1- “L’ESPRESSO” PUBBLICA IL MEMORIALE-BOMBA DI LORENZO COLA, IL MR. WOLF DI FINMECCANICA CON ENTRATURE (O ARRUOLAMENTO?) NEI SERVIZI ITALIANI E AMERICANI (CIA) 2- ALTRO CHE RAPPORTI MARGINALI, SENZA IL TIPINO FINO COLA FINMECCANICA SAREBBE UN’AZIENDA DA QUATTRO SOLDI: IL CONSULENTE GLOBALE E SIMPATICAMENTE NAZI-FASCIO LO RITROVIAMO IN MEZZO A TUTTI GLI AFFARI DEL GRUPPO: DALL’ACQUISTO DELLA POTENTISSIMA FABBRICA DI ARMI AMERICANA “DRS” (PER LA QUALE INTASCA LA SOMMETTA DI 16.6 MLN $), ALL’ACCORDO MILIONARIO CON GHEDDAFI SUI SISTEMI DI DIFESA 3- È LUI IL VERO DOMINUS DELL’AZIENDA, IN CONTATTO DIRETTO COI CONIUGI GUARGUAGLINI (DICEVA “ER COWBOY” TOMMASO DI LERNIA: “A LUI NON SI PUÒ DIRE DI NO”…) 4- AMORALE DELLA FAVA: COME E’ POSSIBILE CHE UN TIPO SIMILE POTESSE AVERE UN TALE POTERE AL PUNTO DI SDOGANARE PRESSO I SOSPETTOSI AMERICANI GUARGUAGLINI?

Lirio Abbate ed Emiliano Fittipaldi per "L'Espresso" in edicola domani

Il mio rapporto lavorativo si svolgeva principalmente con il presidente Pierfrancesco Guarguaglini. Parlavamo di tutto, delle strategie e di qualsiasi tipo di problematica attinente al suo mandato. Io non ho mai deluso minimamente le sue aspettative, anzi. Il nostro è stato un confronto tra due persone che hanno lavorato insieme e che hanno prodotto quello che è stato poi il risultato Finmeccanica fino al 2010... Questa è stata la miscela, la grande forza che ha unito due persone sotto un unico "marchio", sotto un unico scopo e, qualsiasi cosa sia successa o possa succedere, questa è una soddisfazione affettiva e personale che non mi toglierà mai nessuno".

E' il 14 ottobre dell'anno scorso. L'allora superconsulente di Finmeccanica Lorenzo Cola ha finito di scrivere in carcere un lungo memoriale. Vuole raccontare ai magistrati romani che lo hanno arrestato tre mesi prima la sua versione dell'affaire Finmeccanica. Quel giorno l'avvocato Franco Coppi consegna al procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo il dossier che "l'Espresso" ha letto in esclusiva.

In tutto 39 pagine che, come la sceneggiatura di un film di spionaggio, descrivono l'incredibile epopea di un simpatizzante nazista collezionista di cimeli hitleriani diventato in pochi anni un pezzo grosso di uno dei colossi militari più importanti del mondo. Sappiamo già che la storia finisce male: Cola è stato condannato a 3 anni e 4 mesi per la vicenda Digint (la società partecipata da Finmeccanica finita nel mirino del presunto riciclatore Gennaro Mokbel), e il suo amico "Piero", indagato per l'inchiesta sugli appalti Enav, mentre scriviamo sta trattando la sua uscita con il nuovo governo guidato da Mario Monti.

Il documento di Cola è diviso in capitoli. Vengono descritti i rapporti del "consulente globale" con Guarguaglini e sua moglie Marina Grossi, il ruolo del potente capo delle relazioni istituzionali Lorenzo Borgogni, i retroscena e i segreti dei business miliardari che Finmeccanica ha trattato nell'ultimo lustro: dall'operazione che portò all'acquisto dell'americana Drs Technologies all'affare per le commesse dell'aereo Alenia C27J, passando per l'accordo - di cui Cola si occupa "al 100 per cento" - con Gheddafi per far entrare i fondi sovrani libici nell'azionariato di Piazza Monte Grappa.

Cola sa tutto, conosce tutti, e si presenta come il vero dominus della nostra azienda pubblica più strategica: uno al quale, come ha spiegato l'imprenditore Tommaso Di Lernia, "non si può dire di no, pena di non lavorare più".

L'amico Piero. Il racconto di Cola è molto diverso da quello del suo "presidente", che per mesi ha negato quasi di conoscerlo. I due si conoscono nel 2006, e si prendono subito. Guarguaglini, racconta Cola, "sapeva che di fronte a sé aveva una persona preparata e competente". Con lui "mi occupavo degli aspetti fondamentali del gruppo, quali la strategia e il mercato internazionale, e in più lo informavo dei compiti estremamente delicati a livello concorrenziale in ambito internazionale che, di volta in volta, mi affidava".

Qualche esempio? "La costituzione e sviluppo del Gruppo in America, la Libia, il Kazakistan, il problema della centrale con l'Iran, eccetera. Elencarli tutti mi è difficile". Cola lavorava o attraverso Ernst & Young, o per mandato indiretto "come altra società", oppure attraverso una società fornitrice di Finmeccanica "che mi riconosceva un premio annuo sulle commesse che gli facevo ottenere da Finmeccanica. Modalità a me preferita per più motivi, da quello finanziario al low profile". Di Lernia, il proprietario della Print Sistem che sta raccontando ai pm il sistema delle sovrafatturazioni e le tangenti per ungere i politici, ne sa qualcosa: a Cola avrebbe infatti versato "il 5-7 per cento di ogni commessa che Selex ci girava".

Profilo basso, proprietario di una Smart, appassionato di Rolex (Mokbel racconta di averlo visto con un Paul Newman d'oro), Cola parla solo con Guarguaglini e con Borgogni, perché "il livello manageriale generale non era a mia opinione molto alto". Il suo parere era chiesto di continuo. "Mi sono occupato, ad esempio, della problematica contrattuale che ha coinvolto l'Ansaldo in ordine alla richiesta dell'Iran di poter costruire una centrale, che poteva essere un ottimo affare per l'Italia e per Finmeccanica... ma con l'Iran ci sono delle precise regole internazionali che possono, se gestite male, avere ripercussioni in negativo su tutto".

"MARINA? PARLAVAMO DI TUTTO". Ovviamente il consulente tatuato parlava anche con Marina Grossi, la moglie di Guarguaglini a capo della Selex accusata di corruzione, che dieci giorni fa spiegava di non aver mai affidato a Cola "un ruolo direttivo o operativo" all'interno dell'azienda. Cola, invece, ricorda tutto. "Per quanto riguarda la Selex come altre società di gruppo io parlavo principalmente con l'ad ingegner Grossi. Mi viene presentata in sede, a via Monte Grappa... credo che sia più che normale che Guarguaglini e Borgogni mi presentassero anche l'ingegnere che poi peraltro è sua moglie".

Lorenzo e Marina si sentivano una volta al mese. "Facevamo discorsi tecnico strategico aziendali a grandi linee, poi specifici o meno per la Selex Integrati (cosucce come l'integrazione con Drs, lo sbarco della Selex in America, la questione libica, ndr). Parlavamo anche dei problemi concorrenziali delle aziende "infragruppo", perché comunque c'erano sempre, quotidianamente, tra un'azienda e l'altra di fronte al cliente". Cola, leggendo le sue memorie, sembra stravedere per Marina. Solo qualche mese più tardi, ad agosto 2011, trascinerà la moglie di Guarguaglini nell'abisso, accusandola di conoscere bene il sistema delle sovrafatturazioni e il giro di tangenti in Enav e Selex.

"L'ingegner Marina Grossi non l'ho mai sentita o vista mettere davanti a sé un problema personale e di carriera, come facevano altri amministratori con me che sapendo il mio rapporto serio e confidenziale con Guarguaglini venivano da me come serpentelli... solo per capire se fossi disponibile a dire al presidente che erano dei fenomeni... Questo era il motivo per cui al limite se potevo dare una mano la davo più volentieri all'ingegner Grossi (che non ha bisogno né di badanti né di protettori essendo brava, seria e molto competente) piuttosto che a tante altre persone di Finmeccanica".

Anche Lorenzo Borgogni conosce la special relationship con Marina: è lui a confermare ai pm che Cola già nel 2006 - senza alcun ruolo ufficiale - diventa grazie alla Grossi l'uomo di collegamento tra Selex ed Enav, prendendo di fatto il posto che fu di Paolo Prudente, al tempo direttore di Alenia diventata poi Selex.

L'AFFARE AMERICANO. Cola è un fiume in piena. Racconta della relazione con il generale Bruno Nieddu che definisce il suo "esclusivo" referente in Enav ("Abbiamo cercato più volte insieme di parlare di come sviluppare da un punto di vista internazionale, di come unire a livello globale molte sinergie ai fini di internazionalizzare la struttura nazionale dell'Enav"), mentre all'interno del cda curava "in maniera molto attenta i rapporti con i consiglieri tecnici ritenuti da me fondamentali... Dei consiglieri politici se ne occupava Borgogni".

Cola, soprattutto, svela ai magistrati i dettagli delle grandi operazioni di cui era protagonista. Prima di tutto, l'affaire Drs. "(Con Guarguaglini) facemmo una ricerca per capire e selezionare le zone in cui gli investimenti venivano impiegati maggiormente in questo nostro settore. Scegliemmo il Nord America, il Medio Oriente e l'Unione Sovietica. Il mercato europeo, invece, è estremamente difficoltoso e, a mio avviso, "povero"... Guarguaglini fece una suddivisione strategica degli incarichi e io, su mia richiesta, mi occupai del mercato americano. Guarguaglini si occupò del resto".

Spartiti i pani e i pesci, Cola racconta che i due si lanciarono su Drs solo dopo il "niet" avuto dalla prima compagnia del mondo per l'elettronica di difesa: "Guarguaglini mi fece vedere una lettera in cui chiedeva un appuntamento... la risposta fu poco incoraggiante. Classica all'americana, del tipo "Who are you?"".

Già: secondo il consulente "gli italiani nel settore dei grandi investimenti erano considerati di medio-basso livello. Guarguaglini mi chiese se c'erano le possibilità di prendere la numero 2, la Drs... Mi presi un po' di tempo per studiare la situazione... Iniziai a studiare il target, l'obiettivo che consisteva nell'impadronirsi della Drs Technologies senza un'Opa ostile". Pier Francesco dà all'amico Lorenzo "ampia libertà d'azione" per portare a casa l'affare.

IL LITIGIO CON GUARGUAGLINI. Impossibile sapere perché Guarguaglini affidò una transazione da 5,4 miliardi di dollari al faccendiere con la svastica al collo. "Mi occupai anche di tutti quegli adempimenti burocratici necessari per acquisire, come "straniero", una compagnia di tale importanza che, tra l'altro, ha all'interno tantissimi progetti secretati da parte del governo americano. La mia attività è stata specifica e totale, supportata in toto dal reciproco aiuto e appoggio di Guarguaglini... Incomincia una trattativa che durò circa sei-sette mesi".

Alla fine, Cola riesce a strappare un prezzo che definisce "strepitoso". Ma a Pier Francesco sembra non bastare. "Abbiamo avuto un unico momento divergente, il primo dopo 3-4 anni di intensa amicizia... Gli comunicai che quello era il massimo risultato che avrei potuto ottenere. Mi disse: "Tu puoi fare molto di più, il prezzo è troppo alto... ciao", attaccandomi poi la cornetta. Io, per stanchezza, lo richiamai ritrattandolo più o meno allo stesso modo... Nel frattempo avevo intuito che il suo atteggiamento era finalizzato unicamente a stimolarmi per ottenere il massimo. Voleva essere certo che, prima che si inserisse lui nella parte finale dell'accordo, tutto fosse fatto al meglio.

E infatti così fu... Dissi alla controparte proprio grazie a quello stimolo che o scendevamo ancora o potevamo rompere tutta la trattativa, alzandomi dal tavolo... dopo qualche giorno di panico ci fu l'accordo, che fu ancora più conveniente... Dopodiché venne fatta l'Opa: l'Opa riuscì. Finmeccanica prese Drs Technologies".

In merito all'operazione Guarguaglini ai pm ha detto di aver chiesto a Cola solo "di verificare alcuni particolari sulla fattibilità dell'operazione". Non sappiamo chi dei due menta, ma una fattura ottenuta da "l'Espresso" (datata 26 novembre 2008 e firmata da Guarguaglini) rivela che Cola ha avuto, attraverso la società Alfa Solution, un compenso pazzesco per la sua intermediazione: 16 milioni e 667 mila dollari, lo 0,5 per cento del prezzo per l'acquisizione di Drs. Un po' tanto per qualche piccolo consiglio.

L'ACCORDO CON GHEDDAFI. Cola mette bocca su tutto. Dal 2006 al 2010 non c'è affare che Guarguaglini non gli affidi: Lorenzo è un Mr Wolf furbo, intelligente, con entrature nei servizi italiani e americani, uno - insomma - che risolve problemi. Cola racconta di essersi occupato del programma del Boeing 737 ("in tale circostanza misi direttamente in contatto il nostro presidente con quello di Boeing al fine di risolvere tutte le varie problematiche"), di aver avuto un mandato dal direttore generale Giorgio Zappa per l'aereo dell'Alenia C27J ("iniziai delle ricerche assieme al presidente per capire quanto questo progetto fosse importante per l'azienda, e mi accorsi che il gruppo non poteva farne a meno... Mi dedicai anima e corpo a questo... il contratto fu concluso e noi riuscimmo ad aggiudicarci e a vincere il programma del C27J"). Ma il socio di Gennaro Mokbel fu pure "supervisore" dell'affaire tra Finmeccanica e i fondi libici. Cola racconta ai pm i retroscena delle trattative.

Gheddafi voleva entrare "fino all'8 per cento delle azioni Finmeccanica. Io lì ricevetti un mandato non ufficiale per mia richiesta (non gradivo che i libici sapessero il mio ruolo). Senza entrare nei particolari della storia, siamo riusciti a convertire la proposta di ingresso in un grandissimo accordo socio-economico-industriale elaborato da me e il presidente, con la costituzione di una joint venture che rappresenta nel programma uno sviluppo già iniziato tra l'altro per circa 20 miliardi... Abbiamo quindi ottenuto un risultato straordinario".

L'accordo per cooperare nell'aerospazio, nei trasporti e nell'elettronica fu siglato nell'estate del 2009, e secondo Cola qualche mese prima fu proprio lui a spiegare all'allora ministro dell'Economia Giulio Tremonti il piano d'azione. In un incontro - ha detto in un interrogatorio - avvenuto al Senato, "alla presenza del senatore Andreotti e dell'avvocato Vitali".

Sembra incredibile, ma se la storia fosse confermata uno dei più importanti accordi di Finmeccanica sarebbe frutto del lavoro non dell'azionista di riferimento, il Tesoro, ma di un oscuro faccendiere condannato a oltre tre anni di galera. Che tanto potrebbe ancora raccontare al pm Paolo Ielo che sta indagando sulle tangenti Enav.

"In conclusione io ero sempre chiamato a dare un contributo affinché la macchina fosse il più possibile ordinata e competitiva. Per poter sempre migliorare le performance esterne". Il Mr Wolf di Guarguaglini, ora, si può finalmente riposare un po'.

 

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