DYNASTY IN BRIANZA – PER LA SUCCESSIONE AL CAVALIERE DISSELLATO MARINA E PIERSILVIO FANNO MURO CONTRO ‘SANTA BARBARA’, CHE ATTACCA: ‘NON TUTTI IN FI E A MEDIASET VOGLIONO BENE A PAPA’ – ANCHE LA PASCALE ‘TIFA’ PER MARINA – SALTA IL VERTICE FAMIGLIARE

Carmelo Lopapa per ‘La Repubblica'
La guerra è fredda, ma non tarderà a esplodere, come sanno tutti dentro Forza Italia. Soprattutto se, con le misure cautelari, la stella di Silvio Berlusconi si inabisserà più velocemente di quanto lui stesso abbia preventivato. È la guerra di successione, politico-dinastica stavolta, della quale fuori dal perimetro di Villa San Martino ad Arcore si intravedono già le scintille. Che ne sarà della leadership dopo il 10 aprile? E cosa dopo l'eventuale tracollo elettorale delle Europee in assenza di un Berlusconi in lista? Chi gestirà Forza Italia quando lui sarà sotto vincoli?

La faccenda è «familiare» molto più di quanto appaia all'esterno. Barbara in queste ore - raccontano da Milano - non ha affatto archiviato il sogno di seguire le orme del padre sulla via del partito, dopo aver intrapreso quella che l'ha portata ai vertici del Milan. «Mio padre è circondato da troppa gente che non gli vuole bene, dentro Forza Italia e purtroppo anche in azienda» va ripetendo la giovane manager a chi le chiede cosa intenda fare.
Un entusiasmo e una foga che si sono infrante contro l'asse formato dai due figli di prime nozze, Marina e Piersilvio. «Io e lei ci consultiamo ogni giorno, su tutto» sottolineava ancora ieri il vicepresidente Mediaset a proposito dell'intesa con la sorella maggiore, nell'intervista al Corriere con cui non escludeva in futuro anche un proprio impegno in politica («Mai dire mai»), stroncando invece quello dell'altra sorella, Barbara.
Eventualità picconata del resto proprio da Marina, che ha lavorato ai fianchi il padre per settimane. La presidentessa Mondadori non vuole per il momento a «sacrificarsi» in prima persona, ma non per questo è disposta a cedere lo scettro della leadership politico-familiare alla sorella più piccola. Non è un caso se Francesca Pascale, non più tardi di una settimana fa, intervistata da Repubblica, ha sponsorizzato una «discesa in campo» della stessa Marina.

Se attorno al patriarca si è stretto come mai in passato un «cerchio magico» composto proprio dalla Pascale, da Maria Rosaria Rossi, da Alessia Ardesi, sotto la consulenza politica di Giovanni Toti (espressione dei big aziendali Confalonieri e Crippa), è solo perché appunto Marina e Piersilvio lo hanno consentito. Un filo li lega tutti, in questa storia.

Certo è che il tanto annunciato vertice familiare previsto domenica scorsa per riunire tutti i cinque figli nella sala da pranzo di Villa San Martino e spegnere le polemiche, è saltato. Sostituito da un doppio appuntamento che ha dato la visione plastica della spaccatura dinastica in corso. Domenica sera hanno cenato col padre Barbara, Eleonora e Luigi, figli di Veronica. Mentre lunedì, al consueto pranzo-briefing con le aziende, c'erano i soliti Piersilvio e Marina. Il clima è un po' questo, da fratelli coltelli.
Ecco allora che qualsiasi scelta compiuta adesso dall'ex premier farebbe saltare il tavolo e i delicatissimi equilibri familiari. «Non possiamo dare l'impressione di fare investiture dinastiche» ha tagliato corto con gli uni e gli altri Berlusconi nei giorni scorsi, congelando di fatto la partita. Ci sono cose più «serie», come gli affari, da portare avanti. Con Mediaset che giusto ora è tornata a produrre profitti (8,9 milioni nel 2013), a dispetto del rosso del 2012, e che ha acquistato i diritti della Champions League fino al 2018 per la cifra record da 700 milioni.

Sul simbolo per le Europee campeggerà il cognome, per mantenere il brand nel simbolo di Forza Italia, è stato confermato ieri nella prima riunione dell'ufficio di presidenza a Palazzo Grazioli. Ma in pochi sono pronti a scommettere che sia rimasto il cognome (e non il nome) per lasciare uno spiraglio alla candidatura di uno dei figli in vista del 25 maggio.
«Quella carta è chiaro ormai che verrà giocata, ma non subito, alle politiche » spiega un big che frequenta la famiglia. Per il momento, per evitare altre fratture al partito, Berlusconi cede alla linea dettata da Raffaele Fitto. Saranno consentite le candidature alle Europee anche dei parlamentari. Tenuti a dimettersi dopo l'eventuale elezione (e non prima, come pure era ipotizzato nella stesura originaria del discorso che il leader legge ad apertura).
«Abbiamo bisogno di liste forti, chi vorrà candidarsi potrà farlo» dice il leader dando il via al plebiscito dei 64 presenti su 67 (mancano Stefania Prestigiacomo, Paolo Bonaiuti e Gianfranco Rotondi). Dal disco verde alle Europee resteranno esclusi, come
già alle Politiche, Claudio Scajola e Nicola Cosentino.

Certo è che il «liberi tutti» ha già aperto la corsa dei pochi che possono vantare un patrimonio elettorale da investire, pronti a blindarsi al sicuro per i prossimi cinque anni a Bruxelles, lontano dalle sabbie mobili del berlusconismo in declino. Non solo Fitto, ma si muovono anche Saverio Romano e Gianfranco Micciché in Sicilia, Salvatore Cicu in Sardegna e tanti altri ci stanno pensando. L'ex Cavaliere prova a motivare i suoi, li chiama a un'«opposizione d'ora in poi più incisiva al governo Renzi, alla vigilia delle Europee». Chi resta a Roma pensa piuttosto a quel che ne sarà di Forza Italia e di ciascuno di loro dopo il 10 aprile (o il 18 secondo alcuni), quando il Tribunale di sorveglianza di Milano
deciderà su domiciliari o servizi sociali.
La corsa al "si salvi chi può" è già cominciata. Tutti si preparano al peggio. Non solo Nicolò Ghedini e Maria Rosaria che si sarebbero divisi i compiti, eleggendo il primo domicilio ad Arcore, la seconda a Roma, per ogni evenienza. Sulle spoglie del partito, su chi dovrà gestirlo e decidere sulle liste si è consumato uno scontro brutale tra la cerchia ristretta che marca a uomo il capo e la vecchia guardia.

Due correnti nel partito. La prima composta dalla fidanzata Pascale e la Rossi, lo stesso Ghedini, e le menti più politiche, Giovanni Toti e il capogruppo al Senato Paolo Romani (che ieri in ufficio di presidenza ha tentato una mediazione per il momento accolta: «Diamo a Berlusconi la delega a creare liste forti »). Il secondo gruppo è composto da Denis Verdini e Daniela Santanché, da Fitto e Saverio Romano, ma anche da Mara Carfagna. Hanno vinto i primi, per ora, stoppando intanto la corsa di Barbara e arginando Verdini, nonostante sia il regista dell'intesa con Renzi. Ma la conta interna delle Europee, le prime senza Berlusconi, aprirà scenari inediti.

 

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