1. NON SOLO IL PRESIDENTE DEL SANTANDER BOTIN, NEI GIORNI CALDI DEL “PACCO” ANTONVENETA, MUSSARI INCONTRAVA TUTTI: DA BAZOLI E PASSERA A PROFUMO, DA CARLO DE BENEDETTI A ROMANO PRODI PASSANDO PER GOTTI TEDESCHI E SALVATORE LIGRESTI 2. LO STRANO CASO DI BAZOLI: IMPONE AL “CORRIERE” DI RICORDARE LA SUA CONTRARIETÀ A MUSSARI ALL’ABI, MA ALL’EPOCA SMENTÌ. E PATUELLI LO IMPALLINA: “VOTÒ SÌ CON GLI ALTRI” 3. IL FILO ROSSO DELLA MASSONERIA CHE COLLEGA I MANAGER MPS IN QUOTA DS: DA DE BUSTIS A BELLAVEGLIA A MUSSARI, PASSANDO PER IL PRESIDENTE DELL’AEROPORTO VIANI (INDAGATO INSIEME A MUSSARI). E TRA I CONSULENTI LEGALI DEL MONTE RITROVIAMO LO STUDIO DI GUSTAVO RAFFI, ATTUALE GRAN MAESTRO DEL GRANDE ORIENTE D'ITALIA 4. L'AFFARE S'INGROSSA, IL “SOLE 24 ORE” ALLARGA IL CAMPO DELL'INCHIESTA: “IL MANAGER BALDASSARRI È RITENUTO VICINO A MUSSARI E ALL'EX SINDACO PD CECCUZZI”

1. AGENDA MUSSARI: DA BAZOLI A PROFUMO, DA PASSERA A PRODI, NEI GIORNI CALDI DI ANTONVENETA IL PRESIDENTE MPS INCONTRA TUTTI
Walter Galbiati e Francesco Viviano per "La Repubblica"


L'agenda è quella del 2007, l'anno prima della "grande" operazione Antonveneta. E gli appuntamenti sono quelli degni di un presidente della terza banca del Paese. Giuseppe Mussari, numero uno del Monte dei Paschi, annota gli incontri con tutti i grandi della finanza italiana da Bazoli e Passera (Intesa) a Profumo (Unicredit), da Gotti Tedeschi (Ior) a Iozzo (SanPaolo) fino a De Benedetti e Zonin.

Ma anche con i personaggi minori, locali, che danno l'idea dei rapporti che ruotano intorno a Rocca Salimbeni. Tra una lezione di inglese, un pranzo in qualche associazione e l'inaugurazione di una chiesa in contrada del Drago, Mussari piazza gli appuntamenti per l'acquisizione del secolo.
A gennaio 2008 il Monte dei Paschi presenterà alla Banca d'Italia l'istanza per rilevare Antonveneta dal Banco Santander.

Ed è tra il 15 novembre e il 28 novembre dell'anno prima che Mussari si gioca la partita. Le date sono importanti, perché potrebbero rivelare come gli spagnoli siano stati solo il tramite per far arrivare la banca italiana nelle mani del Monte dei Paschi. L'8 ottobre 2007 il Santander annuncia solennemente di aver chiuso con successo l'offerta pubblica di acquisto su Abn Amro, ma già ad agosto, Emilio Botin, capo dell'esecutivo della banca decide di cedere la controllata padovana.

L'incontro con Mussari è fissato per il 15 novembre. È decisivo, al resto ci dovrà pensare l'advisor, Rothschild. Sarà Alessandro Daffina con cui Mussari ha un appuntamento il 28 dello stesso mese a fissare il prezzo definitivo. Dagli 8 miliardi di ottobre si arriva a 9 miliardi e l'operazione si chiude.

Tutto avviene in pochi mesi e senza due diligence sui conti di Antonveneta, come ha denunciato l'ex sindaco della banca Tommaso Di Tanno, oggi indagato, come se già prima di acquistare Abn Amro, il Santander sapesse che la controllata padovana sarebbe finita in mano al Monte dei Paschi.
Certo gli affari con Botin sono importanti, ma Mussari non può venir meno al rapporto col territorio e con la politica che gli ha consegnato lo scettro della banca.

Le relazioni sono a 360 gradi. Se l'appoggio del Pd locale è scontato, Mussari deve comunque badare al consenso dei possibili oppositori. Il 28 maggio di quell'anno incontra Casini, probabilmente il leader dell'Udc e genero di Francesco Gaetano Caltagirone, azionista e vicepresidente del Monte dei Paschi.

Incontra più volte Andrea Pisaneschi, consigliere dell'Mps grazie all'appoggio di Denis Verdini, coordinatore nazionale del Pdl e padre padrone del Credito Cooperativo fiorentino, la banca finita sotto la tutela di Banca d'Italia peri prestiti facili agli amici degli amici. Un giochetto di contrade nel quale è rimasto invischiato anche il Monte dei Paschi.

I magistrati fiorentini stanno infatti scavando sulle modalità di un prestito da 150 milioni di curo concesso da un pool di banche, tra cui il Monte dei Paschi e il Credito di Verdini, alla Btp, la società del gruppo Fusi finita nelle indagini sui grandi eventi della protezione civile.
Mussari non dimentica di occuparsi nemmeno dell'aeroporto di Siena. Il 28 e il 129 maggio ha una riunione con i rappresentanti del Fondo Galaxy che dovranno sviluppare lo scalo toscano, sul quale è aperta un'altra inchiesta della procura senese.

A novembre, tre altri appuntamenti importanti: il 6 con l'avvocato Lombardi Stronati, presidente del Siena Calcio, cacciato poi per far posto al vertice del club del calcio all'immobiliarista romano Mezzaroma, il 7 con Marco Morelli, ex capo della finanza dell'Mps per l'Opa su Sopaf, la società dei fratelli Magnoni e l'8 novembre con il tributarista Di Tanno che ai tempi si occupava per la banca anche della maxi multa per l'esterovestizione della Bell, la cassaforte lussemburghese con la quale Emilio Gnutti e Roberto Colaninno con l'appoggio dell'Mps, avevano scalato la Telecom. Per chiudere l'anno in bellezza, a metà dicembre Mussari incontra Prodi, (Romano, a meno di casi di omonimia) e Salvatore Ligresti, anche lui azionista, prima di cadere in disgrazia della banca toscana.

2. SE PURE BAZOLI SI TURA IL NASO
Da "Il Giornale" - I banchieri italiani hanno votato all'unanimità Giuseppe Mussari come loro presidente. E della commissione che lo ha scelto faceva parte Giovanni Bazoli, presidente di Intesa San Paolo. Questo era scritto nell'editoriale del Corriere di venerdì. Banale ma anche, pare, spiacevole. Tanto che ieri via Solferino ha dovuto subito correre ai ripari. In un imbarazzato articoletto il giornale ha scoperto che Bazoli su Mussari aveva delle perplessità (mai espresse pubblicamente). Che Bazoli sia tra i principali soci del Corriere è puramente casuale.

3. PATUELLI, SCONCERTATO DALLA VICENDA: 'MUSSARI? ANCHE BAZOLI VOTO' PER LA CONFERMA ALL'ABI'
(ANSA) - Su Mps ''il mio giudizio da lettore dei giornali e' di sconcerto, sono sconcertato e di conseguenza continuero' a leggere con attenzione. Per fortuna ci sono persone che ne sanno piu' di noi e hanno il compito di accertare e ricostruire i fatti''. Lo afferma il neopresidente dell'Abi, Antonio Patuelli, che in un'intervista a Repubblica ribadisce l'esigenza di liberare le banche dall'influenza della politica. ''Le banche devono essere distinte e distanti dalla politica. Il banchiere deve essere e apparire come e' e appare il sacerdote'', dice Patuelli.

''Questo vale anche per i conflitti di interesse e le pressioni nell'erogare crediti. E' il lavoro piu' complesso del mondo, va svolto con grande asetticita'''. Quanto alle fondazioni, ''ce ne sono 89, e molto diverse tra loro''. Nella fondazione Mps ''ci vedo un caso, non ne vedo decine''. In merito all'ex presidente dell'Abi Giuseppe Mussari, ''in associazione vi fu collegialita' sul suo conto, e non abbiamo mai avuto elementi di sorpresa'', rileva Patuelli. ''A giugno il professor Bazoli mi disse che avrebbe cercato maggiori informazioni sul suo conto, ma evidentemente non le trovo', tanto che voto' anche lui insieme agli altri saggi per la conferma di Mussari''.

Nell'intervista, Patuelli auspica l'Unione bancaria e un sistema creditizio piu' europeo. ''L'Italia non e' piu' al centro del mondo bancario, come pensavano nel '300, e tanto meno della produzione normativa'', dice. ''Il nostro orizzonte non deve essere nazionale e tanto meno nazionalistico. Da Bruxelles e Francoforte vengono le novita'''.

3. IL FILO ROSSO DELLA MASSONERIA LEGA I MANAGER MPS TARGATI DS
Giuseppe Oddo per "Il Sole 24 Ore"


«Penso si debba indagare su tre filoni: gestione del personale, gestione dei crediti e gestione degli immobili». Pierluigi Piccini è stato sindaco di Siena per quasi undici anni, fino al maggio 2001, e sul Monte dei Paschi ha la memoria lunga. Dice: «La Procura, cui si dovrebbero concedere più mezzi per permetterle di sviluppare le indagini, dovrebbe ascoltare coloro che sono stati a capo di questi settori». Nel 2004 i Democratici di sinistra (poi confluiti nel Pd) hanno espulso Piccini dal partito: «Non ero ritenuto affidabile». Da allora ha cominciato a disamorarsi della politica.

A fine 2012 ha anche ricevuto il benservito dalla Banca, dove aveva prestato servizio per 36 anni. È uscito con altri 105 dirigenti per il piano di riduzione del personale predisposto da Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, il nuovo vertice di Rocca Salimbeni: traumatico cambiamento di rotta per una città i cui abitanti sono perla maggior parte dipendenti, pensionati o in qualche modo beneficiati dal Monte. Oggi a 60 anni ha deciso di prendere una seconda laurea, in teologia, per completare gli studi in filosofia. Ma non ha affatto l'aria dell'asceta.

Gli chiediamo perché bisognerebbe indagare su quei tre fronti. Risponde: «Perché va ricostituito il clima di fiducia nei confronti dei cittadini, dei clienti e degli impiegati della banca». Di più non gli si riesce a scucire. Di certo c'è che pochi mesi fa Viola ha costretto a dimettersi dalla banca il vicedirettore generale vicario, Fabrizio Rossi, che ricopriva il ruolo di capo del personale, e che in precedenza aveva spinto fuori il direttore centrale dell'area finanza, Gianluca Baldassarri, manager vicino all'ex presidente Giuseppe Mussari e all'ex sindaco Francesco Ceccuzzi.

Nell'erogazione del credito si chiacchiera dell'affidamento concesso dal Monte ad aziende come il Pastificio Amato, sulla cui bancarotta ha indagato la Procura di Salerno. E sugli immobili grava l'interrogativo della cessione dei beni strumentali che ospitano le filiali della banca, poi ripresi in affitto con contratti di lungo termine.

Piccini rivela, a distanza di molti anni, i particolari dell'acquisizione della Banca del Salento: operazione che ha rappresentato lo spartiacque tra la prudenza gestionale di un tempo, quando la banca aveva un patrimonio che sembrava inattaccabile, e lo scialo di risorse degli anni successivi. Racconta: «L'operazione fu suggerita da Nerio Nesi, il quale era amico dell'azionista di maggioranza, la famiglia Semeraro. La vicenda fu gestita dall'allora presidente, Pierluigi Fabrizi, e dal vicepresidente Stefano Bellaveglia, che era punto di riferimento della federazione del Pds senese nella banca e aveva i collegamenti col partito a Roma. Fu fatta una due diligence firmata da Antonio Vigni, che poi divenne direttore generale, e che fu avvalorata dalla società di revisione Kpmg. Il prezzo di acquisto lievitò per la concorrenza del Sanpaolo-Imi. Alla fine il Monte sborsò 2.500 miliardi di lire, di cui il 50% in contanti e il 50% in titoli. Ma l'operazione si perfezionò e si chiuse solo nel 2005».

In realtà Siena fu costretta a investire almeno altri mille miliardi di lire nella Banca del Salento.
Nel frattempo il cattolico Divo Gronchi, al quale era stata promessa invano la nomina ad amministratore delegato, è indotto a lasciare la direzione generale di Rocca Salimbeni. Gli subentra Vincenzo De Bustis, uomo gradito a Massimo D'Alema. È da lì che prende le mosse il processo di fidelizzazione e di laicizzazione del management al Pd. Il processo sfocerà anni dopo nell'ascesa di Mussari.

Ê il periodo in cui tra i consulenti legali del Monte ritroviamo lo studio dell'avvocato Gustavo Raffi, attuale gran maestro del Grande oriente d'Italia. Vicino alla massoneria era considerato lo stesso De Bustis. Aveva rapporti con quel mondo Bellaveglia, pur non essendo iscritto ad alcuna loggia. E i legami con la libera muratoria proseguiranno in epoca successiva. Mussari entrerà in rapporti con il direttore del "Corriere di Siena", Stefano Bisi, della cui appartenenza alla massoneria toscana non ha mai fatto mistero.

E un altro massone, Enzo Viani, dipendente in pensione del Monte, sarà nominato presidente dalla società per l'aeroporto di Ampugnano. Proprio l'ampliamento di Ampugnano costerà a Mussari una richiesta di rinvio a giudizio per turbativa d'asta, su cui è atteso a breve il pronunciamento del giudice per le udienze preliminari.

 

PIERLUIGI BERSANI E MUSSARIPIERLUIGI BERSANI GIUSEPPE MUSSARI Emilio BotinMinistro Passera Profumo Alessandro CARLO DEBENEDETTI prodi jpegETTORE GOTTI TEDESCHI gotti tedeschi jpegSalvatore LigrestiGiovanni Bazoli an43 debustisGUSTAVO RAFFI - copyright PizziCECCUZZI gianluca baldassarri

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