INTERCETTAZIONI DA BRUCIARE: PRODI BOCCIA DI PIETRO - NUMEROSI MAGISTRATI CON TONINO: CON LA DISTRUZIONE IMMEDIATA DELLE INTERCETTAZIONI ILLEGALI SI RISCHIA DI MANDARE AL MACERO ANCHE QUALCHE INFORMAZIONE UTILE PER LA GIUSTIZIA.

Da Unità.it

Romano Prodi boccia la richiesta del ministro Antonio di Pietro: non cambierà di una virgola il decreto sulle intercettazioni, varato dal governo per fronteggiare l'attività illegale degli uomini Telecom. E quindi: distruzione totale e immediate di tutte le conversazioni registrate fuori dalle regole. Il premier liquida seccamente la questione sollevata dal ministro delle Infrastrutture : «Non ci sono ipotesi di modifica del decreto sulle intercettazioni». «Di Pietro - rivela il premier - ha approvato totalmente il decreto: ne ha parlato a favore sia in Consiglio dei Ministri che a Vasto. Il decreto è stato approvato in modo condiviso e unanime da tutti. C'era anche Di Pietro, quindi non credo che ci siano problemi».

Il ministro china la testa e annuncia che in Parlamento voterà il decreto legge. «Ciò non significa - spiega - che non possa essere migliorato». Come all'epoca dell'indulto, Di Pietro si è riproposto come il leader dell'ala intransigente dell'Unione. La sua tesi coincide con quella di numerosi magistrati: con la distruzione immediata delle intercettazioni illegali si rischia di mandare al macero anche qualche informazione utile per la giustizia. Di qui la richiesta: consentire l'uso delle intercettazioni che contengono una «notitia criminis».

Molti magistrati hanno criticato il decreto. Alcuni, soprattutto i pm impegnati sul fronte del terrorismo internazionale come Armando Spataro, chiedono che vengano conservati per poter verificare che non vi siano notizie di reato o spunti investigativi. Una scelta che non piace ad altri magistrati, come Vittorio Boraccetti, procuratore veneziano, che bolla la conservazione dei nastri illegali «un modo surrettizio di far rientrare quei contenuti, oggetto di un atto criminale, nel circuito processuale».



La posizione di Di Pietro ha diviso il centrosinistra. Contrario Rutelli, secondo il quale il garantismo deve essere in vigore 365 giorni all'anno, e Rifondazione («Di Pietro sbaglia, le intercettazioni vanno distrutte subito» dice il capogruppo al Senato Giovanni Russo Spena), contrari i socialisti di Boselli , contraria l'Udeur, il partito del ministro della Giustizia Clemente Mastella, che dice no a una «marcia indietro». I supporter dell'ex magistrato sono i Verdi e il diessino Cesare Salvi, presidente della commissione Giustizia del Senato. Quest'ultimo chiede di lasciar decadere il provvedimento usando un argomento paradossale: se nelle intercettazioni ci fosse un colloquio di Riina con Provenzano che spiega tutta la struttura della mafia, i magistrati non dovrebbero tenerne consto?

Le parole di Di Pietro hanno innescato subito la reazione dell'opposizione, che ha minacciato di votare contro il decreto in caso di modifiche. Il vice coordinatore di Forza Italia Fabrizio Cicchitto lo spiega senza giri di parole: «Sia chiaro allora che se l'onorevole Di Pietro e i magistrati che lo ispirano ottenessero la modifica del decreto legge, allora lo voteranno loro e verrà meno l'intesa bipartisan realizzata».

Nel frattempo il presidente del Senato Franco Marini plaude all'iniziativa del governo: «Dinanzi alla gravità dei fatti che sono emersi - dice la seconda carica dello Stato - ho condiviso pienamente la prontezza con cui il governo è intervenuto con un provvedimento legislativo, condiviso largamente anche dall' opposizione».


Dagospia 24 Settembre 2006