"GIORNALI AMICI" DEI SERVIZI, VELENI TRA REPUBBLICA E UNITÀ - PURGATORI: "NESSUNA POLPETTA AVVELENATA. MAI SCRITTO DI QUEL PM" - BONINI & D'AVANZO: "LA VERITÀ VIOLENTATA DA DAMBRUOSO" - FARINA NON CONVINCE FELTRI "DOVEVA DIRMI TUTTO PRIMA".

1 - "GIORNALI AMICI" DEI SERVIZI, VELENI TRA REPUBBLICA E UNITÀ
Dal Corriere della Sera
- «Giornali amici», corsivo di ieri su l'Unità . Riferimento a un articolo di Repubblica di venerdì in cui l'Unità viene citata tra i «giornali amici» manovrati dal Sismi, nella vicenda Abu Omar, per condurre una «campagna di aggressione» al quotidiano di Ezio Mauro. «E' falso», la replica. Antonio Padellaro, direttore de l'Unità , ha scritto anche una lettera (ieri su Repubblica ) a cui ha risposto l'autore dell'articolo, Carlo Bonini: «Mi è chiaro che Padellaro fosse del tutto inconsapevole dell'attività di disinformazione che il Sismi ha condotto nel tempo anche nei confronti del giornale che dirige...». Il direttore, ora, è indignato: «Io inconsapevole? Io consapevolissimo di quello che viene pubblicato ogni giorno sul mio giornale».

2 - "LA VERITÀ VIOLENTATA DA DAMBRUOSO"
Lettera di Bonini e D'Avanzo al Corriere della Sera

Stefano Dambruoso, nell'intervista pubblicata ieri dal Corriere della Sera , accosta i nostri nomi all'attività di intossicazione svolta da un funzionario del Sismi, peraltro accusato di averci spiato. Dambruoso suggerisce che «le polpette avvelenate dell'intelligence» riproducevano gli argomenti da noi usati un anno fa nelle cronache di Repubblica sul caso Abu Omar. Nel ricamare le sue maligne insinuazioni, del tutto prive di fondamento, Dambruoso deve violentare la verità e correggere i suoi ricordi. Purtroppo, abbiamo conosciuto Dambruoso.

Purtroppo, in un suo libro, è stato Dambruoso a definire l'ipotesi che Abu Omar fosse stato rapito dalla Cia «una bizzarra dietrologia» (Milano-Bagdad, Mondadori 2004, pagina 54).
Purtroppo, è stato Dambruoso a commettere un errore che avrebbe potuto pregiudicare le indagini. «I primi dati telefonici raccolti si riferivano al traffico di cella intercorso all'ora e nella zona del sequestro non nella data del 17.2.03 (quella in cui i fatti si erano verificati), ma in quella del 17.3.03». (gip Chiara Nobili, 22 giugno 2005). Non è stato Dambruoso a correggere questo errore, che peraltro non ha mai negato. Lo ha fatto soltanto dopo il procuratore aggiunto Spataro. Non è stato Dambruoso, purtroppo, a chiedere l'arresto di Abu Omar, ma ancora una volta Spataro. Erano circostanze già pubbliche un anno fa. Non c'era bisogno di fonti misteriose, ma soltanto di occhi per leggere e buon senso per interrogarsi sulla sequenza di leggerezze in cui era incorso il pubblico ministero Dambruoso. Che qualche domanda fosse legittima se ne ha una conferma ancora oggi. Un anno dopo le nostre cronache, il procuratore di Milano chiede a uno degli esecutori materiali del sequestro: «Ci sono state coperture della magistratura?». (Ordinanza del gip Enrico Manzi, pagina 32). Naturalmente, il signor Stefano Dambruoso risponderà della sua diffamazione in tribunale. Avrà la più ampia facoltà di prova.
Carlo Bonini Giuseppe D'Avanzo

3 -PURGATORI: "NESSUNA POLPETTA AVVELENATA. MAI SCRITTO DI QUEL PM"
Lettera di Andrea Purgatori al Corriere della Sera

Caro Direttore,
nell'intervista di Giuseppe Sarcina al dottor Dambruoso, pubblicata sul Corriere di sabato 8 luglio 2006, si dice che il dottor Pio Pompa del Sismi mi avrebbe rifilato una «polpetta avvelenata» a proposito di un suo supposto depistaggio nelle indagini sul caso Abu Omar e su un coinvolgimento dello stesso dottor Dambruoso. Ti faccio presente che su tutta questa vicenda l'Unità ha pubblicato un unico articolo a mia firma, nel luglio di un anno fa, sulle carte contenute nel dossier presentato dal generale Pollari al Copaco. In questo articolo il dottor Dambruoso non veniva menzionato, né si faceva alcuna illazione circa un suo coinvolgimento in questa sporca faccenda. Al contrario, veniva rivelato per la prima volta il nome del capostazione della Cia in Italia implicato nel sequestro di Abu Omar, di cui oggi è stato richiesto l'arresto, e si affacciava l'ipotesi di una seconda «forcible abduction» operata dalla Cia ai danni di un altro cittadino musulmano residente in Italia. Per tua tranquillità e anche di chi mi conosce, ti faccio inoltre presente che le polpette non mi sono mai piaciute. Quelle avvelenate, poi...
Andrea Purgatori

4 - FARINA NON CONVINCE FELTRI "DOVEVA DIRMI TUTTO PRIMA"
Paolo Berizzi per La Repubblica

Dicono a Libero che "Betulla" non era James Bond. Che con quei 7.500 euro, spalmati in due tranche e definiti da lui e dai suoi colleghi un semplice «rimborso spese», non si è fatto la villa al mare né lo yacht. E che comunque, se ha sbagliato - e, almeno deontologicamente, ha sbagliato - lo ha fatto per una causa nobile. Anzi, «nobilissima», dice con voce grave Vittorio Feltri. «Farina non ha avuto rapporti con mafia, n´drangheta, comunisti o Kgb. Ha avuto rapporti con apparati dello Stato, con dei signori che sono messi lì dal governo. E poi - ragiona il direttore di Libero - darsi da fare per non avere in casa terroristi che uccidono mi sembra una buona cosa». Fin qui la linea difensiva. La strategia decisa ai piani alti di viale Majno per fare quadrato intorno alla «fonte Betulla», per derubricare la "figuraccia" del giornalista spione come una «piccola leggerezza» che non intacca il giornale, e della quale, semmai, «Renato dovrà rispondere a titolo personale nelle sedi opportune».



Poi però dallo stesso Feltri parte la tirata d´orecchie. «Se Farina anziché fare da solo mi avesse chiesto un consiglio, siccome conosco questo mestiere da più tempo di lui, lo avrei messo in guardia. Gli avrei detto di lasciar perdere. Nell´interesse suo e del giornale». Parole che non devono indurre a pensare a una separazione tra Libero e il più intraprendente dei suoi quattro vice direttori. «Per quale motivo mi dovrei privare di Farina e della sua professionalità? - si chiede ancora Feltri -. Questo giornale è casa sua. Può restarci fin quando vuole. Mica ha stuprato qualcuno, e poi, io non sono un magistrato, ma credo che il reato di favoreggiamento non stia in piedi».

Mentre ieri pomeriggio l´Ordine dei giornalisti apriva un procedimento; mentre i parigrado, il capo e i cronisti del giornale che ha concorso a fondare nel 2000 gli ribadivano la solidarietà umana e si affrettavano a dire che il caso, in casa Libero, è già rientrato, lui, il protagonista di questo brutto pasticcio fatto di soffiate, incontri, finte interviste e «propositi eroici» (parole sue) vergava, chiuso nella sua casa di Desio piena di libri, il cellulare staccato, un pezzo sul viaggio spagnolo del Papa. Uno degli argomenti forti del ciellino Farina, la chiesa. E la fede, e la civiltà occidentale, e l´islamofobia cara a Oriana Fallaci.

Chi gli ha parlato nelle ultime ore racconta di un uomo scosso, preoccupato, ma per nulla pentito, convinto insomma della bontà delle sue scelte spericolate: «Lo ha spiegato anche ai lettori nella lettera che abbiamo pubblicato ieri in prima pagina - dice Alessandro Sallusti, che di Libero è il direttore responsabile - Dal punto di vista della deontologia professionale Farina ha commesso un errore. Ma il suo contributo alla nostra linea fortemente filo Occidentale è preziosissimo».

Già, e il compenso ricevuto dal Sismi in cambio delle informazioni raccolte? Perché nella sua lettera-verità «Betulla» non sfiora nemmeno l´argomento, neanche un minimo accenno? «Se lo Stato ha deciso di pagargli dei rimborsi spese non c´è niente di cui indignarsi», spiega Sallusti. Lo stesso concetto è ribadito da Feltri: «Non capisco perché avrebbe dovuto rimetterci dei soldi lui, chessò per biglietti aerei o colazioni». Feltri e Farina. Il «diavolo» e «l´acqua santa». Si diceva una volta.


Dagospia 10 Luglio 2006