UN DETECTIVE COL TACCUINO IN MANO SI AGGIRA PER GALASCO (E' CARLO ROSSELLA!)
ANONIMO: "ALBERTO ERA SEMPRE COL SUO AMICO MARCO - LEI VOLEVA LASCIARLO"
IL MISTERO DELLE SCARPE SCOMPARSE - STASI: "LE HO GETTATE VIA IN INGHILTERRA"
ANONIMO: "ALBERTO ERA SEMPRE COL SUO AMICO MARCO - LEI VOLEVA LASCIARLO"
IL MISTERO DELLE SCARPE SCOMPARSE - STASI: "LE HO GETTATE VIA IN INGHILTERRA"
1 - GARLASCO, L'ULTIMO SEGRETO
Carlo Rossella per La Stampa
Solo l'assassino ha le idee chiare su quel che è avvenuto la mattina del 13 agosto fra le 9,10 e le 9,30 in una villetta con pretese di eleganza a Garlasco, Lomellina. Tutti gli altri hanno le idee confuse. E l'assassino, ovviamente, ride di questa confusione. Torniamo a quel giorno d'estate. Garlasco, novemila abitanti, cinque banche, niente industrie, un ospizio per vecchi, una stazione ferroviaria scalcinata, uno stormo di piccole case, è deserta.
Gli abitanti, gente che perlopiù lavora fuori paese, sono in vacanza. In via Pascoli, una stradina che incrocia la provinciale per Pavia, non c'è nessuno. In fondo alla strada si vedono i pioppi. Al di là le risaie verdi, le immense risaie zanzarose della Lomellina. Chiara è sveglia da un po'. Alle 9,10 stacca l'allarme ma non alza le tapparelle, come le chiamano qui, né abbassa le tende a righe bianche e salmone. Ha un pigiama rosa. Accende la tivù. Sta per far colazione: caffè latte e biscotti. L'assassino suona il campanello. Parla al citofono. Chiara lo conosce. Apre. E poi, prima delle 9,30 muore laggiù sulla scala che porta alla tavernetta.
Tutte le ville qui hanno una tavernetta per stare con gli amici, bere una birra, cantare o ascoltare musica o ballare. Chiara è piccola, carina. «Ha un sorriso meraviglioso», dicono ora i vicini di casa. «E occhi azzurri splendidi». E' figlia di un operaio specializzato e di un'impiegata comunale. Ha un fratello più giovane. E' laureata con 110 e lode in Economia e Commercio a Pavia. Di lei il padre ha detto: «E' la prima di tutta la nostra famiglia ad avere preso la laurea. Non ho potuto nemmeno raccogliere quello che ho seminato».
In paese non la conoscono
Chiara ha pochi amici, non più di quindici. Veste senza capricci, sempre con i jeans. Va poco dal parrucchiere. Non frequenta le Rotonde, la discoteca di Garlasco con annessa piscina e pizzeria. E' cattolica ma con cautela. Ha in vista un posto fisso a Milano. Vuole crescere. Fare carriera. Sogna di andarsene da Garlasco, troppo vicino al sacrario della Bozzola ma troppo lontano dal successo. Un paese che non dà prospettive. Dove i giovani si incontrano al bar Gobbi, alla Lounge Anno Zero, nella pizzeria delle Rotonde.
Chiara legge soprattutto libri di Economia. Compra ogni tanto il «Sole - 24 Ore» nell'edicola di corso Cavour, poco lontano dal bar Gobbi. E' fidanzata ma i vicini di casa lo scopriranno dopo il delitto. Anche negli affetti è riservata. Di lei si sa poco perché c'è poco da sapere. Una vita normale, di provincia, senza nulla su cui almanaccare. In paese non la conoscono. Sanno dei genitori bravagente, ma di lei niente. Nelle carte di giustizia notizie scarse su questa donna di 26 anni. Il telefonino non ha rivelato nulla. Il computer solo immagini affettuose di lei e del fidanzato. La posta elettronica niente di che. La banalità del bene.
Un personaggio nuovo
Sono le 9,30 di sera del 28 settembre. Seduto al bar Gobbi c'è il professor X. L'uomo è simpatico. Riconosce il giornalista. Poche battute e lì per lì racconta un fatto nuovo, forse ignoto nei suoi particolari più interessanti. La storia aggiunge un piccolo mistero alla vita trasparente della vittima. X ha avuto una confidenza da una sua allieva. Un ragazzo ha rivelato che Chiara, qualche settimana prima di morire ammazzata, era stata a cena col suo ex fidanzato.
E in quei giorni il ragazzo attuale non era a Garlasco ma a Londra. Fa un fastidioso freddo settembrino a Garlasco. Seduti in quel caffè, il 28 settembre, come nella canzone di Lucio Battisti, ci sono pochi avventori. Ma X tira da parte e specifica: «Ho parlato col mio avvocato e ho fatto una deposizione ai carabinieri di Garlasco, al maresciallo Marchetto, un bell'uomo». Il legale di X conferma tutto.
Las Vegas di provincia
Intanto si accendono le luci delle Rotonde, del Punto Zero (luci azzurre come nei ritrovi pre-discoteca del Mid-West), del Ballaballa, casa del liscio proprio davanti alla villa delle sorelle Cappa, le cugine di Chiara, che non l'hanno mai conosciuta abbastanza. Un tempo Garlasco era la Las Vegas dell'Ovest Lombardia, ora non più. Anche se la musica è ancora di casa visto che qui abita, in un gran palazzo accanto alla stazione, il cantante e compositore Ron, il garlaschese più conosciuto dopo Alberto Stasi, il fidanzato della vittima, accusato di averla uccisa, arrestato e poi scarcerato nel pomeriggio del 28 settembre.
Garlasco non crede alle lacrime di Stasi, di questo biondino esile, con occhialini dalla montatura azzurra e gli abiti sportivi all'ultima moda, la collezione di Sneakers Vintage e di studi alla Bocconi. Il paese è piccolo e la gente sparla. Meno nei caffè, più nelle case, soprattutto laggiù nelle tavernette dove le parole e i fatti rimangono sepolti. Molti garlaschesi commentano soprattutto fra di loro, altri lo fanno alla tivù. Davanti alla casa degli Stasi, in via Carducci (una stradina orribile, dinanzi alla caserma dei carabinieri in via Dorno, poco lontano dalla villa del delitto), stazionano le troupe dei tg e dei talk-show. E' dal 13 agosto che non mollano. Inviati e inviate hanno preso la tintarella a forza di stand-up sotto il sole.
I reporter sono bravi e infaticabili e con loro i giornalisti di quotidiani e settimanali. Dei garlaschesi si concedono volentieri alla tivù. Ci sono personaggi che vanno da un canale all'altro, facce che compaiono e ricompaiono per dire la loro. «E' lui o non è lui?». I colpevolisti ora sono più degli innocentisti e chi si lascia andare a confidenze tipo: «Lei voleva lasciare l'Alberto», «Lei non ne poteva più di quel fighetta», «Lei non vedeva di buon occhio l'amicizia di Alberto con Marco». I pettegolezzi sono esplosi dopo una telefonata anonima a Telelombardia. Un certo Paolo ha detto parole diffamatorie sull'amicizia fra Alberto e Marco. Querele, indagini, denunce. Si vedrà.
Intanto Alberto dorme nella sua cameretta molto simile a quella di Chiara: stessi libri, stessi mobili, stesso computer (ora sequestrato) e in più i fumetti e qualche romanzo un po' così. La sera del 29 settembre le luci si spengono presto a casa Stasi, una villona sovrastata da una torre cilindrata. Da lì, dice chi c'è stato, si vede tutto il paese, fin laggiù in periferia, dove c'è la casa dei Poggi. Alcuni amici di famiglia raccontano che Alberto abbia dormito male la notte dopo il rilascio. Che la mamma affettuosa gli abbia dovuto fare una camomilla. Che si sia fatto coccolare fino a tardi.
L'occhio delle indiscrezioni, come si vede, penetra ovunque. Garlasco partecipa ormai a questa tremenda fiction. Stando qui è difficile distinguere fra realtà e fantasia. Le donne ne parlano da Elisa, il salone di parrucchiera di via Cavour. Ne parlano come della puntata di una telenovela. Basta però percorrere qualche centinaio di metri per tornare alla realtà. Via Pascoli è sempre deserta. Sulla porticina dell'ingresso di villa Poggi ci sono mazzi di ortensie appassite, biglietti d'amore per Chiara ormai ingialliti, sigilli giudiziari che proibiscono l'ingresso, i piattini di plastica per i gatti che vanno e vengono da una villetta all'altra, come nel giorno del delitto.
2 - IL MISTERO DELLE SCARPE SCOMPARSE
Riparte da un paio di scarpe «Tod's» l'inchiesta per il delitto di Garlasco. Alberto le portava sempre a luglio, durante la vacanza-studio a Londra: lo dimostrano una serie di foto sul suo computer. Sono sparite: i carabinieri, nella sua abitazione, non le hanno trovate. Gli hanno sequestrato altre cinque paia di scarpe, oltre alle «Lacoste» che portava il 13 agosto alle 13,50, quando si è presentato in caserma dopo aver trovato cadavere di Chiara Poggi. Sono risultate tutte pulite, senza residui ematici sulle suole. Eppure le «Lacoste» avrebbero dovuto sporcarsi girando per la villetta del massacro, per non dire di quando qualche giorno prima, stando al suo racconto, calpestò gocce di sangue mestruale perso da Chiara e poi tornò a casa in bicicletta.
Alberto ha spiegato che le «Tod's» le ha gettate via in Inghilterra. Un po' strano, per scarpe di marca che per di più, almeno in foto, non sembravano certo da buttare. I carabinieri se ne sono procurati un paio uguali, la suola è fatta «a pallini», con una serie di piccoli rilievi di gomma. Proprio come quelli che appaiono nella più nitida delle orme rimaste sul sangue di Chiara. Adesso si attendono i risultati dei Ris anche su queste orme. Intanto la Procura di Vigevano non farà ricorso alla decisione del gip di lasciare libero Alberto Stasi.
Dagospia 30 Settembre 2007