MORETTI VISTO DA SCALFARI - IL FENOMENO BERLUSCONI E' L'EFFETTO PRODOTTO DALLA SOCIETÀ ITALIANA O PIUTTOSTO E' LA CAUSA CHE L'HA PLASMATA A SUA IMMAGINE E SOMIGLIANZA? - NON BASTA UN CAIMANO PER CAMBIARE LA STORIA.
Eugenio Scalfari per "L'espresso"
Il 'Caimano' di Nanni Moretti è finalmente un diversivo alla noia ripetitiva di questa campagna elettorale che va avanti da un anno. La cultura incrocia la politica con l'immediatezza delle date. Di solito non accade. Di solito la cultura lavora su tempi lunghi. Un libro, un film, non influenzano le scelte elettorali, tutt'al più modificano o rafforzano la scala dei valori agendo lentamente sul costume di una società. Gli effetti si vedranno nel tempo in modi indiretti e impliciti.
Prendete un film di sessant'anni fa che è stato e in parte ancora è un'icona, come 'Casablanca'. Intriso di retorica e con scarso valore artistico. Apparentemente il messaggio era quello dell'antifascismo ma al fondo c'era una storia d'amore e di misoginia: tra il dovere patriottico e la felicità privata la scelta cadeva sul primo, il dovere la vinceva sulla felicità. È un esempio qualunque ma aiuta a capire. Perciò Nanni Moretti ha ragione nel sostenere che il suo 'Caimano' non ha niente a che vedere con le elezioni ed hanno ragione quelli che, a destra come a sinistra, sono certi che non sposterà alcun voto.
E tuttavia rimane il fatto oggettivo che esso ha fatto irruzione nella campagna elettorale. Ha attirato su di sé l'attenzione del pubblico. Ha indotto a riflettere molte persone sia tra gli elettori che sono ancora indecisi su come votare sia tra i decisissimi che non cambierebbero le loro intenzioni neppure di fronte a sorprese straordinarie.
Riflettere su che cosa? Credo su questo tema: se il fenomeno Berlusconi sia l'effetto prodotto dalla società italiana o piuttosto sia la causa che l'ha plasmata a sua immagine e somiglianza. Una riflessione analoga fu fatta su Mussolini: cambiò gli italiani o fu l'Italietta del primo Novecento a partorirlo dal suo grembo piccolo borghese e anarcoide?
Sono due momenti e due dibattiti che presentano notevoli analogie ma anche una significativa differenza: il dibattito sull'anomalia mussoliniana avvenne a guerra conclusa e a Mussolini morto; quello sull'anomalia berlusconiana avviene invece con Berlusconi ben vivo e tuttora incombente. Al potere. In piena tenzone alla fine della quale si vedrà se avrà vinto o perduto.
La differenza è notevole ed è su di essa che si colloca il film di Moretti.
Fabio Fazio, ospitandolo nella sua trasmissione 'Che tempo che fa', l'ha accolto con una felice battuta. Ha detto: "Il film di Moretti è in visione nelle sale cinematografiche e i politici, per disturbarlo, hanno indetto le elezioni". Paradossale, ma anche vero. Il dibattito sull'anomalia assume forma cinematografica prima che l'anomalia sia stata risolta: con l'eliminazione di un corpo estraneo o con la conferma che quel corpo non è affatto estraneo ma fa parte della storia della nazione.
Giuliano Ferrara è entusiasta del 'Caimano'. Secondo lui descrive Berlusconi come un 'facitore di storia', l'uomo che in trent'anni ha plasmato due generazioni di italiani la cui orma resterà nella storia del paese e forse in quella europea. Non uno statista ma qualche cosa di meno e di più, una individualità potente. Insomma un creatore. Craxi ne è stato il precursore, una sorta di Giovanni Battista, ma l'italiano nuovo l'ha modellato il Cavaliere. Non necessariamente un prodotto di qualità: Ferrara è troppo amorale per porsi problemi di bene e di male. Ciò che conta è il vitalismo creativo; che il risultato sia l'angelo o la bestia è secondario.
È questa la tesi che emerge dal film di Moretti? Non è chiaro perché nel 'Caimano' ci sono quattro Berlusconi, uno autentico e tre controfigure. Quello autentico è il personaggio che conosciamo: demagogo, mentitore, showman, megalomane, narciso. Terz'ordine. Due delle controfigure confermano il prototipo, ma quello interpretato da Placido ci mette qualche cosa di più: la viltà. La terza controfigura, quella che entra in scena nel finale affidata allo stesso Moretti, gli dà una dimensione tragica, da grande protagonista di un'epoca. Ma non somiglia affatto al prototipo.
La mia risposta al quesito di fondo di questo dibattito è che Berlusconi non ha creato un bel niente salvo ovviamente la sua fortuna patrimoniale. Per plasmare un paese, dargli un'anima buona o pessima che sia, ci vuole altro. Mussolini ebbe alcune intuizioni politiche importanti, inventò il partito di massa moderno, capì l'utilità del mito in politica. Del resto prima di lui l'aveva capita Lenin ma Mussolini aveva a disposizione 'I colli fatali di Roma' e tanta cartapesta per riprodurli.
Mussolini è stato incomparabilmente più importante di Berlusconi, eppure neanche lui ha plasmato il paese. Ne ha interpretato le debolezze e i vizi peggiori e li ha cinicamente usati. In questo i due si somigliano e questa è stata sempre la nostra sfortuna: di produrre nel corso delle generazioni molti interpreti dell'Italia scadente e pochissimi dell'Italia moderna e dinamica. De Gasperi? Ma era più austriaco che italiano. Comunque i nomi dei pochi padri della patria li conosciamo, ma fanno parte di quella patria 'antipatica' che si arroga il diritto di considerarsi migliore.
Così almeno li configurano i loro critici. Risponderò che la coscienza e dunque l'anima di una nazione si forma se nel suo seno sorge una classe dirigente che ne interpreta la parte migliore. Altrimenti non c'è un popolo ma una moltitudine, un aggregato senza forma né spirito.
Dagospia 31 Marzo 2006
Il 'Caimano' di Nanni Moretti è finalmente un diversivo alla noia ripetitiva di questa campagna elettorale che va avanti da un anno. La cultura incrocia la politica con l'immediatezza delle date. Di solito non accade. Di solito la cultura lavora su tempi lunghi. Un libro, un film, non influenzano le scelte elettorali, tutt'al più modificano o rafforzano la scala dei valori agendo lentamente sul costume di una società. Gli effetti si vedranno nel tempo in modi indiretti e impliciti.
Prendete un film di sessant'anni fa che è stato e in parte ancora è un'icona, come 'Casablanca'. Intriso di retorica e con scarso valore artistico. Apparentemente il messaggio era quello dell'antifascismo ma al fondo c'era una storia d'amore e di misoginia: tra il dovere patriottico e la felicità privata la scelta cadeva sul primo, il dovere la vinceva sulla felicità. È un esempio qualunque ma aiuta a capire. Perciò Nanni Moretti ha ragione nel sostenere che il suo 'Caimano' non ha niente a che vedere con le elezioni ed hanno ragione quelli che, a destra come a sinistra, sono certi che non sposterà alcun voto.
E tuttavia rimane il fatto oggettivo che esso ha fatto irruzione nella campagna elettorale. Ha attirato su di sé l'attenzione del pubblico. Ha indotto a riflettere molte persone sia tra gli elettori che sono ancora indecisi su come votare sia tra i decisissimi che non cambierebbero le loro intenzioni neppure di fronte a sorprese straordinarie.
Riflettere su che cosa? Credo su questo tema: se il fenomeno Berlusconi sia l'effetto prodotto dalla società italiana o piuttosto sia la causa che l'ha plasmata a sua immagine e somiglianza. Una riflessione analoga fu fatta su Mussolini: cambiò gli italiani o fu l'Italietta del primo Novecento a partorirlo dal suo grembo piccolo borghese e anarcoide?
Sono due momenti e due dibattiti che presentano notevoli analogie ma anche una significativa differenza: il dibattito sull'anomalia mussoliniana avvenne a guerra conclusa e a Mussolini morto; quello sull'anomalia berlusconiana avviene invece con Berlusconi ben vivo e tuttora incombente. Al potere. In piena tenzone alla fine della quale si vedrà se avrà vinto o perduto.
La differenza è notevole ed è su di essa che si colloca il film di Moretti.
Fabio Fazio, ospitandolo nella sua trasmissione 'Che tempo che fa', l'ha accolto con una felice battuta. Ha detto: "Il film di Moretti è in visione nelle sale cinematografiche e i politici, per disturbarlo, hanno indetto le elezioni". Paradossale, ma anche vero. Il dibattito sull'anomalia assume forma cinematografica prima che l'anomalia sia stata risolta: con l'eliminazione di un corpo estraneo o con la conferma che quel corpo non è affatto estraneo ma fa parte della storia della nazione.
Giuliano Ferrara è entusiasta del 'Caimano'. Secondo lui descrive Berlusconi come un 'facitore di storia', l'uomo che in trent'anni ha plasmato due generazioni di italiani la cui orma resterà nella storia del paese e forse in quella europea. Non uno statista ma qualche cosa di meno e di più, una individualità potente. Insomma un creatore. Craxi ne è stato il precursore, una sorta di Giovanni Battista, ma l'italiano nuovo l'ha modellato il Cavaliere. Non necessariamente un prodotto di qualità: Ferrara è troppo amorale per porsi problemi di bene e di male. Ciò che conta è il vitalismo creativo; che il risultato sia l'angelo o la bestia è secondario.
È questa la tesi che emerge dal film di Moretti? Non è chiaro perché nel 'Caimano' ci sono quattro Berlusconi, uno autentico e tre controfigure. Quello autentico è il personaggio che conosciamo: demagogo, mentitore, showman, megalomane, narciso. Terz'ordine. Due delle controfigure confermano il prototipo, ma quello interpretato da Placido ci mette qualche cosa di più: la viltà. La terza controfigura, quella che entra in scena nel finale affidata allo stesso Moretti, gli dà una dimensione tragica, da grande protagonista di un'epoca. Ma non somiglia affatto al prototipo.
La mia risposta al quesito di fondo di questo dibattito è che Berlusconi non ha creato un bel niente salvo ovviamente la sua fortuna patrimoniale. Per plasmare un paese, dargli un'anima buona o pessima che sia, ci vuole altro. Mussolini ebbe alcune intuizioni politiche importanti, inventò il partito di massa moderno, capì l'utilità del mito in politica. Del resto prima di lui l'aveva capita Lenin ma Mussolini aveva a disposizione 'I colli fatali di Roma' e tanta cartapesta per riprodurli.
Mussolini è stato incomparabilmente più importante di Berlusconi, eppure neanche lui ha plasmato il paese. Ne ha interpretato le debolezze e i vizi peggiori e li ha cinicamente usati. In questo i due si somigliano e questa è stata sempre la nostra sfortuna: di produrre nel corso delle generazioni molti interpreti dell'Italia scadente e pochissimi dell'Italia moderna e dinamica. De Gasperi? Ma era più austriaco che italiano. Comunque i nomi dei pochi padri della patria li conosciamo, ma fanno parte di quella patria 'antipatica' che si arroga il diritto di considerarsi migliore.
Così almeno li configurano i loro critici. Risponderò che la coscienza e dunque l'anima di una nazione si forma se nel suo seno sorge una classe dirigente che ne interpreta la parte migliore. Altrimenti non c'è un popolo ma una moltitudine, un aggregato senza forma né spirito.
Dagospia 31 Marzo 2006