MA COSA SI E' MESSA IN TESTA LA SORA LELLA? (BERTINOTTI FASHION FOLLIES)
AL CHIOSTRO DEL BRAMANTE PASSERELLA-CHOC DEL CAPPELLINO MATTO ROMANESCO
CHE MALE HA FATTO IL SOMMO PITTOR ANNIBALE CARRACCI PER MERITARSI L'ULTRASH?
AL CHIOSTRO DEL BRAMANTE PASSERELLA-CHOC DEL CAPPELLINO MATTO ROMANESCO
CHE MALE HA FATTO IL SOMMO PITTOR ANNIBALE CARRACCI PER MERITARSI L'ULTRASH?
Foto di Umberto Pizzi da Zagarolo
1 - AL BRAMANTE PASSERELLA DEL CAPPELLINO MATTO
Lu. Qua. per "Il Messaggero"
Al Chiostro del Bramante ieri vernissage affollatissimo: tutti estasiati per le opere di Annibale Carracci, "pittore del vero". Presenti, fra gli altri, il sovrintendente per il polo museale romano Claudio Strinati, il sovrintendente ai Beni culturali del Comune di Roma Eugenio La Rocca, l'assessore alla Cultura Silvio Di Francia, Gianni Borgna, presidente di Musica per Roma, il presidente di Acea Fabiano Fabiani, Maria Pia Fanfani, Marisela Federici, Lella Bertinotti, la stilista Donatella Girombelli, Sandra Verusio, Gabriella Alemanno, direttore strategie Monopoli di Stato.
2 - IL CAPPELLINO PICCHIATELLO DELLA SORA LELLA
Tanto tempo fa, tutto si capiva meglio. Gli industriali avevano il cilindro, i poveri erano sdruciti e col fazzoletto al collo. I politici Falce & Cervello meditavano su Antonio Gramsci, gli intellettuali a portata di Fiamma elucubravano su Julius Evola. Le due categorie restavano rassicuranti e prevedibili, come un pisello nel proprio baccello. Quindi, da una parte, Acrobazia Proletaria: i capelli bombaroli, l'eskimo da catastrofe militare, le Clarks per attraversare il deserto capitalista, la maglietta stagionata e la faccia spettinata dal travaglio rivoluzionario. Dall'altra, un tipo perbene, anzi per-Benito: teste rasate come pecore, pizzetto luciferino alla Italo Balbo, bomber blindato ebbro di dovere militare, Ray-Ban sul naso.
Le regole erano grottesche ma precisissime, praticamente diktat. La doccia era un'attitudine da compagno, la vasca era una mollezza da fascio. La televisione era l'occhio del Polifemo capitalista, dietro il quale c'è pochissimo cervello; "la radio libera, libera veramente, ti apre la mente". La "canna" marocchina era di sinistra, la "coca" boliviana era di destra. Gli Inti Illimani evocavano "el pueblo unido" del Che Guevara, Lucio Battisti era una cantilena imposta dal consumismo piccolo borghese. Il "vespino" era perfetto per raggiungere la "cellula" di periferia, il "vespone" era d'obbligo per sbandare verso il "covo" dei Parioli.
Il "cunnilingus" era approvato dal femminismo-petronilla, la "fellatio" era il brivido del maschilismo-balilla. Il concerto-rock era aggregazione di classe, la discoteca era un raduno di scemi che ballano. Anche la vacanza separava i rossi dai neri: i primi in Portogallo, tra i garofani della rivoluzione; i nostalgici dei colonnelli a picchettare la Grecia. In breve, "a ciascuno il suo". Non sei più un uomo, sei un destino (ideologico).
Di fatto, già alla fine degli anni Settanta, cambia tutto o quasi. Si chiude il ciclo della politicizzazione "bombarola", del protagonismo collettivo e della ricerca della felicità sociale, secondo l'espressione coniata dal sociologo Albert Hirschmann, autore appunto del libro "Felicità privata e felicità pubblica" (che spiega come i pendolarismi della storia derivino dall'oscillazione dei gusti del pubblico fra questi due poli). Da qui, complice un decennio iperproduttivo e la delusione sui risultati delle battaglie sociali, vista l'assenza di Grandi Ideali e la presenza di tanti mascalzoni, inizia un nuovo ciclo, quella della "felicità individuale", dello stile personale, della fine delle divise ideologiche (bomber o eskimo) e dei comportamenti consolidati ("Due Cavalli" alla francese o "Maggiolone" alla tedesca).
Mescolare le carte, dunque. Dal sinistrismo al narcisismo, dal fascio allo scatafascio, dal Noi all'Io, dalla sommossa delle Bierre alla mossa delle Pierre, da Lotta Continua al successo di breve durata, dal Fronte della Gioventù a una gioventù senza frontiere, dai furgoni cellulari al telefonino cellulare, dal ciclostile al fax, dalla rivolta a Travolta. Alè, conciliare l'alto e il basso. L'est e l'ovest. La Storia e la scoria. La qualità e la quantità. Lo snob e il Blob. I Dik Dik e i Duran Duran. Le Botteghe Oscure e le boutique lucenti. Se non si può opporre la rivoluzione alla tradizione, né l'avvenire al passato, contro gli opposti estremismi, il "doppio-gioco" degli anni Ottanta è allora un tentativo di mettersi in comunicazione con l'astuzia del tempo e l'ambivalenza del presente. Sedotta da un menù a ideologia zero, la gente mostrava di preferire, tra destra e sinistra, il centro-storico.
Ma oggi? Il gioco del tutto unito, compatto, totalmente tondo è finito da un pezzo in quelle palle di neve che fanno tanto kitsch nelle case delle nonne. Quindi, eccoci qui a dibattere sul cappellino picchiatello della sora Lella, sposa diletta del leader di Rifondazione Comunista Fausto Bertinotti. Come testimoniano i cafonal di Pizzi, i fallimenti della Sora Lella nel campo dell'abbigliamento raggiungono ormai livelli leggendari. Pettinata a carciofo lesso, immersa in sacchi senza forma e gonne mutilate, i suoi abiti sono adatti per il Titanic, direbbe il poeta, cioè per andare in fondo all'oceano. Quando apre l'armadio, si deve trasformare in una palla da bowling alla ricerca dei suoi birilli. Chissà, al solo parlare di "moda", la signora dei salotti deve pensare al Carnevale veneziano, quando ci si veste da Crudelia Demon. In compenso, morbida come Coccolino, posa più di Greta Garbo.
Dagospia 26 Gennaio 2007
1 - AL BRAMANTE PASSERELLA DEL CAPPELLINO MATTO
Lu. Qua. per "Il Messaggero"
Al Chiostro del Bramante ieri vernissage affollatissimo: tutti estasiati per le opere di Annibale Carracci, "pittore del vero". Presenti, fra gli altri, il sovrintendente per il polo museale romano Claudio Strinati, il sovrintendente ai Beni culturali del Comune di Roma Eugenio La Rocca, l'assessore alla Cultura Silvio Di Francia, Gianni Borgna, presidente di Musica per Roma, il presidente di Acea Fabiano Fabiani, Maria Pia Fanfani, Marisela Federici, Lella Bertinotti, la stilista Donatella Girombelli, Sandra Verusio, Gabriella Alemanno, direttore strategie Monopoli di Stato.
2 - IL CAPPELLINO PICCHIATELLO DELLA SORA LELLA
Tanto tempo fa, tutto si capiva meglio. Gli industriali avevano il cilindro, i poveri erano sdruciti e col fazzoletto al collo. I politici Falce & Cervello meditavano su Antonio Gramsci, gli intellettuali a portata di Fiamma elucubravano su Julius Evola. Le due categorie restavano rassicuranti e prevedibili, come un pisello nel proprio baccello. Quindi, da una parte, Acrobazia Proletaria: i capelli bombaroli, l'eskimo da catastrofe militare, le Clarks per attraversare il deserto capitalista, la maglietta stagionata e la faccia spettinata dal travaglio rivoluzionario. Dall'altra, un tipo perbene, anzi per-Benito: teste rasate come pecore, pizzetto luciferino alla Italo Balbo, bomber blindato ebbro di dovere militare, Ray-Ban sul naso.
Le regole erano grottesche ma precisissime, praticamente diktat. La doccia era un'attitudine da compagno, la vasca era una mollezza da fascio. La televisione era l'occhio del Polifemo capitalista, dietro il quale c'è pochissimo cervello; "la radio libera, libera veramente, ti apre la mente". La "canna" marocchina era di sinistra, la "coca" boliviana era di destra. Gli Inti Illimani evocavano "el pueblo unido" del Che Guevara, Lucio Battisti era una cantilena imposta dal consumismo piccolo borghese. Il "vespino" era perfetto per raggiungere la "cellula" di periferia, il "vespone" era d'obbligo per sbandare verso il "covo" dei Parioli.
Il "cunnilingus" era approvato dal femminismo-petronilla, la "fellatio" era il brivido del maschilismo-balilla. Il concerto-rock era aggregazione di classe, la discoteca era un raduno di scemi che ballano. Anche la vacanza separava i rossi dai neri: i primi in Portogallo, tra i garofani della rivoluzione; i nostalgici dei colonnelli a picchettare la Grecia. In breve, "a ciascuno il suo". Non sei più un uomo, sei un destino (ideologico).
Di fatto, già alla fine degli anni Settanta, cambia tutto o quasi. Si chiude il ciclo della politicizzazione "bombarola", del protagonismo collettivo e della ricerca della felicità sociale, secondo l'espressione coniata dal sociologo Albert Hirschmann, autore appunto del libro "Felicità privata e felicità pubblica" (che spiega come i pendolarismi della storia derivino dall'oscillazione dei gusti del pubblico fra questi due poli). Da qui, complice un decennio iperproduttivo e la delusione sui risultati delle battaglie sociali, vista l'assenza di Grandi Ideali e la presenza di tanti mascalzoni, inizia un nuovo ciclo, quella della "felicità individuale", dello stile personale, della fine delle divise ideologiche (bomber o eskimo) e dei comportamenti consolidati ("Due Cavalli" alla francese o "Maggiolone" alla tedesca).
Mescolare le carte, dunque. Dal sinistrismo al narcisismo, dal fascio allo scatafascio, dal Noi all'Io, dalla sommossa delle Bierre alla mossa delle Pierre, da Lotta Continua al successo di breve durata, dal Fronte della Gioventù a una gioventù senza frontiere, dai furgoni cellulari al telefonino cellulare, dal ciclostile al fax, dalla rivolta a Travolta. Alè, conciliare l'alto e il basso. L'est e l'ovest. La Storia e la scoria. La qualità e la quantità. Lo snob e il Blob. I Dik Dik e i Duran Duran. Le Botteghe Oscure e le boutique lucenti. Se non si può opporre la rivoluzione alla tradizione, né l'avvenire al passato, contro gli opposti estremismi, il "doppio-gioco" degli anni Ottanta è allora un tentativo di mettersi in comunicazione con l'astuzia del tempo e l'ambivalenza del presente. Sedotta da un menù a ideologia zero, la gente mostrava di preferire, tra destra e sinistra, il centro-storico.
Ma oggi? Il gioco del tutto unito, compatto, totalmente tondo è finito da un pezzo in quelle palle di neve che fanno tanto kitsch nelle case delle nonne. Quindi, eccoci qui a dibattere sul cappellino picchiatello della sora Lella, sposa diletta del leader di Rifondazione Comunista Fausto Bertinotti. Come testimoniano i cafonal di Pizzi, i fallimenti della Sora Lella nel campo dell'abbigliamento raggiungono ormai livelli leggendari. Pettinata a carciofo lesso, immersa in sacchi senza forma e gonne mutilate, i suoi abiti sono adatti per il Titanic, direbbe il poeta, cioè per andare in fondo all'oceano. Quando apre l'armadio, si deve trasformare in una palla da bowling alla ricerca dei suoi birilli. Chissà, al solo parlare di "moda", la signora dei salotti deve pensare al Carnevale veneziano, quando ci si veste da Crudelia Demon. In compenso, morbida come Coccolino, posa più di Greta Garbo.
Dagospia 26 Gennaio 2007