DELITTO BIAGI - IN UNA BUSTA DATA A UN NOTAIO L'ATTO DI ACCUSA DI UN UOMO SOLO

Giovanni Bianconi per il Corriere della Sera


Chiuse in una busta, consegnate a un notaio a futura memoria, ci sono le ultime denunce di Marco Biagi, consulente del ministero del Lavoro ucciso in solitudine nonostante le ripetute minacce terroristiche agli uomini-ombra del governo. Biagi si sentiva un bersaglio, e per un certo periodo i responsabili della sicurezza l'hanno ritenuto tale, assegnandogli un servizio di «tutela». Niente che garantisca l'incolumità, intendiamoci, ma comunque un possibile deterrente.
Accadeva nel luglio 2000. Poi, tra giugno e settembre del 2001, quel servizio fu abbandonato per «cessate esigenze», come ha burocraticamente riferito il ministro dell'Interno alla Camera. Il consulente del ministro Maroni non gradì quella decisione; non perché tenesse a uno status symbol - pensiamo - ma perché non gli piaceva l'aria che respirava.

Protestò con la questura e la prefettura di Bologna, Biagi. E ora che è morto vengono alla luce le sue denunce di minacce telefoniche dell'estate scorsa, quando (misteri della burocrazia che sembrano farsi beffa dei problemi della sicurezza) era protetto a Bologna, Milano e Modena ma non a Roma; come se un uomo nel mirino rischiasse in una città e non nell'altra.

Evidentemente quelle minacce non furono ritenute attendibili, e la «tutela» non solo non venne ripristinata, ma tolta definitivamente. Fu allora, dopo che anche nella sua città da settembre era tornato a girare solo e indifeso, che Biagi disse al capo di gabinetto della prefettura di Bologna di aver messo tutto nero su bianco, e di aver consegnato questa sorta di pro-memoria su quanto era accaduto a un notaio. In quella busta c'è la versione autentica di come un professore universitario che aveva messo le sue competenze al servizio dello Stato si sentisse abbandonato da quello stesso Stato.

Naturalmente nessuno può dire con certezza se esiste un collegamento tra le minacce a Biagi e l'omicidio dell'altra sera. E' però certo che Biagi si considerava un obiettivo dei terroristi, e che l'altra sera lo è diventato, dopo che le istituzioni avevano deciso che non lo era più.
Anche su questo aspetto, oltre che per tentare di acciuffare i suoi assassini, indaga la Procura di Bologna, che farà accertamenti sullo sfogo di Biagi col capo di gabinetto della prefettura e sul memoriale consegnato al notaio di sua fiducia. Le carte raccolte al Viminale su questo pezzetto di storia sono già state consegnate ai magistrati. Pure il ministro dell'Interno Scajola annuncia di aver avviato un'inchiesta per stabilire come mai a Biagi fu tolta la protezione, nonostante proprio lui abbia raccomandato, sempre in settembre, di tagliare scorte e tutele.

Il suo collega Maroni ha ribadito di aver chiesto più volte al Viminale di ripristinare la protezione per Biagi. L'ultima sollecitazione sarebbe partita proprio martedì, dopo una nuova minaccia, poche ore prima dell'omicidio. Non c'è stato il tempo di valutarla, anche se da mesi la categoria dei «consulenti» può essere considerata a rischio. Per il precedente di Massimo D'Antona, e perché - prima ancora dell'ultima relazione dei Servizi segreti al Parlamento - i documenti dei terroristi letti e studiati nei palazzi della sicurezza se la prendevano con certi progetti di riforma. Come quelli contenuti nel «Libro bianco» di cui Biagi fu un estensore, messo all'indice nell'ultima «piattaforma di lavoro» dei «Nuclei territoriali antimperialisti per la costruzione del partito comunista combattente», 17 novembre 2001.

La polemica è destinata ad allargarsi. Perché è vero, come ha spiegato Scajola alla Camera, che le disposizioni su scorte e tutele vengono prese a livello provinciale dai prefetti; ma poi vengono ratificate a Roma, dal Dipartimento della pubblica sicurezza, guidato dal capo della Polizia. E' possibile così che, nel fragore provocato dai colpi di pistola sparati nel buio di Bologna, venga coinvolto ancora una volta Gianni De Gennaro, il tecnico «ereditato» dal governo di centrodestra che alcuni settori della maggioranza non hanno mai digerito, e che dopo i fatti del G8 di Genova è stato lasciato al suo posto, pronto a fare da scudo all'esecutivo in un'altra emergenza.

Certe notizie e dichiarazioni circolate ieri non escludono affatto questo scenario, anzi lo lasciano intravedere. Proprio De Gennaro, da quando è capo della Polizia, ha dedicato grande attenzione al terrorismo, raccomandando ai suoi uomini di dedicarsi anima e corpo all'indagine sul delitto D'Antona. Ma quell'inchiesta, a quasi tre anni dall'omicidio, registra più gelosie e scambi d'accuse tra Polizia e Carabinieri che risultati concreti. Ora, se davvero la pistola che ha ucciso Biagi è la stessa che ammazzò D'Antona, il vuoto investigativo intorno alle nuove Br peserà ancora di più. Com'è probabile che peserà il memoriale consegnato a un notaio dall'uomo assassinato martedì sera, in solitudine, mentre rientrava a casa in bicicletta.


Dagospia.com 21 Marzo 2002