NIENTE SCHERZI SUI BOT – AL TESORO SONO CONVINTI CHE SVALUTARE I TITOLI DI STATO INNESCHEREBBE SOLO UNA SLAVINA, CON EFFETTI DISASTROSI ANCHE SUI BILANCI DELLE BANCHE

Alessandro Barbera per “La Stampa”

draghi padoandraghi padoan

 

Per evitare di ingenerare ansia nel lettore con Bot e Btp nel cassetto potremmo iniziare da un dato consolante: nel 1840, quando la Gran Bretagna era la più fenomenale potenza politica, economica e militare del globo, il suo debito pubblico era superiore a quello della stagnante economia italiana del 2014. Il problema non è la zavorra in sé, ma quanto forti sono i muscoli di chi è costretto a sopportarla sulle spalle.

 

giancarlo padoangiancarlo padoan

Il motivo per il quale - a detta di alcuni economisti - il peso del debito italiano starebbe diventando insostenibile è la persistente debolezza della sua economia e del contesto europeo. Come in un mix fatale, la debolissima ripresa del Pil rischia di fare tutt’uno con un inflazione ormai prossima allo zero. Se l’inflazione - entro certi limiti - aumenta i salari e i redditi in termini reali (alleggerendo il peso dei debiti), il calo dei prezzi agisce nella direzione opposta. Se il prodotto interno lordo nominale cala, i parametri del deficit, ma soprattutto quello del debito peggiorano.

 

Lorenzo Bini Smaghi Lorenzo Bini Smaghi

A Bruxelles hanno già fatto quattro conti: se l’Italia cadrà nella spirale deflazionistica, i parametri europei diventeranno insostenibili.
Di qui il fiorire agostano di vecchie e nuove ipotesi di scuola. Dalla costituzione di un mega-fondo quotato a cui attribuire beni pubblici all’allungamento delle scadenze dei titoli emessi, dall’intervento della Cassa depositi e prestiti fino alla vera e propria ristrutturazione del debito: chi oggi ha titoli di Stato per 100, da domani si potrebbe trovare in mano un controvalore di 70 o 80.

 

Chi presidia le stanze di Via XX settembre, dove la pausa di Ferragosto è ancora in corso, scuote la testa. «Tutte ipotesi molto suggestive ma non percorribili», spiega una fonte. La posizione del Tesoro è né più né meno quella esposta con chiarezza dall’ex membro Bce Lorenzo Bini Smaghi: qualunque soluzione di abbattimento della montagna con strumenti straordinari si tramuterebbe in una slavina dagli effetti imprevedibili e potenzialmente devastanti.

 

Logo \"Eni\"Logo \"Eni\"

Qualunque tentativo di ridurre drasticamente il peso di quell’onere potrebbe comportare effetti collaterali peggiori del male: che ne sarebbe ad esempio dei bilanci delle banche nei cui forzieri vengono conservati centinaia di miliardi di quei titoli? 


Che fare allora? La tesi di Padoan e dei suoi è fermare anzitutto l’incubo deflazione. Il ministro dell’Economia ha lanciato un messaggio preciso in direzione dell’amico Mario Draghi: se la Bce avrà la forza di mettere in campo gli strumenti straordinaria di politica monetaria utili a far risalire l’inflazione attorno al due per cento, e se nel frattempo il governo italiano riuscirà a risalire ad un livello di crescita del Pil accettabile - attorno all’un per cento - la crescita nominale dell’Italia raggiungerebbe la soglia indicata dalla Banca d’Italia come sufficiente a riportare il debito su una traiettoria discendente.

 

EnelEnel

Ma poiché per tornare a quei numeri occorreranno mesi, nel frattempo quel che il governo può fare è mandare segnali rassicuranti ai mercati. Il primo e più significativo arriverà in autunno: per compensare il ritardo della quotazione del 40 per cento di Poste (era prevista per la fine di quest’anno) l’azionista Tesoro metterà sul mercato il 5 per cento di Eni ed Enel.

 

Non solo: i tecnici del Demanio stanno valutando l’introduzione nel decreto Sblocca-Italia di una norma che imporrebbe ai Comuni di concedere il cambio di destinazione d’uso delle aree militari dismesse, così da renderle più appetibili sul mercato. In queste settimane il governo sta facendo un forte pressing per convincere i grandi (e ricchi) fondi previdenziali ad acquistare pezzi di patrimonio immobiliare spesso difficili da piazzare. L’esperienza ci dice che la politica dei piccoli passi spesso non funziona. Ma al Tesoro pensano che la strada è troppo vicina al burrone per essere affrontata senza un po’ di sana prudenza. 
 

 

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - LA CAPITALE DEGLI AFFARI A MISURA DUOMO, A CUI IL GOVERNO MELONI HA LANCIATO L’ANATEMA “BASTA CON I BANCHIERI DEL PD”, È IN TREPIDA ATTESA DI COSA DELIBERERÀ UNICREDIT DOMENICA PROSSIMA, A MERCATI CHIUSI - SI RINCORRONO VOCI SULLA POSSIBILITÀ CHE ANDREA ORCEL ANNUNCI L’ADDIO NON SOLO ALL’OPS SU BPM MA ANCHE ALLA SCALATA DI COMMERZBANK, PER PUNTARE TUTTA LA POTENZA DI FUOCO DI UNICREDIT LANCIANDO UN’OPS SU GENERALI - DOPO LE GOLDEN MANGANELLATE PRESE SU BPM, ORCEL AVRÀ DI CERTO COMPRESO CHE SENZA IL SEMAFORO VERDE DI PALAZZO CHIGI UN’OPERAZIONE DI TALE PORTATA NON VA DA NESSUNA PARTE, E UN’ALLEANZA CON I FILO-GOVERNATIVI ALL’INTERNO DI GENERALI COME MILLERI (10%) E CALTAGIRONE (7%) È A DIR POCO FONDAMENTALE PER AVVOLGERLA DI “ITALIANITÀ” - CHISSÀ CHE COSA ARCHITETTERÀ IL CEO DI BANCA INTESA-SANPAOLO, CARLO MESSINA, QUANDO DOMENICA IL SUO COMPETITOR ORCEL ANNUNCERÀ IL SUO RISIKO DI RIVINCITA…

parolin prevost

PAROLIN È ENTRATO PAPA ED È USCITO CARDINALE - IN MOLTI SI SONO SBILANCIATI DANDO PER CERTO CHE IL SEGRETARIO DI STATO DI BERGOGLIO SAREBBE STATO ELETTO AL POSTO DI PAPA FRANCESCO – GLI “AUGURI DOPPI” DI GIOVANNI BATTISTA RE, IL TITOLO FLASH DEL “SOLE 24 ORE” (“PAROLIN IN ARRIVO”) E LE ANALISI PREDITTIVE DI ALCUNI SITI - PERCHÉ I CARDINALI HANNO IMPALLINATO PAROLIN? UN SUO EVENTUALE PAPATO NON SAREBBE STATO TROPPO IN CONTINUITÀ CON BERGOGLIO, VISTO IL PROFILO PIU' MODERATO - HA PESATO IL SUO “SBILANCIAMENTO” VERSO LA CINA? È STATO IL FAUTORE DELL’ACCORDO CON PECHINO SUI VESCOVI...

matteo renzi sergio mattarella elly schlein maurizio landini

DAGOREPORT – IL REFERENDUM ANTI JOBS-ACT PROMOSSO DALLA CGIL DI LANDINI, OLTRE A NON ENTUSIASMARE MATTARELLA, STA SPACCANDO IL PD DI ELLY SCHLEIN - NEL CASO CHE UNA DECINA DI MILIONI DI ITALIANI SI ESPRIMESSERO A FAVORE DELL’ABOLIZIONE DEL JOBS-ACT, PUR NON RIUSCENDO A RAGGIUNGERE IL QUORUM, LANDINI ASSUMEREBBE INEVITABILMENTE UN'INVESTITURA POLITICA DA LEADER DELL'OPPOSIZIONE ANTI-MELONI, EMARGINANDO SIA SCHLEIN CHE CONTE - E COME POTRANNO I RIFORMISTI DEM, I RENZIANI E AZIONE DI CALENDA VALUTARE ANCORA UN PATTO ELETTORALE CON UN PD "LANDINIZZATO", ALLEATO DEL POPULISMO 5STELLE DI CONTE E DE SINISTRISMO AVS DI BONELLI E FRATOIANNI? - A MILANO LA SCISSIONE DEL PD È GIÀ REALTÀ: I RIFORMISTI DEM HANNO APERTO UN CIRCOLO IN CITTÀ INSIEME A ITALIA VIVA E AZIONE. MA BONACCINI DIFENDE ELLY SCHLEIN

sergio mattarella giorgia meloni

DAGOREPORT - L'ARDUO COMPITO DI MATTARELLA: FARE DA ARBITRO ALLA POLITICA ITALIANA IN ASSENZA DI UN’OPPOSIZIONE - IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NON VUOLE SOSTITUIRSI A QUEGLI SCAPPATI DI CASA DI SCHLEIN E CONTE, NÉ INTENDE SCONTRARSI CON GIORGIA MELONI. ANZI, IL SUO OBIETTIVO È TENERE IL GOVERNO ITALIANO DALLA PARTE GIUSTA DELLA STORIA: SALDO IN EUROPA E CONTRO LE AUTOCRAZIE – IL PIANO DI SERGIONE PER SPINGERE LA PREMIER VERSO UNA DESTRA POPOLARE E LIBERALE, AGGANCIATA UN'EUROPA GUIDATA DA FRANCIA, GERMANIA E POLONIA E LONTANA DAL TRUMPISMO - LE APERTURE DI ''IO SONO GIORGIA" SUL 25 APRILE E AFD. MA IL SUO PERCORSO VERSO IL CENTRO E' TURBATO DALLL'ESTREMISMO DI SALVINI E DALLO ZOCCOLO DURO DI FDI GUIDATO DA FAZZOLARI...

francesco micheli

DAGOREPORT - IN UNA MILANO ASSEDIATA DAI BARBARI DI ROMA, SI CELEBRA LA FAVOLOSA CAPITALE DEGLI AFFARI CHE FU: IL CAPITALISMO CON IL CUORE A SINISTRA E IL PORTAFOGLIO GONFIO A DESTRA - A 87 ANNI, FRANCESCO MICHELI APRE, SIA PURE CON MANO VELLUTATA E SENZA LASCIARE IMPRONTE VISTOSE, IL CASSETTO DEI RICORDI: “IL CAPITALISTA RILUTTANTE” È IL DIARIO DI BORDO DELL’EX BUCANIERE DELLA FINANZA CHE, SALITO SULL’ALBERO PIÙ ALTO DEL VASCELLO, HA OSSERVATO I FONDALI OSCURI INCONTRATI NEL MARE MAGNUM INSIDIOSO DELL’ECONOMIA, SOMMERSA E SPESSO AFFONDATA - “IO E LEI APPARTENIAMO A ZOO DIVERSI”, FU IL VATICINIO DI CUCCIA – LUI, UNICO TESTIMOME A RACCOGLIERE LO SFOGO DI EUGENIO CEFIS SU QUEL “MATTO” DI CUCCIA CHE NEL GIORNO DELLE SUE CLAMOROSE DIMISSIONI DA MONTEDISON L’AVEVA ACCOLTO CON UN BEFFARDO: “DOTTORE, PENSAVO VOLESSE FARE UN COLPO DI STATO…”