UNA CARRIERA FOLGORANTE, SEMPRE A GALLA, SEMPRE IN PIEDI. COME SI DIVENTA CARLITO ROSSELLA? L'UOMO DI COSSUTTA E BERLUSCONI, DI RUINI E DELLA VALLE RISPONDE: "UNA MALATTIA SENILE DEL GIORNALISMO. È LEGGEREZZA. ANCHE BONTÀ. SONO DEVOTO A VARI SANTI".
Denise Pardo per "Panorama" in edicola domani
Per il suo passaggio da direttore del Tg5 a presidente della Medusa, nel suo ultimo giorno da giornalista, Carlo Rossella ha un principesco vestito con bretelle: perfetto per i due ruoli e per il trapasso dall'uno all'altro. Nel suo ufficio, Helzappopin: arriva il successore Clemente Mimun, in jeans (si abbracciano), telefonano Ezio Mauro («Caro, ti chiamo presto»), Massimo Boldi, Jo Champa da Beverly Hills (per un party il 14 luglio con Rupert Murdoch e i boss Paramount), Paolo Mieli («Maestro!»), un amico del Sismi... È l'addio a una gloriosa carriera da pluridirettore di carta stampata e tg, il lieto fine della sostenibile leggerezza di essere Carlo Rossella, l'uomo del rosso e del nero, del diavolo e l'acqua santa, di Camillo Ruini e Diego Della Valle. Con Panorama fa un amarcord e racconta i suoi progetti nello show-biz.
È calato il sipario sul Rossella giornalista?
Chiudo con le direzioni. Si spalanca una nuova vita. A 64 anni posso mettere a frutto la passione per il cinema. Mia madre, povera donna, si disperava: «Tuo figlio va tutti i giorni al cinema» diceva a mio padre. Lei non immaginava, io già sapevo. Fin da piccolo ho cercato di campare nel miglior modo possibile. Ma non si smette mai di essere un reporter. In questo mestiere ho fatto tutto, dai vari lati della barricata. Ero comunista, un po' cossuttiano, ho seguito guerre e rivoluzioni. Su alcuni vestiti di lino ho ancora la polvere del Muro di Berlino.
Una carriera folgorante, sempre a galla, sempre in piedi. Come è diventato Carlo Rossella?
Non si studia. È un vizio. Ho il vizio di esserlo. Ogni tanto mi dilanio: «Potrei essere diverso» mi dico. L'altro giorno scopro che Gianni Riotta ha letto tutto Spinoza. Decido di leggerlo anch'io. Dopo due minuti ho mollato: «Lasciamolo a Riotta, tanto ormai è territorio suo» mi sono tranquillizzato. Anche Giuliano conosce a memoria Spinoza. C'è un'élite spinoziana. Io non ne faccio parte.
Giuliano sta per Ferrara? Uno di quelli che la raccomandò a Silvio Berlusconi per la direzione del «Tg1».
Lui, Fabrizio Del Noce, Giampiero Cantoni e Renato Della Valle furono i miei garanti con il Cavaliere. Andai con Del Noce a conoscere Berlusconi. Giuliano era nel suo ufficio a Palazzo Chigi: «Sembra la prefettura di Lecce, vero?» osservò. È uno dei miei migliori amici, abbiamo conversazioni intime due, tre volte al giorno, e lui è molto geloso, non vuole che trapeli nulla. Tra noi c'è snobismo, cinismo, dandismo. Ogni tanto ci fustighiamo, ci diamo delle randellate. Ma lo adoro.
Un rapporto sadomaso?
No, un rapporto alla Bulgakov. Il maestro e Margherita. Io naturalmente sono Margherita.
Per lei «La Stampa» è stata un grand hotel: è entrato, uscito, rientrato.
Il mio primo direttore è stato Alberto Ronchey, un grande intellettuale, con la fissa che io, Paolo Garimberti e Vittorio Zucconi leggessimo un libro al giorno. Lui, furbo, ci interrogava. Garimberti, ex grandioso capo degli esteri alla Repubblica e direttore del Tg2, è strepitoso: sembra Robert Redford nella parte di Bob Woodward. Come porta bene la camicia botton down! Ne sono seguaci anche Riotta e Jas Gavronski. Mario D'Urso, però, dice che sono molto più chic quelle di Rubinacci.
È stato direttore del «Tg1». Oggi c'è proprio Riotta...
Mi piace il suo tg: è molto filogovernativo, come deve essere. Ma chi perde le elezioni questo non lo sopporta. Io sono approdato in un momento di passaggio e mi sono adeguato: prima berlusconiano, poi un po' diniano, e quando stava per vincere la sinistra sono tornato alla Stampa. Ma in viale Mazzini nulla si crea, nulla si distrugge: il teorema di Lavoisier è il teorema Rai.
Che cos'è il rossellismo?
Una malattia senile del giornalismo. È leggerezza. Anche bontà. Sono devoto a vari santi, ho vari padri confessori. I miei peccati sono veniali, ma costano tante penitenze.
E il giornalismo dei suoi ex colleghi direttori?
Paolo Mieli è un intellettuale che mette le mani nella pasta del giornale, un gatto sornione che ogni tanto ti azzanna: il Corriere è felino. Mauro è più ideologico, il suo giornale è canino. Anselmi è un ircocervo: un po' cane, un po' gatto, cerca di approfittare dello spazio degli altri due. Ferruccio de Bortoli è fantastico, Vittorio Feltri un genio e...
Che sant'uomo. E l'editore che ha amato di più?
Silvio Berlusconi.
Molto saggio. Gianni Agnelli?
Con lui non c'era un sentimento forte come con Mondadori e poi Mediaset: questa per me è casa, famiglia. Lui era sempre l'Avvocato. Dirigevo La Stampa e lui era convinto che non stessi mai al giornale. Era uno di quei luoghi comuni che, nella Torino imperiale degli Agnelli, i cortigiani diffondevano contro di me, contro Luca di Montezemolo...
Poi, la corrispondenza da Washington.
Sì. L'avvocato era pazzo dell'affare Lewinsky. Telefonava: «Che si dice, che si dice a Capitol Hill?». All'inizio pensavo volesse degli inside dal Congresso. Ma lui: «Il presidente ha fatto sesso orale una o più volte con Monica? E lei quanto pesa? Mi sembra un tantino grassa». Quando feci un pezzo sul frigorifero della signorina, mi bombardò di domande: «Non ha trovato nulla di Clinton, un fazzolettino, qualcosa?».
Il miglior ricordo?
In Argentina per le Falkland a non fare niente per quattro mesi. Ci impedivano di andare al fronte. C'era anche Paolo Bonaiuti.
Il peggiore?
Le alzatacce alle 4, da cronista alla Notte.
Lavorare stanca. Ora è entrato nel movie-biz. Ci aspetta un Rossella attore?
Confesso: qualche cameo mi piacerebbe. Ho chiesto ai fratelli Vanzina di farmi interpretare la parte del padre debosciato. Il mio sogno, un remake del Sorpasso: io al posto di Vittorio Gassman. Amerei usare i colleghi. Per una serie di gialli giornalistici sceglierei Mieli: non è un perfetto Alfred Hitchcock? Si immagina il suo profilo che avanza e la musichetta ta-ta ta-ta? E Anselmi non è un genere Edward G. Robinson?
Nessuna giornalista?
Barbara Palombelli nel ruolo di direttore di un grande giornale. E lei lo farebbe. Lucia Annunziata? Se glielo chiedessi non la prenderebbe bene: «Faccio la giornalista sul serio, mica sul set».
Consigli per fare carriera?
Ne ho ricevuti, ma non hanno mai funzionato. Ho fatto da me. Una volta qualcuno disse ad Agnelli: «Sono un self-made-man» Lui rispose: «Ti potevi fare un po' meglio».
Disseminerà i film della Medusa con le Tod's del suo amico Diego Della Valle?
Potrei fare dei primi piani ai piedi degli attori con le sue scarpe.
La Rosselleide è entrata in una nuova fase.
Sì. Ma si sposta a Hollywood, Sunset boulevard.
Dagospia 06 Luglio 2007