministro, e pure il Consigliere per la Sicurezza nazionale. Dalla presenza garantita nasce, lentamente, un altro senso di sé, e non sarà un caso se le elettrici americane si rivolgono soprattutto alle elette per lamentele e richieste.

Non c'è solo l'America. El Pais di qualche giorno fa così titolava: «Meno che in Svezia, in Spagna e in Angola»; e giù una serie di paragoni umilianti per il nostro Paese. Lo sa, cavalier Berlusconi, che nelle Cortes riaperte relativamente da pochi anni, siede il 28% di signore? Sa quante sono ministro di José Maria Aznar? Si potrebbe cominciare a ricordarglielo, con affetto e con premura. Se è vero, come dice il ministro Katia Bellillo, che siamo «un fortissimo soggetto», non aspettiamo che la politica si senta costretta, siamo vive qui e oggi. Facciamo subito la lobby della 194 e cominciamo a discutere delle quote garantite. Firme e adesioni, con l'aiuto di Sette.

Maria Giovanna Maglie


Copyright Dagospia.com 14 Novembre 2001