BILL GATES CONTRO ZUCKERBERG: “INTERNET NON SALVERÀ IL MONDO. CHE CI FA CON LA CONNESSIONE UN BAMBINO CHE MUORE DI MALARIA?”


Vittorio Zucconi per "la Repubblica"

Parla come un Pontefice che non creda più in Dio: «La tecnologia e i computer non salveranno il mondo. Se stai morendo di malaria, Internet non ti curerà». Così, con il sarcasmo amaro e revisionista dell'apostolo che abbia perduto la fede, il padre del pc «in ogni casa», Bill Gates, frusta l'arroganza del creatore di Facebook Mark Zuckerberg, colui che vorrebbe avvolgere il pianeta nella propria Rete. E sembra rinnegare la fede che lo ha reso per anni l'uomo più ricco e più antipatico nel mondo.

Come è destino di tutte le rivoluzioni, che siano politiche, militari, sociali o tecnologiche, anche nella rivoluzione lanciata esattamente mezzo secolo fa in Francia dal primo personal computer chiamato "Micral", e poi imposto da Ibm, Apple, Commodore e altri, le avanguardie di ieri divengono inesorabilmente i burocrati di oggi e nuove generazioni fremono per soppiantarle. Non si sono mai amati davvero, questi "evangelisti", gli apostoli della informatizzazione del mondo, ma la polemica fra il vecchio miliardario di Microsoft e il nuovo miliardario di Facebook ha sapore di insofferenza personale.

Era stato Zuckerberg, anche lui prodotto della stessa Università di Harvard dove studiò Gates, e anche lui mai arrivato alla laurea come Gates, a lanciare la propria visione messianica di un mondo che nella Rete, possibilmente la sua, avrebbe trovato la soluzione alle piaghe dell'umanità. «La grande sfida che attende la mia generazione è collegare 5 miliardi di persone e dare a tutti accesso a Internet. Quando saranno tutti collegati, potranno decidere quale tipo di governo avere, potranno avere accesso alla conoscenza e alla sanità » aveva pontificato, nello splendore dei propri 29 anni e 20 miliardi di dollari nel portafoglio, Zuckerberg.

Dall'altra sponda del tempo, Gates gli ha risposto: «Se nella scala delle priorità più urgenti del mondo mettiamo la Rete al primo posto, ci prendiamo in giro. Pensate a questa cosa strana della quale mi sto occupando io, il vaccino per la malaria, che uccide 500 mila persone all'anno. Che cosa è più importante per loro, avere accesso alla Rete o avere accesso alla vaccinazione? Ditemelo voi».

Posta così, è una domanda retorica, alla quale Gates, che nel 2008 ha abbandonato la guida della propria creatura, Microsoft per dedicarsi, con la moglie Melinda, alla Fondazione che finanzia progetti contro la fame e le epidemia ha già risposto, al suono di 4 miliardi all'anno. Ma il suo ripensamento, quasi un pentimento, sul potere taumaturgico dei computer per tutti, porta il segno inconfondibile del tempo. Fra lui - che è coetaneo dello scomparso Steve Jobs - e Zuckerberg, come fra lui e i due ragazzi irrefrenabili di Google, Brin e Page, o i creatori di Twitter, ci sono trent'anni, una generazione che, misurata coi tempi dei processori e dei computer, è un'era geologica.

Gates, il "nerd", il secchione, l'anatroccolo bruttino e sgraziato che popolò, grazie alla scelta fatta da Ibm per i suoi primi pc di massa adottando lo MsDos, il pianeta con i suoi sistemi operativi e le sue applicazioni, sembra il classico apprendista stregone spaventato dalle conseguenza del proprio esperimento. Le follie immaginate dai due di Google con il progetto "Loon", calembour fra Balloon e Loon, svitato, di circondare il pianeta con palloni aereostatici per diffondere ovunque la Rete, non lo divertono, lo irritano.

«Pensate a un bambino asiatico o africano che si sta consumando nella diarrea e che guarda in cielo e vede un pallone, come si sentirà subito meglio. Il centro informatico di Bangalore è magnifico, ma a pochi a passi dai suoi cancelli ci sono villaggi senza acqua corrente, senza fognature, senza abbastanza da mangiare».

Se non è proprio il caso del libertino che lascia tutti i propri averi ai conventi di novizie, questo Bill Gates invecchiato che scopre il fattore umano dietro i circuiti integrati, la malaria e la dissenteria sotto i lustrini delle tablet e sente il pianto della fame dietro il ronzio dei server appare leggermente ipocrita.

La sua Microsoft, per decenni di fatto monopolista nel mercato dei sistemi operativi dei pc, spietata falciatrice di concorrenti, fu colta di sorpresa dall'avvento di quella Rete che proprio la diffusione dei pc aveva reso possibile e restò al palo di fronte all'esplosione di smartphone e tablet, il futuro della connettività. Ha un po' il sapore dell'uva colta da altri, questa conversione tardiva, questa antipatia per coloro che hanno pensato a un futuro che lui non aveva saputo immaginare.

Il dilemma fra Internet e vaccini anti-malaria, fra Rete e compresse per purificare l'acqua sembra un falso problema, come se estendere alimentazione, acqua, cure mediche, prevenzione fosse davvero possibile con i sandali del pellegrino. «Non è immaginando nuove connessioni e costruendo nuove industrie che eviteremo la morte di milioni di bambini», polemizza il Gates pensoso, alle soglie di una vecchiaia che lascia a lui e ai tre figli, con i 70 miliardi di dollari di fortuna personale, ampio spazio e tempo per pensare, perché gli Dei pagani possono anche tramontare, ma i miliardi restano.

Nessuno meglio di lui può detestare i nuovi Bill Gates, quei Brin, Page, Zuckerberg, Dorsey, Glass (creatori di Twitter) che fra 30 anni, quando una nuova generazione di profeti li avrà relegati nell'antiquariato della rivoluzione, dubiteranno della fede che avevano predicato.

 

 

 

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