CANTANAPOLI: DOPO TOTO' E LA PIZZA, ECCO LA DIFFAMAZIONE A "MEZZO QUADRO"

Articolo pubblicato dal quotidiano "Il Mattino"
L'appuntamento è per giovedì mattina, davanti al giudice monocratico della nona sezione penale. Finisce in un'aula di giustizia la vicenda che vede opposti tre autorevoli personaggi che hanno fatto la storia dell'Accademia delle Belle Arti di Napoli: l'ex direttore Gianni Pisani e due docenti, Maria Teresa Penta ed Armando De Stefano.

Pisani - che è difeso dall'avvocato Salvatore Maria Sergio - è imputato di diffamazione. Avrebbe, secondo l'accusa formalizzata dal Pm Danilo Riva, offeso la reputazione dei due docenti utilizzando uno strumento inedito e originalissimo. Un'opera d'arte. Per questo, giovedì, i giudici saranno chiamati a confrontarsi con un caso che può a giusta ragione definirsi di diffamazione a mezzo quadro.

La storia risale al maggio 1999, quando Pisani espone nelle scuderie di Palazzo Reale dodici quadri, inserite in un più ampio contesto di 100 opere, ispirate al mondo dell'Accademia. Due tele, dalla forte titolazione, diventano ben presto oggetto dell'attenzione dei professori Penta e De Stefano: La vedova allegra e Il papa nero più stronzetto nero. Perché - sostengono i docenti (rappresentati dall'avvocato Giovanbattista Vignola) - quelle tele rappresentano proprio il loro ritratto, frutto di "una singolare vendetta" che sarebbe scaturita all'indomani dell'esclusione dello stesso Pisani dalla direzione dell'Accademia. E a sostegno della loro tesi, Penta e De Stefano indicano anche un altro elemento. In occasione della mostra, infatti, venne pubblicato anche un pamphlet firmato da Roberto Ciuni, "Racconto di racconti dipinti", all'interno del quale lo stesso Pisani fornisce un'interpretazione diretta sui soggetti ispiratori delle opere dai titoli.

L'Arte contro l'Arte, insomma, per una questione che, vista così come viene prospettata dai querelanti, ricorda la vicenda che oppose, (con minori sfracelli giudiziari) nientemeno che il grande Michelangelo a Pier Soderini. All'artista che lavorava per completare la Cappella Sistina, il Cancelliere pontificio fece pesare quella fastidiosissima abbondanza di nudi che poco avrebbero avuto a che fare con la sacralità del luogo. Michelangelo ascoltò le doglianze del nobile e abbozzò. E per tutta risposta aggiunse, divorato per di più dalle fiamme dell'Inferno, un nuovo personaggio, ovviamente nudo, il cui viso era straordinariamente somigliante a quello di Soderini. Giovedì inizia il processo, nel corso del quale sul banco dei testimoni, sfileranno nomi eccellenti: da Dario Fo a Vittorio Sgarbi, da Umberto Eco a Gino Dorfles, Marco Pannella, Nicola Spinosa e Mario De Cunzo.

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