
ARRIVA IL PRIMO CONTO DEI DAZI TRUMPIANI. ED È SALATISSIMO – AD AGOSTO L'EXPORT ITALIANO VERSO GLI STATI UNITI È CROLLATO DEL 21%. E CONFINDUSTRIA CALCOLA CHE “NEL MEDIO PERIODO LE TARIFFE RIDURRANNO LE VENDITE ITALIANE NEGLI USA DI CIRCA 16,5 MILIARDI, PARI AL 2,7% DELL'EXPORT TOTALE” – L'IMPATTO PIÙ DURO È PER I SETTORI DELL’AUTOMOTIVE, QUELLO ALIMENTARE E DEI MACCHINARI – PER I PRODUTTORI DI PASTA DA GENNAIO 2026 SCATTERÀ UN MAXI-DAZIO AL 91%, CHE SI AGGIUNGE AL 15% GIÀ IN VIGORE, IN SEGUITO A UN’INDAGINE ANTIDUMPING DEL DIPARTIMENTO DEL COMMERCIO USA, MA POTREBBE ESSERE BLOCCATO...
Estratto dell’articolo di Valentina Iorio per il “Corriere della Sera”
La maxi-tariffa sulla pasta, che potrebbe scattare da gennaio, per effetto di un’indagine antidumping del dipartimento del commercio degli Stati Uniti su alcuni dei principali produttori ed esportatori italiani, esula dall’accordo tra Bruxelles e Washington che ha fissato un tetto massimo del 15% ai dazi sulle importazioni dall’Unione europea.
Tuttavia i produttori sono fiduciosi. La decisione definitiva, infatti, non è stata ancora presa e le aziende coinvolte hanno ancora tempo per presentare la loro difesa.
«La pronta reazione del governo e di Bruxelles ci fanno sperare che la documentazione, che sarà presentata, possa portare il dazio dal 91,74% a un valore sotto il 5%, come avvenuto in passato per procedimenti analoghi», spiega l’ad di Filiera Italia Luigi Scordamaglia. [...]
giorgia meloni - meme by vukic
Intanto il comparto è alle prese con le tariffe già in vigore che hanno portato a un calo dell’export agroalimentare verso gli Stati Uniti del 7-8% ad agosto, secondo le stime di Filiera Italia.
Nel complesso l’export italiano di beni verso gli Usa è crollato del 21,1% ad agosto rispetto allo scorso anno, dopo un forte aumento nella prima parte dell’anno dovuto al cosiddetto front loading, l’anticipo delle importazioni da parte degli americani per evitare i dazi. A fotografare la situazione è l’ultima congiuntura flash del Centro studi di Confindustria.
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Secondo il centro studi di Viale dell’Astronomia, le tariffe americane nel medio periodo potrebbero costare circa 16,5 miliardi alle imprese del made in Italy, in termini di minori vendite. Vale a dire il 2,8% dell’export manifatturiero. L’impatto è maggiore per settori come automotive (il più colpito), alimentari e bevande, macchinari, pelli e calzature e altre attività manifatturiere.
Le perdite potrebbero essere più ampie, se si considerano gli effetti indiretti, lungo le catene di produzione, del calo dell’export negli Usa degli altri Paesi Ue sulla domanda di input italiani. La somma di effetti diretti e indiretti si tradurrebbe in un calo del 3,8% dell’export manifatturiero e dell’1,8% della produzione.
All’effetto dei dazi, inoltre, si aggiunge quello del dollaro debole che penalizza molto la competitività di prezzo dei beni europei negli Stati Uniti, soprattutto rispetto alle produzioni domestiche americane. «Nel lungo periodo — conclude Confindustria — è forte l’incentivo a rilocalizzare alcune produzioni nel mercato Usa: il rischio per l’industria europea è di perdere parti vitali del tessuto produttivo».