LA “BOMBA” MONTEPASCHI ERA IL SEGRETO DI PULCINELLA - ALL’INIZIO DEL 2010 IL “DRAMMA” ERA GIA’ CHIARO, MA PER UN ANNO E MEZZO SONO RIUSCITI A INSABBIARE TUTTO

Gianluca Paolucci per La Stampa

La situazione di Montepaschi era tale da richiedere interventi sul capitale già all'inizio del 2010. Malgrado ciò, l'aumento non sarà realizzato fino al giugno del 2011, un anno e mezzo dopo e dopo aver incassato i Tremonti-bond per 1,9 miliardi di euro, la somma più grande tra quelle richieste dalla banche italiane, sempre nel 2011.

Non basta: anche la situazione della Fondazione Mps era drammatica già nei primi mesi del 2010, quasi due anni prima che il problema venisse palesato e reso noto al mercato e dopo un aumento di capitale di Mps che vide la Fondazione - allora oltre 50% del capitale - indebitarsi pesantemente per mantenere la propria quota.

È lo scenario che emerge da una serie di intercettazioni raccolte dalla procura di Siena sulle utenze telefoniche di Giuseppe Mussari, allora presidente di Mps e non ancora diventato numero uno dell'Abi. In una telefonata tra Mussari e Marco Morelli del 13 gennaio 2010, ad esempio, l'allora direttore finanziario della banca senese illustra al presidente i contenuti di una chiacchierata con Francesco Gaetano Caltagirone, che di Mps era socio e vicepresidente.

«Caltagirone è dell'idea di non distribuire dividendi e di intervenire sul capitale con un convertibile», annota la pg. Qualche giorno dopo lo stesso Mussari parla con Enrico Bombieri di Jp Morgan. Si parla della sostituzione di Morelli, che andrà a Intesa Sanpaolo. Serve una figura qualificata, perché «sul capitale prima o poi un'operazione bisognerà pur farla».

In quei mesi evidentemente si è andati anche più in là con le valutazioni. Mussari parla, intercettato, con Walter Gubert, presidente di Jp Morgan con responsabilità sul Sud Europa. Il banchiere illustra a Mussari l'incontro avuto con il presidente della Fondazione, Gabriello Mancini, e con il dg Parlangeli.

«Voglio che tu sappia che li abbiamo visti - dice il banchiere - abbiamo parlato di varie cose. Il presidente era molto chiaro sul fatto che un aumento di capitale è da escludere, Parlangeli era più aperto ma tutti e due hanno detto beh, aspettiamo l'iniziativa della banca... Io ho cercato di non spingere ma allo stesso tempo di mostrare che le pressioni esistevano...».

Per fare un aumento di capitale in quell'inizio di 2010, infatti, oltre la metà dei soldi dovrà venire dalla Fondazione, che altrimenti si diluirà scendendo sotto al 50%. Cosa che a Siena nessuno vuole, allora. Il caso esploderà tra la fine del 2011 e l'inizio del 2012, quando sarà palese che la Fondazione ha finito i soldi e rischia l'escussione delle azioni Mps date in garanzia alle banche finanziatrici.

Ma l'allarme scatta in realtà, si apprende oggi, già in quei primi mesi del 2010. A parlarne a Mussari è Carlo Ceccarelli, membro della Deputazione Mps. Ceccarelli si sfoga, usa parole dure e a rileggerle adesso fa una certa impressione la chiarezza di quanto accadrà.

Parla di un errore «del quale nessuno vuole assumersi la paternità» e dice al presidente della banca: «Noi porteremo al macero la Fondazione io sono molto preoccupato per l'istituzione... perché chi è Gabriello Mancini lo si sa, io ci sono amico e gli voglio anche bene, ma che non sia all'altezza lo posso dire perché non sa quanto fa uno più uno...».

E poi la stoccata finale: «È che i risultati Giuseppe non si sanno e verranno tutti a galla, verranno da qui alle elezioni del 2011 (quando si tennero le elezioni amministrative a Siena, ndr)». Profezia quasi esatta: verranno sì a galla, drammaticamente. Ma qualche tempo dopo, per le elezioni del 2013.

 

 

Mussari e Draghi GIUSEPPE MUSSARI E MARIO DRAGHI jpegGabriello ManciniMARCO MORELLI FOTO INFOPHOTOFrancesco Gaetano Caltagirone

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