STRAZIAMI, MA DI SESSO SAZIAMI
Concilia il Fellini di "Amarcord" e il Woody Allen di "La rosa purpurea del Cairo", citazionando il Pietro Germi siculo di "Divorzio all'italiana" e la "Malizia" erotica di Laura Antonelli. Compensa carenze auto-bio-nostalgiche che risalgono alla prima adolescenza masturbatoria. Premia con la ciambella di immagini stupende, primissimi piani, melodie melliflue, scenografie mozzafiato e lo spettatore si aspetta sempre che spunti il flacone del profumo in mano a una Monica Bellucci in possesso di un corpo sovradotato di sensualità ma capace di una sola espressione: lo sguardo nel vuoto. E il vuoto, si sa, attira e come: quando la divina Monica si è materializzata tra le poltroncine del cinema Embassy, alla prima romana del film, le carampane romane sono cadute in deliquio, le ragazze hanno trattenuto il fiato, mentre i maschietti disinnnescavano vertigini pericolose.
Ma avvertendovi di questo non intendiamo affatto scoraggiarvi dal vedere "Malèna". Al contrario: dopo "Nuova Cinema Paradiso", si tratta del prodotto più nazional-popolare finora prodotto da Giuseppe Tornatore, di cui apprezziamo l'unicità nel nostro cinema del vicoletto, infestato di Panariello e Pieraccioni a banalità sciolta, appesantito da Moretti nevrotici e Mazzacurati retorici.
E non soltanto per la convinzione antica che nelle Arti quando se ne va la Poesia rimane la Farmacia - cioè, quando si estingue la passione tutt'al più sopravvive il rimescolamento dei generi. In dosi variamente combinate, l'amore per l'immagine, la maestria nell'uso dell'intreccio e del ritmo sono state sostituiti dal dolore-spettacolo (siringa, mafia e orfanelli sociali), dal fanta-kolossal computerizzato, da qualche funebre disincanto di saccenteria ideologica, da spiritosaggini da pierini decrepiti o dal pretenzioso preziosismo intellettuale.
Tornatore con "Malèna" va avanti senza un intreccio in progress - c'è la continua ripetizione delle fantasie onanistiche del ragazzino, davvero protagonista perché sembra un De Niro mignon -; continua senza un copione che dià spessore e ambiguità al personaggio della Bellucci - reciterà quattro parole in due ore di film -; termina senza un paio di forbici capaci di togliere di mezzo due terzi della miriade di celebri brani cinematografici ricostruiti in clip (si gustano uno, due, tre volte; alla quarta stuccano).
In compenso, Peppuccio recupera tutta la dignità di un'altra grande virtù: la sessualità. Piselli che si agitano dentro mutande adolescenziali, lingue che spazzolano labbra inaridite dalla voglia, la fica della Monica sciabolata in tutte le direzioni in un crescendo rossiniano di erotismo da far impallidire tutti i Tinto Brass in circolazione. Anzi, messi a confronti, Tornatore diventa Trombatore e riduce il porcone veneziano in un Finto Brass.
L'unica cronaca interessante da rilevare della serata all'Embassy è la gaffe delle ragazze addette al posizionamento dei Volti Illustri in sala: quando si è presentata la moglie del sindaco di Roma, alla Palombelli è stata gentilmente comunicato che non c'era posto in platea e quindi invitata ad occupare una poltroncina in galleria....
(Copyright Dagospia.com 27-10-2000)
Ma avvertendovi di questo non intendiamo affatto scoraggiarvi dal vedere "Malèna". Al contrario: dopo "Nuova Cinema Paradiso", si tratta del prodotto più nazional-popolare finora prodotto da Giuseppe Tornatore, di cui apprezziamo l'unicità nel nostro cinema del vicoletto, infestato di Panariello e Pieraccioni a banalità sciolta, appesantito da Moretti nevrotici e Mazzacurati retorici.
E non soltanto per la convinzione antica che nelle Arti quando se ne va la Poesia rimane la Farmacia - cioè, quando si estingue la passione tutt'al più sopravvive il rimescolamento dei generi. In dosi variamente combinate, l'amore per l'immagine, la maestria nell'uso dell'intreccio e del ritmo sono state sostituiti dal dolore-spettacolo (siringa, mafia e orfanelli sociali), dal fanta-kolossal computerizzato, da qualche funebre disincanto di saccenteria ideologica, da spiritosaggini da pierini decrepiti o dal pretenzioso preziosismo intellettuale.
Tornatore con "Malèna" va avanti senza un intreccio in progress - c'è la continua ripetizione delle fantasie onanistiche del ragazzino, davvero protagonista perché sembra un De Niro mignon -; continua senza un copione che dià spessore e ambiguità al personaggio della Bellucci - reciterà quattro parole in due ore di film -; termina senza un paio di forbici capaci di togliere di mezzo due terzi della miriade di celebri brani cinematografici ricostruiti in clip (si gustano uno, due, tre volte; alla quarta stuccano).
In compenso, Peppuccio recupera tutta la dignità di un'altra grande virtù: la sessualità. Piselli che si agitano dentro mutande adolescenziali, lingue che spazzolano labbra inaridite dalla voglia, la fica della Monica sciabolata in tutte le direzioni in un crescendo rossiniano di erotismo da far impallidire tutti i Tinto Brass in circolazione. Anzi, messi a confronti, Tornatore diventa Trombatore e riduce il porcone veneziano in un Finto Brass.
L'unica cronaca interessante da rilevare della serata all'Embassy è la gaffe delle ragazze addette al posizionamento dei Volti Illustri in sala: quando si è presentata la moglie del sindaco di Roma, alla Palombelli è stata gentilmente comunicato che non c'era posto in platea e quindi invitata ad occupare una poltroncina in galleria....
(Copyright Dagospia.com 27-10-2000)