SIAMO SOLO UNO STATO DI NECESSITA’ - DUNQUE ARRIVA IN ITALIA UNO DEI NOSTRI VERI CAPI, IL COMMISSARIO EUROPEO OLLI REHN, E CI RIPORTA SUBITO ALL’ORTODOSSIA DELL’AUSTERITY: “IVA, IL PRIMO OTTOBRE SCATTA L’AUMENTO”

Alessandro barbera per La Stampa

Il dado è tratto. Dopo mesi di tentennamenti e un rinvio, il governo ha deciso di rinunciare ad un nuovo blocco dell'aumento dell'Iva. È quanto emerso in queste ore da un confronto nel governo, con la Commissione europea e in particolare fra Letta e il ministro dell'Economia Saccomanni.

A dispetto degli annunci pubblici - lo aveva fatto ieri il premier - la situazione dei conti, già compromessa da una crescita del Pil inferiore alle attese, «impone di stabilire delle priorità», spiegano fonti dell'esecutivo. E le priorità oggi sono due: mantenere il rapporto deficit-Pil entro il 3% e allo stesso tempo trovare le risorse per un taglio delle tasse sul lavoro.

Il solo blocco dell'aumento Iva fino alla fine dell'anno ci costerebbe un miliardo, per renderlo strutturale ne sarebbero necessari quattro. Numeri ormai insostenibili, se si considera che fonti della Ragioneria riferiscono di un rapporto deficit-Pil già abbondantemente oltre la soglia di sicurezza prevista dalle regole europee. Il primo ottobre la terza aliquota Iva salirà dunque dal 21 al 22% come previsto dall'ultima manovra del governo Berlusconi per lo scorso primo luglio.

Ieri Saccomanni ha messo al corrente della decisione il commissario agli Affari monetari Rehn in visita a Roma. Inutile dire che il giudizio (molto negativo) della Commissione sull'abolizione dell'Imu si è fatto sentire. Non solo perché a Bruxelles considerano prioritario far scendere la pressione fiscale sul lavoro (e non sulla rendita immobiliare), ma soprattutto perché le coperture individuate finora sono giudicate molto aleatorie.

Nei contatti riservati di questi giorni Bruxelles aveva avanzato la richiesta di rinunciare al taglio della seconda rata dell'Imu, tuttora scoperto per due miliardi di euro. Ma per Letta la marcia indietro sarebbe politicamente impraticabile, così si è deciso di procedere con l'abolizione dell'Imu compensando i timori di Bruxelles sulla tenuta del deficit con l'aumento dell'Iva. Alternative non ne ha nemmeno la Commissione.

Lo fa capire Rehn quando in conferenza stampa spiega del differente trattamento riservato alla Francia, il cui deficit viaggia oltre il 4%: sull'Italia pesa il debito monstre e la richiesta di chiudere la vecchia procedura di infrazione. «L'Italia deve essere all'altezza degli impegni assunti», come a dire che se la Commissione dovesse certificare l'aumento del deficit oltre il 3% Bruxelles sarebbe costretta a riaprire la procedura, con tutte le conseguenze che questo avrebbe su spread e andamento dei tassi di interesse.

Se tutto andrà bene, e se Bruxelles non ci chiederà di stringere ulteriormente la cinghia sul deficit, la legge di Stabilità prevederà invece una riduzione del cosiddetto cuneo fiscale, le tasse che gravano su lavoratori e imprese. L'ordine di grandezza potrebbe essere fra i tre e i quattro miliardi di euro, sempre che a Saccomanni riesca di imporre i tagli di spesa necessari.

Almeno un miliardo dovrebbe arrivare da una partita di giro, ovvero dalla cessione alla Cassa depositi e prestiti di un miliardo di immobili pubblici, altri spazi potrebbero essere garantiti dall'abbassamento delle stime sul costo degli interessi per onorare il debito pubblico. Venerdì il governo approverà i numeri del Def, il documento di economia e finanza. Quella sarà la prima indicazione utile su quel che Letta e Saccomanni intendono fare nel 2014. Berlusconi permettendo.

 

Olli Rehn ENRICO LETTA PUGNO CHIUSO GIANROBERTO CASALEGGIO ROBERTO NAPOLETANO FABRIZIO SACCOMANNI AL FORUM AMBROSETTI DI CERNOBBIO

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