giorgia meloni raffaele fitto pnrr europa

BRUXELLES AVVERTE MELONI: NON È PIÙ TEMPO DI TRUCCHETTI O RINVII SUL PNRR – LO STUDIO DEGLI UFFICI TECNICI DEL PARLAMENTO EUROPEO METTE NERO SU BIANCO I RITARDI ITALIANI NELLA MESSA A TERRA DEL RECOVERY: TROPPI PROGETTI SONO STATI SPOSTATI AL 2026 (156 “TARGET SU 346) E SI RISCHIA DI NON ATTUARNE UNA GRAN PARTE – L’UE CAZZIA ROMA PER I TAGLI SUI FONDI PER AMBIENTE E SANITÀ. E METTE IN GUARDIA SUI RISCHI PER IL DEBITO...

Estratto dell’articolo di Claudio Tito per “la Repubblica”

 

Pnrr Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza

Al 31 dicembre scorso l’Italia aveva ricevuto 102,5 miliardi per il Pnrr ma ne ha spesi solo 43. Ha cioè impiegato concretamente solo il 42% dei soldi. Una quota che rappresenta il 22% del totale dei fondi messi a disposizione del nostro Paese fino all’estate del 2026. Un risultato non brillante. E che pone più di un interrogativo sulla capacità del governo di “mettere a terra” i finanziamenti.

 

Anche perché con la revisione del Piano effettuata nei mesi scorsi c’è stato una distribuzione degli impegni e delle riforme verso la fine della validità del NextGenerationEu, ossia il 2026. Tutti dati presenti in uno studio condotto dal Servizio Ricerche del Parlamento europeo e concluso proprio in questo mese di aprile. In cui, appunto, si mettono in evidenza le difficoltà italiane.

 

FONDI DELL UNIONE EUROPEA ALL ITALIA - LA REPUBBLICA

Proprio lo scarso “utilizzo” dei soldi fino ad ora, fa infatti dire agli uffici dell’Eurocamera che questa situazione «suggerisce l’importanza del periodo fino all’agosto del 2026 per la piena attuazione, non da ultimo anche per le misure di investimento».

 

Un modo cortese per avvertire che nei prossimi due anni serve un’accelerazione altrimenti il rischio è non raggiungere i traguardi fissati e quindi non incassare gli altri novanta miliardi che sono stati calendarizzati nelle tranche dei prossimi sei semestri. Anche perché dalla ricerca del Parlamento europeo emerge anche che nella “revisione” del Pnrr stabilita dal governo Meloni c’è un pesante slittamento delle tappe verso la fine del periodo di finanziamento.

 

raffaele fitto presenta le modifiche al pnrr 6

Nella sostanza una buona parte è stata rinviata al 2026. «La revisione – si legge nel documento - ha spostato parti delle risorse e degli obiettivi verso la fine del piano. La decima rata è diventata la più grande (32,7 miliardi di euro in sovvenzioni e prestiti, compreso il prefinanziamento) e il 46% di tutti gli obiettivi è ora collegato ad essa». Per essere più chiari: nel 2026 dovranno essere conseguiti 159 “target” su un totale di 346. Ossia nei primi cinque anni gli obiettivi da raggiungere in totale sono 187 e nell’ultimo anno 159. Evidentemente un modo furbo per agevolare il conseguimento di tutte le tranche e rischiare di perdere solo l’ultima. Non solo.

 

GIORGIA MELONI GIANCARLO GIORGETTI

Nello studio di Bruxelles spiccano con chiarezza anche alcune scelte “politiche” adottate dall’esecutivo Meloni. A cominciare dalle riforme e dagli interventi a difesa dell’ambiente. Rispetto al piano originario, ad esempio, le risorse per le energie rinnovabili, l’idrogeno e la mobilità sostenibile sono ridotte del 7,6%. Nonostante poi tutti i disastri idrogeologici che il nostro Paese ha affrontato, i fondi per la protezione della terra e le risorse idriche sono state tagliate del 34,4%.

 

Nella sanità i fondi per l’innovazione, la ricerca e la digitalizzazione del servizio sanitario sono stati sforbiciati dell’8,7%. Inoltre la cifra inizialmente destinata a famiglia, infrastrutture sociali e terzo settore (solidarietà sociale) ha subito una contrazione del 25,8%.

 

Tra le dieci “spese” più onerose del Pnrr figura al primo posto quella per l’Ecobonus e il Sismabonus fino al 110 per cento con un ammontare di quasi 14 miliardi di euro. La seconda è la transizione digitale con poco più di 13 miliardi. La terza riguarda le linee ferroviarie ad alta velocità: 8,7 miliardi.

 

pnrr

C’è un altro aspetto che viene sottolineato nello studio e riguarda la distribuzione dei Grants (i soldi gratuiti) e dei Loans (prestiti). «La metà dei pagamenti – si legge - per le sovvenzioni sono concentrati nelle prime tre rate, mentre quelli per i prestiti sono distribuiti in modo più uniforme nel ciclo di vita del piano». Una scelta che potrebbe avere effetti nel periodo successivo sul debito pubblico. Si rinvia insomma un po’ tutto alla fine del Pnrr. Ossia a fine legislatura.

TITANIC D'ITALIA - VIGNETTA BY MACONDOmaurizio leo giorgia meloni giancarlo giorgetti

Ultimi Dagoreport

francesco milleri andrea orcel carlo messina nagel donnet generali caltagirone

DAGOREPORT - COSA FRULLA NELLA TESTA DI FRANCESCO MILLERI, GRAN TIMONIERE DEGLI AFFARI DELLA LITIGIOSA DINASTIA DEL VECCHIO? RISPETTO ALLO SPARTITO CHE LO VEDE DA ANNI AL GUINZAGLIO DI UN CALTAGIRONE SEMPRE PIÙ POSSEDUTO DAL SOGNO ALLUCINATORIO DI CONQUISTARE GENERALI, IL CEO DI DELFIN HA CAMBIATO PAROLE E MUSICA - INTERPELLATO SULL’OPS LANCIATA DA MEDIOBANCA SU BANCA GENERALI, MILLERI HA SORPRESO TUTTI RILASCIANDO ESPLICITI SEGNALI DI APERTURA AL “NEMICO” ALBERTO NAGEL: “ALCUNE COSE LE HA FATTE… LUI STA CERCANDO DI CAMBIARE IL RUOLO DI MEDIOBANCA, C’È DA APPREZZARLO… SE QUESTA È UN’OPERAZIONE CHE PORTA VALORE, ALLORA CI VEDRÀ SICURAMENTE A FAVORE” – UN SEGNALE DI DISPONIBILITÀ, QUELLO DI MILLERI, CHE SI AGGIUNGE AGLI APPLAUSI DELL’ALTRO ALLEATO DI CALTARICCONE, IL CEO DI MPS, FRANCESCO LOVAGLIO - AL PARI DELLA DIVERSITÀ DI INTERESSI BANCARI CHE DIVIDE LEGA E FRATELLI D’ITALIA (SI VEDA L’OPS DI UNICREDIT SU BPM), UNA DIFFORMITÀ DI OBIETTIVI ECONOMICI POTREBBE BENISSIMO STARCI ANCHE TRA GLI EREDI DELLA FAMIGLIA DEL VECCHIO RISPETTO AL PIANO DEI “CALTAGIRONESI’’ DEI PALAZZI ROMANI…

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO