DALLA CHIESA ALLA FICTION - UNO SCENEGGIATO ZEPPO DI SVISTE: IL GENERALE NON EBBE ALCUN RUOLO NEI GIORNI DEL SEQUESTRO MORO (IL PCI LO MISE IN FRIGO) - PRIMA DI MORO, SEMPRE CONTRO IL 'COMPROMESSO STORICO', CI FU L'ATTENTATO BULGARO A BERLINGUER.

Piero Laporta per "Italia Oggi"


Lo sceneggiato che Canale 5 ha appena dedicato a Carlo Alberto Dalla Chiesa contiene grosse sviste. Innanzitutto il generale Dalla Chiesa non ebbe alcun ruolo nei giorni che precedettero e seguirono l'assassinio di Aldo Moro.

La sua struttura investigativa fu messa in frigorifero a gennaio del 1978 e richiamata in servizio a settembre. Su quella decisione pesò l'autorità del governo ma soprattutto quella del Pci, che governava nell'ombra con una invasività della quale abbiamo un'idea proprio nei giorni correnti. Il Pci gravò su una quantità di decisioni in quei mesi e oggi illuminate da una inquietante luce eversiva.

Basti una per tutte: l'attentato a Enrico Berlinguer, da parte dei servizi segreti bulgari, a Sofia, il 3 ottobre 1973, tenuto segreto sino al 1991. Perché l'attentato? I comunisti bulgari erano inferociti contro il progetto di compromesso storico che portava il Pci nell'area di governo, obbligandolo a omologarsi nell'Alleanza atlantica.

L'attentato a Berlinguer fallì per puro miracolo. Il segretario generale del Pci, seriamente ferito, volle tornare in Italia in fretta e furia. Scampato alla morte Berlinguer, chi era il secondo polo del «compromesso storico»? Era Aldo Moro. Si tenga presente che Moro al momento del rapimento era a conoscenza di quel segreto di Berlinguer e, quindi, aveva l'esatta percezione di chi fossero i veri responsabili della sua disgrazia.

Che avrebbe scritto Leonardo Sciascia se egli avesse saputo di Berlinguer? Al Pci interessava la sopravvivenza del partito più che la verità. Così per svelare questo segreto dobbiamo attendere prima un'intervista reticente di Emanuele Macaluso a Panorama nel 1991 e, dopo dieci anni, un libro, un po' più dettagliato, ma ancora pesantemente omertoso.

Se gli italiani avessero saputo dell'attentato a Berlinguer da parte dei bulgari, tanto la morte di Moro come pure l'attentato al Papa sarebbe stati visti sotto altra luce. Il segreto fu custodito proprio per sviare l'opinione pubblica. Ma torniamo allo sceneggiato. Roberto Peci, fratello di Patrizio Peci, uno dei più importanti e sinceri pentiti fra i brigatisti pentiti, non fu ucciso con un colpo di pistola mentre era in macchina in un parcheggio. Fu rapito, torturato e ucciso dopo un processo farsa in stile talebano.

La differenza non è da poco. Se la morte di Roberto Peci fosse andata come ha descritto lo sceneggiato, sarebbe stata una delle centinaia di quegli anni. Al contrario, la descrizione veritiera di quell'omicidio avrebbe testimoniato la ferocia delle Brigate Rosse, niente affatto naif, ma organizzata e condotta con il più autentico stile cekista. L'interrogatorio e l'assassinio con 11 colpi di pistola sono stati filmati da Giovanni Senzani, che è libero e vive agiatamente grazie alla consulenza per la regione Toscana, beninteso da criminologo. Imbarazzante spiegare anche questo?



Il falso storico più pesante concerne la strage di via Fani. Prima vediamo i brigatisti addestrarsi sparacchiando vicino a un casolare. Poi la strage è descritta con una sequela di raffiche senza alcuna immagine diretta. L'addestramento dà a intendere che i brigatisti erano autodidatti, se si vuole un po' svitati, ma senza alcun aiuto da parte dell'Unione Sovietica.

La strage accredita la presunta capacità dei brigatisti di operare in proprio, sorvolando su un fatto imbarazzante. Alle 9,05 del 16 marzo in via Fani vengono sparati 91 proiettili, 46 dei quali provengono da un'unica mitraglietta, impugnata da un signore che spara senza mirare, muovendosi con estrema professionalità, il quale fulmina quattro dei cinque agenti di scorta di Aldo Moro. Colpisce anche il quinto, il carabiniere Raffaele Iozzino, che tuttavia abbozza una reazione con la sua pistola prima di essere fulminato alle spalle dai brigatisti rossi, che fanno l'unica cosa che sanno fare, sparare a tradimento a un obiettivo facile.

La strage di via Fani è opera di quell'ignoto signore che non parla inglese, né francese, né tedesco, né spagnolo, ma una strana lingua che i testimoni non sanno identificare. Un soggetto così non è un bandito della Barbagia né un sicario della 'ndrangheta, tanto meno un autodidatta. È uno che ha seguito un addestramento assolutamente peculiare alle truppe speciali delle polizie segrete dei paesi del Patto di Varsavia.

Possiamo scommettere che di questi soggetti in quelle ore ve n'erano alcune dozzine lungo l'itinerario che da via Fani conduce a via Montalcini, dove Aldo Moro sarebbe stato rinchiuso in attesa di essere assassinato. I principi di massima efficacia e di massima sicurezza non sono mai disgiunti da un'operazione di questo genere. In parole più semplici, chi inizia l'operazione di via Fani è deciso a concluderla con successo a qualunque costo.

Pertanto così come ha freddamente eliminato ogni componente della scorta, in analogo modo su ogni punto critico dell'itinerario da via Fani a via Montalcini vi sono tiratori altrettanto preparati e pronti a intervenire come quello che era in via Fani. La staffetta sulla motocicletta di grossa cilindrata, due giovani, mai identificati e conosciuti dai brigatisti con i nomi in codice Peppo e Peppa, appartengono verosimilmente a quella genia di tagliagole professionisti.

Chi organizzò e diresse l'assassinio di Moro non poteva fallire malamente com'era accaduto per quello contro Berlinguer. Se ciò fosse avvenuto il segreto sarebbe saltato e il disegno criminale e politico si sarebbe trasformato in un disastro. Dove ospitare tali ingombranti personaggi? Le case sicure per tale scopo dovevano essere facilmente raggiungibili e altrettanto facilmente abbandonabili in caso di necessità, grazie alla contiguità con l'aperta campagna.

In via Gradoli, a Roma, ne fu individuata una così. Una curiosa seduta spiritica, condotta da 12 dotti professori universitari della dotta Bologna, circoscrisse l'attenzione alle Brigate Rosse. Lo sceneggiato di Mediaset su Dalla Chiesa? Di tutto questo non parla, ma non stupisce affatto.


Dagospia 13 Settembre 2007