DAL SALOTTO ALL’OSTERIA (CON RISSA) – CONTO ALLA ROVESCIA PER L’ASSEMBLEA TELECOM DEL 16 APRILE DOVE IL CANDIDATO DI TELCO RECCHI SFIDERA’ QUELLO DI FOSSATI GAMBERALE

Giorgio Meletti per il "Fatto quotidiano"

Telecom Italia è privata da oltre 16 anni e versa beffardamente in uno stato caotico che mai si era visto quando era pubblica. Non solo. La tornata di nomine ai vertici delle società a controllo statale (Eni, Enel, Terna, Poste, Finmeccanica) si sta dipanando nel solco dell'ordine nuovo renziano: boiardi vecchi e nuovi aspettano in un silenzio carico di terrore la sentenza del Minosse di turno. Invece per i nuovi vertici Telecom, che saranno eletti nell'assemblea degli azionisti il 16 aprile prossimo, le cosiddette forze del mercato si stanno confusamente scannando.

LA TELCO, scatola finanziaria che con il 22,4 per cento delle azioni ha fatto finora il bello e il cattivo tempo, ha presentato una lista per il cda ampiamente rinnovata. Della vecchia gestione sono ricandidati solo l'ad Marco Patuano, il finanziere tunisino Tarek Ben Ammar e l'economista Jean Paul Fitoussi. Hanno fatto un passo indietro tutti gli azionisti di Telco: Cesar Alierta e Julio Linares di Telefonica, Renato Pagliaro presidente di Mediobanca, Gabriele Galateri presidente di Assicurazioni Generali e Gaetano Micciché di Intesa Sanpaolo.

A Telecom vige ancora una indecente forma di porcellum per cui con il 22,4 per cento del capitale puoi eleggere quattro quinti del consiglio. La battaglia dell'azionista di minoranza Marco Fossati per un cambio di statuto che riequilibrasse la rappresentanza in favore della maggioranza frantumata degli azionisti è finita contro il muro di gomma dei cosiddetti salotti buoni. Che però sono in fuga.

Sei mesi fa Mediobanca, Generali e Intesa hanno consegnato la maggioranza di Telco, e quindi il controllo di Telecom Italia, alla spagnola Telefonica, con un accordo sufficientemente opaco da indurre il procuratore aggiunto di Roma, Nello Rossi, ad aprire un fascicolo. La ritirata dal cda segnala che Telecom non è più affar loro: hanno comprato le azioni a caro prezzo nel 2007 - quando erano ancora in auge le sciagurate operazioni di sistema - e hanno perso un paio di miliardi di euro in tutto. Adesso hanno staccato la spina.

Alierta, convinto dal vecchio amico Galateri che il governo Letta non avrebbe ostacolato la conquista spagnola di Telecom Italia, si è impantanato dove credeva di essere più forte, in Brasile. Il Cade, l'antitrust di Brasilia, gli ha notificato che lo considera azionista di controllo di Telecom a dispetto del barocco travestimento contrattuale studiato in piazzetta Cuccia. Un bel problema visto che il mercato dei cellulari in quel paese è dominato da Tim Brasil e da Vivo, controllata da Telefonica.

Alierta puntava a far vendere alla svelta la controllata brasiliana di Telecom, ma l'ad Patuano ha dovuto frenare di colpo di fronte alle proteste rumorose della minoranza guidata da Fossati. Telefonica è rimasta a metà del guado: Alierta ha perso anche lui un sacco di soldi con Telecom, ne ha spesi altri per conquistare un controllo che non è un controllo, e adesso si inseguono le voci da Madrid secondo le quali l'azionariato di Telefonica vorrebbe fargliela pagare.

In questo scenario nel salotto Telco si è lavorato per settimane sulla candidatura alla presidenza di Massimo Tononi, ex Prodi boy, sottosegretario all'Economia con Tommaso Padoa-Schioppa (2006-2008). Sul nome di Tononi c'era anche l'ok di Fossati, favorevole a un accordo tra gli azionisti sulle cose da fare più che desideroso della rissa continua degli ultimi mesi. All'ultimo momento il nome di Tononi è sparito e adesso il candidato alla presidenza è Giuseppe Recchi, in uscita dall'Eni.

COSÌ Fossati ha schierato il suo nome forte per la presidenza, il numero uno di F2i Vito Gamberale, fondatore di Tim in una vita precedente. L'assemblea del 16 aprile sarà apertissima. Tre anni fa Telco ottenne il voto del 47 per cento delle azioni presenti e vinse l'assemblea solo perché Fossati e i fondi comuni divisero su due liste il loro complessivo 51 per cento. Anche stavolta ci sono due liste distinte, quella di Assogestioni e quella di Fossati: ma il voto sul presidente sarà un ballottaggio su due nomi.

 

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