DROGATI DI LIQUIDITÀ - COME FAREMO A DISINTOSSICARCI DALLE “INIEZIONI” DELLE BANCHE CENTRALI?

Niall Ferguson per ‘Il Sole 24 Ore' (Traduzione di Francesca Novajra)

Forse dovremmo battezzare il 2013 «l'anno dell'economia Winehouse». «Volevano mandarmi in disintossicazione, ma ho detto no, no, no», cantava Amy Winehouse. Nel 2013, le Banche centrali più importanti del mondo, Federal Reserve in testa, erano un po' come le grandi popstar.

L'estate scorsa, la Fed e la Banca centrale cinese hanno manifestato la loro intenzione di normalizzare la politica monetaria. Il presidente della Fed Ben Bernanke ha parlato chiaramente di «tapering», la riduzione massiccia del programma mensile di acquisto dei bond anche nota come Quantitative easing, l'allentamento monetario.

Il governatore della Banca centrale cinese Zhou Xiaochuan ha cercato di mettere freno all'aumento del credito nel suo Paese, ma davanti alla forte reazione dei mercati cinesi e americani, con un sensibile aumento dei rendimenti dei bond negli Stati Uniti e un'impennata dei tassi interbancari in Cina, le rispettive autorità monetarie hanno fatto un passo indietro. È un problema che hanno avuto molti cantanti: dopo anni di dipendenza, disintossicarsi non è certo una passeggiata.

È vero che ci sono forti giustificazioni intellettuali per mantenere una dipendenza economica di qualche tipo. A novembre Larry Summers, il candidato favorito alla successione di Bernanke, aveva dichiarato che l'economia americana era stretta in una «stagnazione secolare». E altri economisti andavano vaticinando che in Europa, e probabilmente anche in America, la deflazione benigna degli ultimi decenni poteva diventare maligna.

Eppure i segnali di ripresa per l'economia mondiale ci sono. Nel 2014, il Fondo monetario internazionale prevede che la crescita globale annua passerà dal 2,9 al 3,6% e che nei quattro anni successivi sarà più alta del 4%, superiore ai tassi di crescita media registrati negli anni Ottanta, Novanta e nel primo decennio del 2000.

Questo sfasamento fra la scarsa performance delle economie avanzate e l'aumento della crescita nel resto del mondo solleva (come minimo) sette domande, soprattutto per le Banche centrali più importanti. Una Banca centrale riveste un mandato nazionale, ma in un mondo interconnesso come il nostro, le sue decisioni si ripercuotono inevitabilmente a livello globale.

Domanda n. 1: Che cosa farà esattamente la Fed di Janet Yellen?
Pare che il nuovo governatore preferisca l'attuale politica graduale a una terapia d'urto. La riduzione dell'allentamento monetario andrà fatta prima o poi, ma la sincera preoccupazione di Janet Yellen sulle condizioni del mercato dell'occupazione americano fanno pensare che prometterà una diminuzione dei tassi più lunga di quanto altri indicatori sembrino giustificare. La sfida sarà riuscire a far funzionare il nuovo regime di «forward guidance» - ovvero l'indicazione sulle future modifiche dei tassi - quando altri indicatori lasciano intravedere l'inizio della ripresa (chiedetelo a Mark Carney, governatore della Bank of England).

Gli Stati Uniti sono in ripresa su più fronti. Shale gas e shale oil hanno portato abbondanza energetica, la Silicon Valley sta andando a gonfie vele, il mercato azionario tocca punte record e, incredibile ma vero, un Congresso profondamente spaccato ha appena varato un piano biennale che aumenterà leggermente la spesa a breve termine riducendo il disavanzo sul lungo periodo.

C'è la forte possibilità che i mercati reagiscano a questa e ad altre buone notizie ignorando la «forward guidance», concentrandosi sulla riduzione dell'allentamento monetario e aumentando i tassi a lungo termine. Una possibile conseguenza a breve termine potrebbe essere una brusca correzione del mercato azionario come quella del 1980 e del 1987. A Wall Street piace mettere alla prova i nuovi presidenti della Fed.

Domanda n. 2: Come reagiranno le altre Banche centrali al cambio di politica monetaria da parte di Washington? A Francoforte, la Bce sa che la periferia dell'eurozona non è ancora pronta per un rialzo dei tassi, anche se le economie di Spagna, Irlanda e Grecia stanno dando segni di vitalità, ma la disoccupazione continua a essere spaventosamente alta. Senza dimenticare che il grosso spettro politico dell'Europa resta il populismo e le elezioni del Parlamento europeo del 2014 offriranno un'opportunità senza precedenti ai seguaci della leader francese di estrema destra Marine Le Pen.

Domanda n. 3: I populisti otterranno un risultato elettorale tale da perturbare il complesso processo di creazione di un'Unione bancaria europea, requisito indispensabile alla ripresa sostenibile del sistema finanziario europeo? Probabilmente no. Anzi, il successo populista potrebbe persino incoraggiare i socialdemocratici e i cristianodemocratici a formare una «grande coalizione» all'interno del Parlamento europeo, il che vorrebbe dire fare un altro passo verso una silenziosa germanizzazione dell'Unione europea.

In Giappone la disintossicazione monetaria desta ancora meno entusiasmo: il governo Abe si aspetta chiaramente un maggiore stimolo da parte della Banca centrale giapponese. Se questo verrà meno, le speranze che l'Abeconomia porti il tasso di inflazione annuo al 2% saranno senz'altro deluse.

Domanda n. 4: Il Giappone sarà in grado di mantenere l'allentamento monetario mentre gli Stati Uniti lo riducono? Probabilmente sì, ma la misura in cui l'allentamento favorisce una crescita sostenuta e un'inflazione più elevata, dipende dalla cosiddetta «terza freccia» della riforma strutturale che deve ancora centrare i suoi veri obiettivi.
Il contrasto con la Cina, prossima geograficamente al Giappone e sua strategica rivale, è impressionante. Ci sono diversi segnali che la Banca centrale cinese abbia ripreso la stretta monetaria per cercare di imporre una controllata restrizione del credito al suo settore bancario ombra. E questo mi porta alle ultime tre domande:

Domanda n. 5: La Cina è veramente in grado di sostenere e allo stesso tempo sgonfiare la bolla creditizia e attuare le riforme strutturali annunciate dopo il terzo plenum del Comitato centrale del Partito comunista cinese?

Domanda n. 6: Come reagirà la nuova ed estesa classe media cinese in caso di una risposta negativa alla domanda n. 5?

Domanda n. 7: La dirigenza di Pechino risponderà al malcontento interno agitando l'arma della politica estera più di quanto non abbia già fatto quest'anno?
Non ho la presunzione di conoscere le risposte a queste ultime domande, ma sono determinanti per riuscire a capire come uscirà il mondo da una disintossicazione monetaria.

 

 

BERNANKE YELLEN OBAMAHaruhiko Kuroda governatore della banca centrale giapponese HARUHIKO KURODA GOVERNATORE DELLA BANCA CENTRALE DEL GIAPPONEjanet yellen MARK CARNEYJoe Biden Xi Jinping Barack Obama e Xi Jinping si incontrano a Sunnylands

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