LA CONTROMOSSA DI BEBÉ - BERNABÈ VUOLE L’AUMENTO DI CAPITALE PER DILUIRE LA QUOTA DI TELEFONICA (MA DIMENTICA L’ART. QUINTO: CHI HA I SOLDI HA VINTO)

Massimo Sideri per "Il Corriere della Sera"

1999-2013. Allora su Telecom Italia incombeva l'Opa di Roberto Colaninno ed Emilio Gnutti e al governo c'era Massimo D'Alema. Oggi non c'è nessuna Opa in circolazione (per ora), Telefonica è già salita in Telco al 66% e a Palazzo Chigi c'è Enrico Letta. Il quadro è totalmente diverso. Ma, per molti versi, il copione sembra lo stesso di 14 anni fa. Oggi come allora la contromossa del presidente di Telecom Franco Bernabè - che nel ‘99 era amministratore delegato - potrebbe essere quella di chiamare a difesa un aumento di capitale.

E non finisce qui: anche allora si discusse della possibilità di modificare alcune regole dello statuto della società come oggi si sta ragionando sull'introduzione di una soglia da Opa «ad aziendam». Andiamo per ordine: dopo la famosa assemblea andata deserta del 10 aprile del ‘99, quella in cui il governo non esercitò la Golden share (altro tema che ritorna in questi giorni), tramontata ormai la possibilità di un'Opa su Tim per rendere troppo onerosa quella di Olivetti, Bernabé puntò su un aumento di capitale per fondersi con Deutsche Telekom.

Il progetto considerato politicamente inaccettabile (Telecom Italia era stata privatizzata solo nel ‘97 mentre il gruppo tedesco era ancora dello Stato) sfumò.
Ora l'ipotesi di un aumento potrebbe riproporsi al consiglio del 3 ottobre. «Se Bernabè proponesse l'aumento noi lo appoggeremmo» ha detto ieri Massimo Egidi, consigliere indipendente Telecom. «Come indipendenti rispecchiamo quello che i fondi e i piccoli azionisti chiedono.

Facciamo gli interessi di circa l'80% del capitale che è mal rappresentato, prendiamo una posizione di difesa degli azionisti di minoranza e di Telecom stessa» ha aggiunto Egidi ricalcando quanto espresso dall'altro consigliere indipendente, Luigi Zingales, il giorno prima.

Oggi non ci sono i tedeschi ma potrebbero esserci i cinesi di H3g, l'imprenditore egiziano Naguib Sawiris o, anche, gli americani di At&t. L'affaire Telecom potrebbe così trasformarsi in una guerra di aumenti di capitale: asincroni e in concorrenza.

Certo, per funzionare, dovrebbe essere un aumento molto pesante: da oltre 3 miliardi di euro. Questo perché con Telefonica già salita con il proprio aumento al 66% di Telco, la cassaforte che detiene il 22,4% di Telecom, la cifra dovrebbe essere tale da diluire la quota spagnola e superarla parallelamente con quella del nuovo nocciolo duro. Ma non basta. L'aumento di capitale dovrebbe essere accettato e votato in sede di assemblea straordinaria dei soci.

Potendo gli spagnoli contare sul «no» per definizione di almeno il 22,4% bisognerebbe riunire non poche azioni parcellizzate. Dopo Telco nel capitale Telecom c'è la famiglia Fossati con il 4,99%, Ubs con un pacchetto del 2%, alcuni fondi con quote inferiori al 2% e una miriade di piccoli investitori.

Ma come ricorda Franco Lombardi dell'Asati, l'associazione che riunisce i piccoli azionisti Telecom «dopo il consiglio dove secondo i miei calcoli l'aumento di capitale potrebbe anche avere la maggioranza bisognerà passare dall'assemblea dove negli ultimi anni in media si è presentato il 50,8% del capitale. Questo perché 400 mila azionisti sono piccolissimi e di questi l'Asati rappresenta solo l'1%». Il punto è che per l'aumento è necessario il voto positivo di almeno i due terzi del capitale, dunque anche con la presenza del 50% degli azionisti la partita si arenerebbe.

Esattamente come avvenne, per continuare a cercare dei parallelismi, con l'assemblea del 10 aprile che si tenne a Torino, dove allora aveva la sede legale Telecom dai tempi della vecchia Sip (che infatti voleva dire Società idroelettrica piemontese): Bernabè al tempo aveva sperato di riunire almeno il 30%, soglia sotto la quale non si poteva deliberare il nuovo piano.

Ma l'azionariato parcellizzato da public company non permise di raggiungere la quota. «Per questo - conclude Lombardi - stiamo chiedendo anche di favorire e semplificare la raccolta delle deleghe. Oggi bisogna andare almeno due volte in banca e in alcuni istituti bisogna anche pagare».

Altra exit strategy potrà essere quella dell'Opa «ad aziendam». Come ha annunciato il sottosegretario al Tesoro, Alberto Giorgetti, nel corso di un'audizione in Senato sulla vicenda Telecom «le società potrebbero essere autorizzate a definire in via statutaria una soglia inferiore a quella stabilita per legge». Ma anche quella delle modifiche statutarie al tempo non portò fortuna all'azienda.

 

BERNABE cb a b f ee ktYD U WRB x LaStampa BERNABE d fb a a a df f ed da cf ANDREA RAGNETTI E ROBERTO COLANINNOLUIGI ZINGALES ALBERTO GIORGETTI SOTTOSEGRETARIO ECONOMIA

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni alberto stefani luca zaia matteo salvini sondaggio

DAGOREPORT – VENETO DI PASSIONI PER IL CENTRODESTRA: LA VITTORIA DI ALBERTO STEFANI È SCONTATA, MA A CONTARE DAVVERO SARANNO I NUMERI! SECONDO IL SONDAGGIO DI PAGNONCELLI, IL GIOVANE LEGHISTA CON CIUFFO GIAMBRUNESCO È AL 62,8%, CONTRO UN MISERO 26,9% DEL CANDIDATO DI SINISTRA, GIOVANNI MANILDO. UN OTTIMO RISULTATO, MA SOLO SE NON SI RICORDA COSA AVVENNE CINQUE ANNI FA: ZAIA VINSE CON IL 76,79% DEI VOTI, E BASTÒ LA SUA LISTA, INSIEME A QUELLA DELLA LEGA, PER OTTENERE IL 61,5%. OGGI CI VUOLE TUTTO IL CENTRODESTRA UNITO PER RAGGIUNGERE LA STESSA CIFRA – LO SPETTRO DEL SORPASSO DI FDI SUL CARROCCIO: SE LE TRUPPE MELONIANE OTTENESSERO PIÙ VOTI, CHE FINE FAREBBE LA GIÀ FRAGILE LEADERSHIP DI SALVINI?

giorgia meloni matteo salvini antonio tajani giancarlo giorgetti

DAGOREPORT - COME MAI LADY GIORGIA INFLIGGE ALLA “NAZIONE”, IN VISTA DEL 2026, UNA FINANZIARIA COSÌ MICRAGNOSA, CORRENDO IL RISCHIO DI PERDERE CONSENSI? - UNA MISERIA DI 18 MILIARDI CHE, AL DI LÀ DELL’OPPOSIZIONE, STA FACENDO SPUNTARE LE CORNA DEL TORO AGLI ALLEATI SALVINI E TAJANI, MENTRE RUMOREGGIANO I VAFFA DI CONFINDUSTRIA E DEI MINISTRI COSTRETTI AD USARE L’ACCETTA AL BILANCIO DEI LORO DICASTERI (TAGLIO DI 89 MILIONI ALLA DISASTRATA SANITÀ!) – LA DUCETTA HA UN OTTIMO MOTIVO PER LA MANOVRA MIGNON: FINENDO SOTTO IL 3% DEL PIL, IL GOVERNO ALLA FIAMMA USCIRÀ CON UN ANNO IN ANTICIPO DALLA PROCEDURA DI INFRAZIONE PER DEFICIT ECCESSIVO ATTIVATA DALL'EUROPA NEL 2024. COSÌ SARÀ LIBERA E BELLA PER CONFEZIONARE NEL 2026 UNA FINANZIARIA RICCA DI DEFICIT, SPESE E "MENO TASSE PER TUTTI!", PROPRIO IN PERFETTA COINCIDENZA CON I TEMPI DELLE POLITICHE DEL 2027 - E GLI ITALIANI NELLA CABINA ELETTORALE POTRANNO COSÌ RICOMPENSARE LA BONTÀ DELLA REGINA GIORGIA…

shooting calendario pirelli 2026

A PRAGA SI SVAGA! – UNA PARATA DI STELLE STA PER INVADERE LA CITTÀ DI FRANZ KAFKA: PER LA PRESENTAZIONE DEL CALENDARIO PIRELLI 2026 VENERDÌ 14, ALLA MUNICIPAL HOUSE, SONO ATTESI 500 ILLUSTRI OSPITI ACCOLTI DA MARCO TRONCHETTI PROVERA CHE AVRÀ AL SUO FIANCO TANTO BEL MONDO: DA TILDA SWINTON A GWENDOLINE CHRISTIE, GUERRIERA NEL ‘’TRONO DI SPADE’’, DALLE MODELLE IRINA SHAYK ED EVA HERZIGOVA, DALLA STILISTA SUSIE CAVE ALLA TENNISTA VENUS WILLIAMS, DA LUISA RANIERI A FAVINO – NON MANCHERÀ CHIARA FERRAGNI ALLACCIATA ALL’EREDE GIOVANNI TRONCHETTI PROVERA…

sigfrido ranucci giovambattista fazzolari

DAGOREPORT - UCCI UCCI, TUTTO SUL CASO RANUCCI: DAI PRESUNTI CONTATTI DI SIGFRIDO CON I SERVIZI SEGRETI PER L'INCHIESTA DI "REPORT" SUL PADRE DI GIORGIA MELONI AL PEDINAMENTO DI SIGFRIDO, CHE COINVOLGEREBBE FAZZOLARI, IL BRACCIO DESTRO (E TESO) DI LADY GIORGIA – RANUCCI, OSPITE IERI SERA DI BIANCA BERLINGUER, HA PRECISATO, MA CON SCARSA CHIAREZZA, COSA E' ACCADUTO NELLE DUE VICENDE: “NON SONO STATO SPIATO DA FAZZOLARI. SO CHE È STATO ATTIVATO UN MECCANISMO PER CAPIRE CHI FOSSE IL NOSTRO INFORMATORE. SI TEMEVA FOSSE QUALCUNO DEI SERVIZI, MA NON È ACCADUTO” - SULL'ALTRA VICENDA DEL PEDINAMENTO: "NON SO SE SONO STATO SEGUITO MATERIALMENTE" – RIGUARDO L'ATTENTATO: "NON HO MAI PENSATO CHE DIETRO CI FOSSE UNA MANO POLITICA" - DAGOSPIA CERCA DI FAR LUCE SUI FATTI E I FATTACCI... - VIDEO

giorgia meloni marina berlusconi antonio tajani

DAGOREPORT – IL DESIDERIO DI FARSI INCORONARE REGINA D'ITALIA, PER IL MOMENTO, LA MELONA LO DEVE RIPORRE NEL CASSETTO DEI SOGNI - L’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, BOCCIATA DA TUTTI I PARTITI CHE NON INTENDONO FINIRE CANNIBALIZZATI DALLA MELONI, STA MANDANDO IN PEZZI FORZA ITALIA - TAJANI FA IL POSSIBILISTA E GLI AZZURRI ESPLODONO. LASCIAMO POI PERDERE LA FAMIGLIA DI ARCORE CHE VEDREBBE SPARIRE IL NOME BERLUSCONI DAL SIMBOLO DEL PARTITO - A MILANO SI VOCIFERA DI UN TERRIBILE SCAZZO AL CALOR BIANCO TRA UN TAJANI IN MODALITA' RIBELLE E CRISTINA ROSSELLO, VICINISSIMA A MARINA - L'IDEONA DI FARSI INCORONARE "SUA MAESTA' GIORGIA I" FA STORCERE IL NASO ANCHE AI VARI POTENTATI SOTTERRANEI DEI FRATELLINI D’ITALIA (LOLLOBRIGIDA-LA RUSSA-RAMPELLI)...

zaia stefani salvini meloni fico schlein de luca

DAGOREPORT – L'ESITO DELLE REGIONALI IN VENETO, CAMPANIA E PUGLIA E' GIA’ SCRITTO MA SARA' IMPORTANTISSIMO PER “PESARE” OGNI PARTITO IN VISTA DELLE STRATEGIE PER LE POLITICHE DEL 2027 – I VOTI DELLE VARIE LISTE POTREBBERO CAMBIARE GLI EQUILIBRI INTERNI ALLE COALIZIONI: SE IN CAMPANIA E PUGLIA LE LISTE DI DECARO E DI DE LUCA FARANNO IL BOTTO, PER L'EX ROTTAMATRICE DI ''CACICCHI'' ELLY SCHLEIN SAREBBE UNO SMACCO CHE GALVANIZZEREBBE LA FRONDA RIFORMISTA DEL PD - ANCHE PER CONTE, UN FLOP DEL SUO CANDIDATO ALLA REGIONE CAMPANIA, ROBERTO FICO, SCATENEREBBE LA GUERRIGLIA DEI GRILLINI CHE DETESTANO L'ALLEANZA COL PD - LADY GIORGIA TIENE D’OCCHIO LA LEGA: SE PRECIPITA NEI CONSENSI IN VENETO, DOVE E' STATA FATTA FUORI LA LISTA ZAIA, PROVEREBBE A SOSTITUIRE IL MALCONCIO CARROCCIO CON AZIONE DI CARLETTO CALENDA...