1- BORDELLO MPS: TUTTI COINVOLTI, NESSUN COINVOLTO! LA CHIAMATA IN CAUSA DI PERSONALITÀ COME DRAGHI, VISCO, BASSANINI, AMATO E PERFINO IL CONTROLLORE EUROPEO DELL’EBA, ANDREA ENRIA, PORTA ACQUA AL MULINO DI CHI DIFENDE LA STABILITÀ DEL SISTEMA E NON VUOLE SPAZZOLARE FINO IN FONDO LE CASSAFORTI DELLA BANCA 2- ORA È IL TURNO DEI “MEDIATORI” CHE HANNO INCASSATO GRASSE COMMISSIONI CON IL FOLLE ACQUISTO DI ANTONVENETA: DA JPMORGAN A MARCO CARDIA, FIGLIO DI LAMBERTO 3- MANCANO ANCORA NOMI: ANDREA ORCEL, IL BANCHIERE CHE HA GIOCATO SU DUE TAVOLI IN POCHI GIORNI. PRIMA SU QUELLO DI SANTANDER, POI SU MPS, COME ADVISOR 4- E POI RUGGERO MAGNONI, IL FINANZIERE IN DISGRAZIA PER IL CRAC FAMILIARE, CHE LAVORAVA A NOMURA QUANDO SONO STATI VENDUTI AL MONTEPASCHI I DERIVATI TOSSICI 5- IL RUOLO DELLA FIGLIA DI EMILIO BOTIN, ANA PATRICIAS, CHE SEDEVA NEL CDA DELLE GENERALI E FU DETERMINANTE NEL RIFILARE A RCS IL PACCO RECOLETOS (1 MILIARDO DI BUCO)

I contradaioli del Palio che fino a pochi giorni fa prendevano il caffè nei bar della Piazza del Campo, si sono trasferiti in massa davanti a Villa Sassi, la residenza che prende il nome dalla moglie di Peppiniello Mussari.

Prima di ogni altra cosa a loro interessa sapere se è vero che la banca taglierà il contributo di 8 milioni alla corsa che ogni anno richiama a Siena un'infinità di turisti. Se il boccoluto Peppiniello avrà il coraggio di uscire dalle stanze della villa sarà accolto dagli applausi dei contradaioli, che al di là di tutte le eventuali malefatte attribuite all'avvocato calabrese, gli sono riconoscenti per il sostegno che ha sempre dimostrato nei confronti della più antica corsa equestre.

Se invece dovesse confermare ciò che ha detto Alessandro Profumo nel corso dell'Assemblea degli azionisti venerdì scorso, allora succederà il finimondo, una rivoluzione non "civile" come quella che suggestiona il partitello di Ingroia, ma una rivolta di piazza con tanto di forconi e di ghigliottina.

Al di là di questo problema che tocca sulla pelle la vita della città i contradaioli sono profondamente convinti che intorno allo scandalo della banca si sia alzato un enorme polverone politico e mediatico dal risultato prevedibile.

Più si allarga il cerchio dei colpevoli e più aumentano le possibilità che alla fine di questo enorme casino a Siena si ricomporrà quel "groviglio armonioso" che passa attraverso le complicità della politica con i poteri oscuri i cui confini vanno ben oltre le mura della città.

D'altra parte questa è una vecchia tecnica che è stata utilizzata per coprire in Italia molti scandali e la chiamata in causa di personalità come Draghi, Visco, Tremonti, Amato e perfino del controllore europeo dell'Eba, Andrea Enria, porta acqua al mulino di chi difende la stabilità del sistema e non vuole spazzolare fino in fondo le cassaforti della Banca. In questa logica non sembra un caso che l'attenzione si sia spostata sui dirigenti "infedeli" e sulla folta schiera degli intermediari che hanno trafficato quando Montepaschi ha acquistato l' Antonveneta per 10,3 miliardi da quel furbacchione spagnolo di nome Botìn.

Non a caso i giornali da oggi hanno spostato il tiro sul management e sugli intermediari dell'epoca. Così si può leggere che l'ex-direttore generale Vigni ricorda di essere il figlio di un contadino e di aver trovato i derivati quando assunse il ruolo di braccio destro di Peppiniello Mussari. Ed è commovente leggere che a suo avviso "col senno di poi l'operazione Antonveneta era inopportuna".

Accanto a lui si difende anche Gianluca Baldassarri, l'ex-direttore finanziario portato a Siena nel 2001 da De Bustis, che con una letterina inviata ieri sera a quel sito disgraziato di Dagospia irride sul suo ruolo e sui precedenti professionali scrivendo testualmente: "quando tutto il polverone si sarà posato e le carte saranno sul tavolo, ci sarà da ridere".

Questa sicurezza così ostentata è la stessa che si trova sulla bocca di Alessandro Daffina, il 53enne capo di Rothshild in Italia che si vanta di aver fatto da tramite tra il banchiere spagnolo Botìn e Peppiniello Mussari. Così mentre il "Corriere della Sera" tira in ballo anche Marco Cardia, il figlio dell'ex-presidente della Consob Lamberto, un avvocato che si occupò di alcuni aspetti dell'operazione per conto di MontePaschi, dietro le quinte rimangono soltanto un paio di finanzieri che qualche parte devono averla avuta in tutta la vicenda.

Uno di questi è sicuramente Andrea Orcel, il banchiere romano che piaceva tanto ad Alessandro Profumo e che, dopo 20 anni trascorsi a Bank ok America-Merrill Lynch, a marzo dell'anno scorso si è insediato al vertice della svizzera Ubs. Il suo ruolo non è ancora balzato alle cronache, ma c'è chi giura che non è stato affatto irrilevante perché nella vicenda di Antonveneta ha giocato su due tavoli. Prima su quello di Santander che conosceva benissimo fin dai tempi dell'acquisizione di questa banca da parte degli olandesi di Abn Amro, e successivamente come advisor di MontePaschi nell'acquisizione della stessa dal furbo Botìn.

In pratica Orcel è saltato da un cliente all'altro nel giro di pochi giorni , ma finora di lui non si è parlato e non si è fatto alcun cenno alla presunta appartenenza all'Opus Dei e all'amicizia con i due big di questa associazione, l'italiano Gotti Tedeschi e lo spagnolo Botìn.

Qualcosa si potrebbe dire anche su quell'altro finanziere che si chiama Ruggero Magnoni che lavorava a Nomura quando sono stati venduti a MontePaschi i derivati tossici sui Btp. Magnoni è l'uomo che ha partecipato alla scalata Telecom da 100mila miliardi di lire di Colaninno e di Chicco Gnutti, ed è un amico non solo di Draghi ma anche di Rodolfo De Benedetti, ma poiché le sue azioni sono in netto declino per il crac della holding di famiglia, giornali come "Repubblica" pensano bene di non chiamarlo in causa.

A questo punto i contradaioli sono convinti che l'unica cosa certa dietro i giochetti degli intermediari interessati a mangiare un pezzo della torta, è il colpo da maestro che l'anziano Botìn del Santander ha rifilato nei confronti di Peppiniello Mussari e di quella banca dove nello statuto del 1472 si leggeva testualmente che i fiorini prestati ai cittadini senesi non dovevano servire "per giocare o per fare mercantia, cioè per comprare e rivendare (speculare, ndr)".

Il quasi 80enne banchiere spagnolo, nato a Santander e padre di sei figli, ha rifilato due pacchi meravigliosi agli insipienti banchieri e manager italiani. Il primo è quello di cui si parla in questi giorni e che è stato confezionato con la complicita' dei dirigenti "infedeli" di MontePaschi e degli zelanti maestri della finanza creativa.

Il secondo pacco è la vendita del gruppo editoriale spagnolo Recoletos alla Rcs del "Corriere della Sera". In questa vicenda un ruolo importante lo svolse la figlia di Botìn Ana Patricias che sedeva nel consiglio di amministrazione delle Generali e fu determinante nel convincere la casa editrice milanese a comprare per 750 milioni di euro la Recoletos contro il parere di Colao Meravigliao. Quest'ultimo ha sempre considerato folle l'improvvida acquisizione e si è poi dimesso lasciando sulle spalle del successore Antonello Perricone un buco da un miliardo di euro.

Ai contradaioli incazzati e pronti a scannare Alessandro Profumo al quale attribuiscono il ruolo di regista nell'esplosione dello scandalo sulla Banca, gli affari di Botìn interessano fino a un certo punto. Per loro l'esito finale della vicenda ,che domani alle 15 sarà ripercorsa nei dettagli in Parlamento dall'incauto e pallido ministro Grilli, è scontato. L'elenco delle vittime ce l'hanno ben stretto sotto le tute da fantino. Adesso si tratta di capire soltanto quale sarà il luogo dell'esecuzione che è iniziata nel maggio scorso quando Milena Gabanelli nelle vesti di Robespierre inaugurò la stagione del Terrore senese.

Il luogo ideale sarebbe la Piazza del Campo, la nuova Bastiglia dove si farà giustizia del boccoluto Mussari, del povero figlio di contadini Antonio Vigni, e del ragioniere della Asl, Gabriello Mancini. Se poi si volesse dare qualche soddisfazione in più alla plebe e al popolo bue degli azionisti allora si potrebbero aggiungere il De Bustis amico di D'Alema e quel poveraccio di Franco Bassanini che respinge l'accusa di essere un massone, ma si è già fottuto la poltrona della Cassa Depositi e Prestiti.

Sarà comunque uno spettacolo che segnerà la fine di un'epoca e dovrà mettere le basi per un nuovo "groviglio armonioso" che nessun Draghi, Napolitano, Amato, Tremonti, Monti e Berlusconi avra' la forza di liquidare per sempre.

L'ultima parola la diranno comunque i magistrati e Ignazio Visco, il Governatore "ingannato" che tra due sabati interverrà a Bergamo al tradizionale appuntamento del Forex...L'attesa e' grande.

 

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