LA CORTE DEI MIRACOLI DEI LIGRESTO'S: INCARICHI D'ORO PER I FIGLI DI LA RUSSA, TABACCI E PISANU

Francesco Manacorda per "Libero"

Non solo aragoste, non solo ombrelloni. Tutto, in casa Ligresti, era davvero una sorta di Tanka Village della finanza, un villaggio vacanze con benefici per gli ospiti più prestigiosi, trattamenti di favore riservati a famigli e familiari, remunerazioni assicurate per chi sedeva al tavolo dei tanti consigli d'amministrazione del gruppo e qualche aggiunta gradita per chi si ritrovava consigliere delle non poche società con cui, via Mediobanca, l'Ingegnere aveva intrecci stretti.

Incarichi multipli e remunerazioni conseguenti, così per i tre figli: Jonella che fino alla cessione di Fonsai a Unipol lo scorso anno è stata presidente, e poi vicepresidente, di Fonsai, consigliere di amministrazione della stessa Mediobanca, consigliere di amministrazione di Italmobiliare; Giulia che ha avuto le cariche di presidente e amministratore delegato della holding Premafin, di vicepresidente di Fonsai e di consigliere di amministrazione di Pirelli;

Paolo con la presidenza dell'Immobiliare Lombarda, la vicepresidenza di Premafin e della Milano Assicurazioni, e posti nel cda della Fonsai, del Milan e dell'Alitalia (in quest'ultimo siede tuttora). Facile capire come si sia arrivati alla cifra tonda di 70 milioni distribuita nel corso degli anni dal gruppo alla famiglia, anche se in quel funesto 2011 lo stesso Don Salvatore si era dovuto accontentare di soli 250 mila euro di consulenze.

Ma anche per i parenti stretti e gli amici c'è sempre stato posto nei cda delle società «di famiglia». La moglie di Paolo, Barbara De Marchi, sedeva nel consiglio della Milano, i mariti di Giulia e Jonella - Luca Ortigara e Omar Bonomelli - sono stati cooptati nel cda della Immobiliare Lombarda. E i sodali di vecchia data La Russa, hanno avuto sempre un posto nel cda di Premafin: prima occupato dal nonno Antonino, poi, sette anni fa, preso dal neolaureato in Legge Geronimo, figlio di Ignazio.

A loro, ed ad altri figli d'arte come Simone Tabacci e Luigi Pisanu, che erano rispettivamente consiglieri della Milano Assicurazioni e dell'Immobiliare Lombarda, le retribuzioni - almeno fino allo scorso anno - erano sempre assicurate. Nell'annus horribilis del gruppo, il 2011, ad esempio, mentre Fonsai chiudeva il bilancio con oltre un miliardo di perdita, la compagnia riuscì a distribuire 2,5 milioni alla presidente Jonella, 2,12 milioni al fratello Paolo e 837 mila euro a Giulia, che però assommava anche la retribuzione come presidente di Premafin e riceveva dalla compagnia, per prodotti della sua azienda di borse Gilli, altri 320 mila euro.

Nello stesso anno a Geronimo La Russa andarono 350 mila euro, a suo zio Vincenzo, consigliere sempre in Fonsai, altri 320 mila euro. E ancora 2,2 milioni al vicepresidente Carlo Talarico, la cui figlia Alessandra sedeva nel cda della Milano, e 1,42 milioni a Fausto Rapisarda, segretario del consiglio d'amministrazione e uomo storicamente vicinissimo all'Ingegnere.

Il modello Ligresti, con le sue peculiari formule di governance, non ha attirato grande attenzione da parte delle autorità di vigilanza - nè ha turbato più di tanto, nel corso degli anni, quel vastissimo mondo finanziario che con Premafin e FonSai ha avuto a che fare.

Facile capire il perché: finché l'Ingegnere e il suo vacillante impero sono stati funzionali alla sopravvivenza di un sistema coeso e bloccato a nessuno - banche in primis - conveniva mettere in discussione quello che accadeva, in barba ai soci di minoranza, nelle segrete stanze societarie di casa Ligresti. Poi con la crisi finanziaria che incombeva e i conti della Fonsai sempre più difficili da tenere in vita con la rianimazione artificiale, lo strappo.

Ieri nella city milanese la vicenda del costruttore che volle farsi re delle assicurazioni, debitamente sostenuto dalla politica e da Mediobanca, non ha destato troppi brividi, L'epoca dell'Ingegnere, sostengono in molti, era di fatto già finita negli ultimi due anni, da quando proprio l'alleata di un tempo Mediobanca, sotto la gestione di Alberto Nagel, aveva deciso che Fonsai andava ricapitalizzata e che per farlo serviva un altro socio, più affidabile di Ligresti.

Quei salotti buoni di cui Ligresti è stato per anni un pilastro lo avevano insomma già rimosso, come testimonia anche la portinaia del numero 42 di Viale Majno, secondo cui ormai da tempo le grandi cene a cui l'Ingegnere riceveva a casa tutta la Milano che conta, si fossero diradate fino a sparire. Un'espulsione dalla comunità finanziaria dovuta dunque più a motivi di cessata utilità che non a problemi di galateo societario, sempre agevolmente ignorati.

E un'espulsione che i Ligresti, nati e cresciuti nella bambagia societaria in cui li aveva avvolti Don Salvatore, non riescono a capacitarsi. Giulia Ligresti, raccontano le carte della Procura di Torino, «nel corso di tre deposizioni... ha ribadito a più riprese la tesi del "complotto delle banche e dei salotti che contano", senza fornire alcun elemento a chiarimento delle condotte in contestazione».

 

LIGRESTI CON LE FIGLIEI VERTICI DI FONDIARIA - LA FAMIGLIA LIGRESTIFAMIGLIA LIGRESTI LaRussa Ignazio PISANU BIANCO TABACCI Giulia Paolo Jonella e Salvatore LigrestiGeronimo LaRussa e Barbara Berlusconi copyright Sgp Giulia Ligresti ALBERTO NAGEL

Ultimi Dagoreport

emanuele orsini romana liuzzo luiss sede

FLASH! – IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, EMANUELE ORSINI, HA COMINCIATO IL "RISANAMENTO" DELL’UNIVERSITÀ "LUISS GUIDO CARLI" ALLONTANANDO DALLA SEDE DELL’ATENEO ROMANO LO SPAZIO OCCUPATO DALLA "FONDAZIONE GUIDO CARLI" GUIDATA DALL’INTRAPRENDENTE ROMANA LIUZZO, A CUI VENIVA VERSATO ANCHE UN CONTRIBUTO DI 350 MILA EURO PER UN EVENTO ALL’ANNO (DAL 2017 AL 2024) - ORA, LE RESTA SOLO UNA STANZETTA NELLA SEDE LUISS DI VIALE ROMANIA CHE SCADRÀ A FINE ANNO – PRIMA DELLA LUISS, LA FONDAZIONE DELLA LIUZZO FU "SFRATTATA" DA UN PALAZZO DELLA BANCA D’ITALA NEL CENTRO DI ROMA...

rai giampaolo rossi gianmarco chiocci giorgia meloni bruno vespa scurti fazzolari

DAGOREPORT - RIUSCIRÀ GIAMPAOLO ROSSI A DIVENTARE IL CENTRO DI GRAVITÀ DELL’INDOMABILE BARACCONE RAI? - IL “FILOSOFO” DEL MELONISMO HA TENUTO DURO PER NON ESSERE FATTO FUORI DAL FUOCO AMICO DEL DUPLEX SERGIO-CHIOCCI. A “SALVARE” IL MITE ROSSI ARRIVÒ IL PRONTO SOCCORSO Di BRUNO VESPA, CON IL SUO CARICO DI MEZZO SECOLO DI VITA VISSUTA NEL FAR WEST DI MAMMA RAI - A RAFFORZARE LA SUA LEADERSHIP, INDEBOLENDO QUELLA DI CHIOCCI, È INTERVENUTA POI LA FIAMMA MAGICA DI PALAZZO CHIGI, “BRUCIANDO” IN PIAZZA IL DESIDERIO DI GIORGIA DI ARRUOLARLO COME PORTAVOCE - L’OPERAZIONE DI ROSSI DI ESSERE IL BARICENTRO IDEOLOGO E PUNTO DI RIFERIMENTO DI TELE-MELONI, SI STA SPOSTANDO SUI TALK-SHOW E L’INTRATTENIMENTO, A PARTIRE DALLA PROBABILE USCITA DI PAOLO DEL BROCCO, DA UNA DOZZINA DI ANNI ALLA GUIDA “AUTONOMA” DELLA CONSOCIATA RAI CINEMA, IN SCADENZA AD APRILE 2026 - IL NOME CHE SCALPITA PER ANDARLO A SOSTITUIRE, È UN AMICO FIDATO DI ROSSI, L’ATTUALE DIRETTORE DEL DAY-TIME, LO SCRITTORE-POETA-CANTANTE-SHOWMAN ANGELO MELLONE - MENTRE A RAI FICTION...

roberto vannacci matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - UNO SPETTRO SI AGGIRA MINACCIOSO PER L'ARMATA BRANCA-MELONI: ROBERTINO VANNACCI - L’EX GENERALE DELLA FOLGORE STA TERREMOTANDO NON SOLO LA LEGA (SE LA VANNACCIZZAZIONE CONTINUA, ZAIA ESCE DAL PARTITO) MA STA PREOCCUPANDO ANCHE FRATELLI D’ITALIA - IL RICHIAMO DEL GENERALISSIMO ALLA DECIMA MAS E ALLA PACCOTTIGLIA DEL VENTENNIO MUSSOLINIANO (“IO FASCISTA? NON MI OFFENDO”)  ABBAGLIA LO “ZOCCOLO FASCIO” DELLA FIAMMA, INGANNATO DA TRE ANNI DI POTERE MELONIANO IN CUI LE RADICI POST-MISSINE SONO STATE VIA VIA DEMOCRISTIANAMENTE “PETTINATE”, SE NON DEL TUTTO SOTTERRATE - IL PROGETTO CHE FRULLA NELLA MENTE DI VANNACCI HA COME TRAGUARDO LE POLITICHE DEL 2027, QUANDO IMPORRÀ A SALVINI I SUOI UOMINI IN TUTTE LE CIRCOSCRIZIONI. ALTRIMENTI, CARO MATTEO, SCENDO DAL CARROCCIO E DO VITA AL MIO PARTITO - INTANTO, SI È GIÀ APERTO UN ALTRO FRONTE DEL DUELLO TRA LEGA E FRATELLI D’ITALIA: LA PRESIDENZA DEL PIRELLONE…

berlusconi john elkann

FLASH! – “AHI, SERVA ITALIA, DI DOLORE OSTELLO...”: DA QUALE FANTASTICA IPOCRISIA SPUNTA LA FRASE “MESSA IN PROVA” PER LIQUIDARE IL PATTEGGIAMENTO DI JOHN ELKANN, CONDANNATO A 10 MESI DI LAVORO DAI SALESIANI? - QUANDO TOCCÒ AL REIETTO SILVIO BERLUSCONI DI PATTEGGIARE CON LA GIUSTIZIA, CONDANNATO A UN ANNO DI LAVORO PRESSO UN OSPIZIO DI COLOGNO MONZESE, A NESSUNO VENNE IN MENTE DI TIRARE FUORI LA FRASE “MESSA IN PROVA”, MA TUTTI TRANQUILLAMENTE SCRISSERO: “SERVIZI SOCIALI”…

bomba doha qatar trump netanyahu epstein ghislaine maxwell

DAGOREPORT - COME MAI DONALD TRUMP,  PRESIDENTE DELLA PIÙ GRANDE POTENZA PLANETARIA, NON È NELLE CONDIZIONI DI COMANDARE SUL PREMIER ISRAELIANO BENJAMIN NETANYAHU? - COME E' RIUSCITO "BIBI" A COSTRINGERE L’IDIOTA DELLA CASA BIANCA A NEGARE PUBBLICAMENTE DI ESSERE STATO PREAVVISATO DA GERUSALEMME DELL'ATTACCO CONTRO ALTI ESPONENTI DI HAMAS RIUNITI A DOHA? - DATO CHE IL QATAR OSPITA LA PIÙ GRANDE BASE AMERICANA DEL MEDIO ORIENTE, COME MAI LE BOMBE SGANCIATE VIA DRONI SUI VERTICI DI HAMAS RIUNITI A DOHA SONO RIUSCITE A PENETRARE IL SISTEMA ANTIMISSILISTICO IRON DOME ('CUPOLA DI FERRO') DI CUI È BEN DOTATA LA BASE AMERICANA? - TRUMP ERA STATO OVVIAMENTE AVVISATO DELL’ATTACCO MA, PUR CONTRARIO A UN BOMBARDAMENTO IN CASA DI UN ALLEATO, TUTTO QUELLO CHE HA POTUTO FARE È STATO DI SPIFFERARLO ALL’EMIRO DEL QATAR, TAMIN AL-THANI - SECONDO UNA TEORIA COMPLOTTISTICA, SOSTENUTA ANCHE DAL MOVIMENTO MAGA, NETANYAHU AVREBBE IN CASSAFORTE UN RICCO DOSSIER RICATTATORIO SUI SOLLAZZI SESSUALI DI TRUMP, FORNITO ALL’EPOCA DA UN AGENTE DEL MOSSAD ''SOTTO COPERTURA'' IN USA, TALE JEFFREY EPSTEIN...