operai fabbriche coronavirus fabbrica mauro biani

FATTO IL DECRETO, TROVATA LA DEROGA – OLTRE ALLE ATTIVITÀ ESSENZIALI, CI SONO MOLTE IMPRESE CHE NON POSSONO E NON VOGLIONO CHIUDERE: SONO MIGLIAIA SOLTANTO NELLE PROVINCE DI BERGAMO E BRESCIA, LE PIÙ COLPITE DAL CORONAVIRUS – COM’È POSSIBILE? SEMPLICE, HANNO COMUNICATO ALLE PREFETTURE CHE SONO RICONDUCIBILI A FILIERE ESSENZIALI. E IN ATTESA DEI CONTROLLI RIMANGONO APERTE

 

 

Paola Zanca per "il Fatto quotidiano”

fabbrica coronavirus 1

 

L' antico adagio "fatta la legge, trovato l' inganno" non lo ammazza nessuno: neanche il coronavirus. E la legge, in questo caso, è il decreto del presidente del Consiglio dei ministri firmato il 22 marzo: quello che elenca le attività che possono continuare a produrre nonostante la chiusura imposta dall' epidemia.

 

informativa di giuseppe conte sull'emergenza coronavirus

Ottantadue codici Ateco, secondo l' ultima lista modificata mercoledì scorso, che indicano quali comparti produttivi hanno il permesso di non fermarsi. Attività essenziali - l' agroalimentare, l' energia, il chimico, i trasporti - che devono andare necessariamente avanti. Ma a cui - tra una deroga e un cavillo - si aggiunge un' altra grossa fetta di imprese che chiudere non può, o non vuole: migliaia, soltanto nelle province di Bergamo e Brescia. Quelle che da sole, nonostante il dato cominci fortunatamente a essere in calo, contano quasi la metà dei Covid positivi in Lombardia.

fabbrica coronavirus 3

 

Come quelli dei contagi, anche i numeri delle comunicazioni arrivate via Pec alle prefetture di Brescia e Bergano vanno ancora analizzati nel dettaglio. Ma la mole di mail ricevute è il segnale che l' instancabile voglia di lavorare che ha fatto grande la provincia lombarda non ha intenzione di farsi fermare da quel decreto firmato a Roma: il "Chiudi Italia" - almeno qui - esce piuttosto ammaccato.

 

coronavirus bergamo – ph fabio bucciarelli new york times 9

Cominciamo da Bergamo, tristemente nota come la capitale del Covid-19. Fino a ieri, 1800 aziende hanno chiesto deroghe al decreto firmato da Giuseppe Conte. Significa che per loro, il blocco scattato il 25 marzo non è ancora operativo. Lavorano, nell' attesa che la Finanza e i carabinieri arrivino a notificare una eventuale sospensione. Hanno autocertificato che possono restare aperti perché svolgono attività riconducibili a filiere essenziali: "Funziona al contrario", dice il segretario provinciale della Cgil Gianni Peracchi, costretto ad ammettere che "il polso della situazione non ce l' ha nessuno".

 

giuseppe conte roberto gualtieri

Verifiche, loro, non ne possono fare, nonostante l' accordo lo preveda: la prefettura, così come a Brescia, non gli ha ancora fornito l' elenco delle autocertificazioni arrivate. Nell' attesa, il sindacato ha segnalato già due violazioni. Una è una ditta che continuava a restare aperta nonostante producesse utensili in legno e pennelli, l' altro un produttore di carta che si era iscritto alla filiera alimentare, nonostante riguardasse una parte infinitesimale del suo mercato.

 

fabbrica coronavirus 2coronavirus, a bergamo l'arrivo dei carri funebri al cimitero e' non stop

Il nodo vero è proprio qui: come si decide se una azienda che lavora anche per uno dei settori essenziali può tenere attivo l' intero ciclo produttivo? Un caso è quello di Camozzi Group, colosso bresciano della manifattura e dell' automazione con 18 siti produttivi e 2600 dipendenti. Tra le tante cose, fabbrica ed esporta componenti di respiratori polmonari, certo. Ma fonde alluminio e ghisa, si occupa di tessile, di carpenteria, di meccanica pesante. E, a oggi, sono tutti al lavoro. Tant' è che nell' home page del loro sito rassicurano i clienti: "Informiamo che la produzione delle aziende appartenenti al Gruppo Camozzi sta funzionando regolarmente e tutti i servizi e assistenza sono garantiti ai nostri clienti a livello internazionale". Interpellata sul punto, la proprietà non ha voluto rilasciare ulteriori dichiarazioni.

 

fabbrica coronavirusTRIAGE CORONAVIRUS

Ma la risposta, va detto, è nei fatti: in prefettura si limitano a verificare che una impresa abbia il codice Ateco autorizzato dal decreto. Che poi di codici, un' azienda, possa averne associati molti altri, non è un problema loro. "Ci sono aziende che hanno auto-dichiarato la 'parzialità' della produzione - spiega Francesco Bertoli, segretario provinciale della Cgil a Brescia - Certo è possibile che qualcuno faccia un passo in più".

 

fabbrica coronavirus 4

Lo spiega meglio, in una lettera pubblicata sui social, la moglie di un dipendente (tutti rigorosamente anonimi, che l' aria che tira non è buona) di una fabbrica di Lumezzane, il comune in provincia di Brescia che esporta rubinetti e posate in tutto il mondo. "Cari imprenditori lumezzanesi - la sintesi del messaggio - il governo decide la chiusura delle fabbriche non essenziali e voi che fate? Con la scusa che una piccolissima parte delle vostre aziende produce parti di apparecchiature medicali, continuate a produrre anche tutto ciò che realizzate abitualmente: vi chiedete cosa state chiedendo ai vostri lavoratori?".

coronavirus terapia intensiva bergamo

 

I numeri, a Brescia, sono più pesanti di quelli di Bergamo: le Pec arrivate in prefettura sono 2980. Ma è plausibile che al loro interno ci siano anche aziende che hanno inviato la comunicazione per scrupolo o per errore. Bertoli, per dire, è più stupito dal numero di imprese del settore della difesa e dell' aerospaziale che hanno chiesto l' autorizzazione a riaprire: 317 solo a Brescia.

recessione coronavirus

 

Poi certo, la faccenda è controversa. E non è detto che chi resta aperto non abbia i dispositivi di sicurezza necessari. E, come spiega Dario, delegato della Cgil in un' azienda chimica del Bergamasco, "fermare tutto potrebbe significare la distruzione di un tessuto produttivo con ripercussioni molto forti in termini di condizioni di vita di tutti i lavoratori".

Non sarà un bel domani, se già ora le richieste di cassa integrazione hanno subìto un boom appena è giunta notizia che sarà l' Inps a pagare direttamente le mensilità, senza bisogno che l' imprenditore le anticipi.

esercito a bergamo per portare via le bare 3il servizio di sky news dall'ospedale di bergamo

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

NULLA SARÀ COME PRIMA: PIER SILVIO BERLUSCONI, VESTITO DI NUOVO, CASSA IL SUO PASSATO DI RAMPOLLO BALBETTANTE E LANCIA IL SUO PREDELLINO – IN UN COLPO SOLO, CON IL COMIZIO DURANTE LA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI, HA DEMOLITO LA TIMIDA SORELLA MARINA, E MANDATO IN TILT GLI OTOLITI DI GIORGIA MELONI, MINACCIANDO LA DISCESA IN CAMPO. SE SCENDE IN CAMPO LUI, ALTRO CHE 8%: FORZA ITALIA POTREBBE RISALIRE (E MOLTO) NEI SONDAGGI (IL BRAND BERLUSCONI TIRA SEMPRE) – NELLA MILANO CHE CONTA IN MOLTI ORA SCOMMETTONO SUL PASSO INDIETRO DI MARINA DALLA GESTIONE “IN REMOTO” DI FORZA ITALIA: D'ALTRONDE, LA PRIMOGENITA SI È MOSTRATA SEMPRE PIÙ SPESSO INDECISA SULLE DECISIONI DA PRENDERE: DA QUANTO TEMPO STA COGITANDO SUL NOME DI UN SOSTITUTO DI TAJANI?