O ALITAGLIA, O FALLISCI - AIRFRANCE NON ABBOCCA: PRETENDE RIDUZIONE DEL DEBITO, MAGGIORI GARANZIE E UN NUOVO PIANO INDUSTRIALE

Alessandro Barbera per "la Stampa"

Nella complicata partita a tre sul futuro della ex compagnia di bandiera ci sono ancora diversi tasselli da mettere al loro posto. Per averne conferma basta leggere l'ultima riga del gelido comunicato spedito da Parigi e Amsterdam dopo il consiglio di amministrazione seguito in videoconferenza: «Air France-Klm ha approvato il piano d'urgenza per permettere ad Alitalia di continuare a volare».

La nota riduce il sì dei soci stranieri alla mera assunzione di responsabilità dovuta da qualunque amministratore di fronte alla prospettiva del fallimento. I franco-olandesi, memori dei precedenti, non si fidano ancora.

A Jean-Cyril Spinetta - uno dei quattro consiglieri stranieri ed ex presidente del colosso - basta ripensare a cinque anni fa, quando dovette rinunciare alla fusione con il contratto pronto per essere firmato. Il consigliere olandese Peter Hartman ha invece impresso nella memoria il 1998 e il progetto di nozze proposto dall'allora numero uno Domenico Cempella.

La politica italiana stava inaugurando Malpensa e non sapeva che hub scegliere per Alitalia. Risultato: accordi stracciati e un contenzioso per danni.
Qui la politica c'entra un po' meno, in compenso ci sono diversi azionisti, alcuni dei quali piccoli imprenditori, tirati per la giacca cinque anni fa dall'attivismo di Berlusconi. I franco-olandesi vogliono anzitutto capire chi e quanti sono i soci che hanno effettivamente le risorse e la volontà di proseguire nell'avventura. Per questo attendono le delibere di ciascun consiglio di amministrazione.

Aspettano di vedere gli atti formali di Poste che ha promesso di sottoscrivere fino a 75 milioni di inoptato. Vogliono garanzie sulla modifica del Piano industriale di Alitalia (che ritengono troppo sbilanciato sul lungo raggio e per questo irrealistico) e sulla nomina di un nuovo capoazienda. Insistono - e questo è forse il punto più delicato della trattativa - sulla questione debito: dei quasi 1,3 miliardi di esposizione totale, ci sono fra i 300 e i 400 milioni non assistiti da garanzie reali.

Nei contatti di queste ore emerge la richiesta decisa dei transalpini a Intesa Sanpaolo, Unicredit e alle altre banche creditrici di farsi carico della ristrutturazione finanziaria di Alitalia. Se su questi punti non ci sarà chiarezza, Air France-Klm è pronta al passo indietro e alla rinuncia all'aumento di capitale. C'è tempo fino al 14 novembre, ovvero trenta giorni dall'assemblea degli azionisti di lunedì prossimo.

Il codice civile parla chiaro. L'assemblea convocata per deliberare l'aumento da 300 milioni non vincola gli azionisti al sì. Per questo è possibile, se non probabile, che lo stesso voto favorevole espresso oggi in consiglio dai tre membri francesi e dall'olandese venga confermato in assemblea dalla società.

Qualunque sarà l'orientamento (sì, no, astensione) da quel momento in poi Air France-Klm avrà comunque trenta giorni per decidere se e per quale ammontare partecipare all'aumento. L'ultimo giorno utile è il 14 novembre: se decidessero per il no, la quota si diluirebbe al 10%. Per la cordata italiana e per il governo sarebbe un problema, perché banche e Poste hanno garantito la copertura dell'aumento di capitale fino a 175 milioni di euro sui 300 deliberati. Insomma, i soci italiani dovrebbero sottoscrivere l'aumento per i restanti 125 milioni. Non moltissimi per una operazione del genere, abbastanza per far saltare definitivamente il banco.

 

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