IN MERITO ALLA VICENDA DEL PRATICANTATO DELLA FIGLIA DI DI PIETRO, UNA LETTERA DI DELIA CIPULLO, EX DIRETTORE DEL GIORNALE DELL'IDV: "INSISTO: NON HA MAI FREQUENTATO LA MIA REDAZIONE, NON L'HO MAI VISTA".
Riceviamo e pubblichiamo:
Caro Dago,
nel corso della trasmissione Anno Zero andata in onda giovedì 28 febbraio sono stata chiamata in causa dal ministro Di Pietro che, sollecitato dal collega Telese, ospite in studio, in merito alla vicenda del praticantato della signora Anna Di Pietro, non ha esitato a definire "cattiverie" quelle da me riferite, due settimane addietro, ad un quotidiano nel corso di una intervista. Soltanto per dovere di precisione e di completezza e anche perché non si finisca per attribuirmi, volontariamente o involontariamente, un ruolo che in questa vicenda io non ho avuto, se non per avere semplicemente risposto alle domande di un collega, voglio chiederti ospitalità e tornare brevemente sulla vicenda per sottolineare che:
- a dispetto di quanto dichiarato in diretta tv dall'onorevole Di Pietro nessuno, tantomeno io, ha mai orchestrato "cattiverie" (per riportare le parole del ministro) nei confronti della signora Anna Di Pietro. In piena coscienza e nel rispetto della deontologia professionale ho soltanto, da direttore responsabile del quotidiano "Italia dei Valori", risposto a chi me lo chiedeva quello che è vero e dimostrabile: che la signora Di Pietro, assunta con contratto da praticante giornalista nel 2006, quando l'allora organo dell'IDV vide la luce, non ha mai frequentato la mia redazione.
Non l'ho mai conosciuta e, dunque, non vedo perché dovrebbero scuotermi le parole del ministro quando, per - legittimamente - prendere le difese di un suo familiare, minaccia di portare in tribunale chi ha soltanto parlato pubblicamente di una situazione reale.
Nulla so - e qui poco rileva - delle successive determinazioni dell'aspirante giornalista, a favore della quale comunque sono state erogati i contributi previdenziali di legge.
Che io sia stata più volte sollecitata (anche telefonicamente) a rilasciare una certificazione per la signora è un fatto e se l'onorevole Di Pietro contestasse ancora davanti ad una platea così folta di telespettatori - con evidente danno alla mia immagine - la veridicità delle mie dichiarazioni, mi vedrò costretta a dimostrarla, questa volta nelle sedi più opportune e nonostante la reciproca (credo!) stima che, negli anni in cui ho diretto l'organo del suo partito, ha informato i nostri rapporti.
In ogni caso non credo di dovermi scusare, come sollecitato in trasmissione dal ministro, con una persona che NON CONOSCO se non come una praticante, assunta a tempo indeterminato, che pure MAI HO INCONTRATO, né presso la redazione del giornale né altrove. Posso solo, prendendo spunto dalle parole riferite dal ministro ad Annozero, pensare che l'aspirante giornalista abbia cambiato idea sin da subito e non si sia procurata di comunicare (cosa che allo stato, per quanto mi consta, non è ancora avvenuta) al datore di lavoro e al direttore l'intenzione di dimettersi.
La mia perfetta buona fede, così spesso, ultimamente, messa in discussione, è dimostrata dalla circostanza che, sebbene variamente sollecitata in proposito, dopo quella prima ed unica intervista non sono più tornata sull'argomento. In buona sostanza, sono quindi io a dichiararmi disponibile ad accettare le scuse di chi riterrà opportuno di dovermele rappresentare e nelle sedi che riterrà più opportune.
Delia Cipullo
Dagospia 29 Febbraio 2008
Caro Dago,
nel corso della trasmissione Anno Zero andata in onda giovedì 28 febbraio sono stata chiamata in causa dal ministro Di Pietro che, sollecitato dal collega Telese, ospite in studio, in merito alla vicenda del praticantato della signora Anna Di Pietro, non ha esitato a definire "cattiverie" quelle da me riferite, due settimane addietro, ad un quotidiano nel corso di una intervista. Soltanto per dovere di precisione e di completezza e anche perché non si finisca per attribuirmi, volontariamente o involontariamente, un ruolo che in questa vicenda io non ho avuto, se non per avere semplicemente risposto alle domande di un collega, voglio chiederti ospitalità e tornare brevemente sulla vicenda per sottolineare che:
- a dispetto di quanto dichiarato in diretta tv dall'onorevole Di Pietro nessuno, tantomeno io, ha mai orchestrato "cattiverie" (per riportare le parole del ministro) nei confronti della signora Anna Di Pietro. In piena coscienza e nel rispetto della deontologia professionale ho soltanto, da direttore responsabile del quotidiano "Italia dei Valori", risposto a chi me lo chiedeva quello che è vero e dimostrabile: che la signora Di Pietro, assunta con contratto da praticante giornalista nel 2006, quando l'allora organo dell'IDV vide la luce, non ha mai frequentato la mia redazione.
Non l'ho mai conosciuta e, dunque, non vedo perché dovrebbero scuotermi le parole del ministro quando, per - legittimamente - prendere le difese di un suo familiare, minaccia di portare in tribunale chi ha soltanto parlato pubblicamente di una situazione reale.
Nulla so - e qui poco rileva - delle successive determinazioni dell'aspirante giornalista, a favore della quale comunque sono state erogati i contributi previdenziali di legge.
Che io sia stata più volte sollecitata (anche telefonicamente) a rilasciare una certificazione per la signora è un fatto e se l'onorevole Di Pietro contestasse ancora davanti ad una platea così folta di telespettatori - con evidente danno alla mia immagine - la veridicità delle mie dichiarazioni, mi vedrò costretta a dimostrarla, questa volta nelle sedi più opportune e nonostante la reciproca (credo!) stima che, negli anni in cui ho diretto l'organo del suo partito, ha informato i nostri rapporti.
In ogni caso non credo di dovermi scusare, come sollecitato in trasmissione dal ministro, con una persona che NON CONOSCO se non come una praticante, assunta a tempo indeterminato, che pure MAI HO INCONTRATO, né presso la redazione del giornale né altrove. Posso solo, prendendo spunto dalle parole riferite dal ministro ad Annozero, pensare che l'aspirante giornalista abbia cambiato idea sin da subito e non si sia procurata di comunicare (cosa che allo stato, per quanto mi consta, non è ancora avvenuta) al datore di lavoro e al direttore l'intenzione di dimettersi.
La mia perfetta buona fede, così spesso, ultimamente, messa in discussione, è dimostrata dalla circostanza che, sebbene variamente sollecitata in proposito, dopo quella prima ed unica intervista non sono più tornata sull'argomento. In buona sostanza, sono quindi io a dichiararmi disponibile ad accettare le scuse di chi riterrà opportuno di dovermele rappresentare e nelle sedi che riterrà più opportune.
Delia Cipullo
Dagospia 29 Febbraio 2008