FUGA DAI BOND - L’ECONOMIA USA RIPARTE, LA FED SMETTE DI POMPARE DOLLARI, E L’EUROPA VA A FONDO

Federico Rampini per "La Repubblica"

Europa attenta, la stagione dei tassi eccezionalmente bassi potrebbe volgere al termine prima ancora che il Vecchio continente sia uscito dal tunnel della recessione. Almeno negli Stati Uniti, la solidità della ripresa spinge i mercati a scommettere sull'esaurimento di una politica monetaria "anomala" nella sua generosità.

Per ora si tratta di illazioni, anche se hanno provocato movimenti sui mercati: rialzo dei rendimenti dei Treasury Bond, cali delle Borse, perdite sui portafogli investiti nei titoli di Stato. Nulla autorizza a credere che la Federal Reserve sia davvero vicina alla fine della sua politica di quantitative easing: cioè tasso zero e soprattutto massicci acquisti di bond (85 miliardi di dollari al mese), per pompare liquidità e garantire un accesso al credito a costi minimi.

Gli indicatori a cui la banca centrale americana guarda con più attenzione non la spingono a cambiare strategia, per ora. L'inflazione Usa è allo 0,7% (oppure 1,1% nella definizione "core"), cioè un minimo storico dal 1960. La disoccupazione, pur se in costante discesa da tre anni, resta troppo elevata: 7,5% contro il 5,5% che la Fed considera ottimale.

E tuttavia lo stesso presidente della Fed, Ben Bernanke, ha annunciato che gli acquisti di bond potrebbero rallentare «a partire dai prossimi meeting» della banca centrale, se il mercato del lavoro dovesse rafforzarsi significativamente. Ragion di più per creare un'attesa febbrile attorno al prossimo dato sull'occupazione che uscirà venerdì.
Intanto quelle parole di Bernanke hanno già provocato movimenti sui mercati.

Grosse vendite di Treasury Bond decennali da parte degli investitori, hanno fatto risalire in pochi giorni i rendimenti da 1,6% a 2,2%, un rialzo piuttosto poderoso e interamente trainato dai capitali privati. Come si spiega? Se gli investitori cominciano a intravvedere all'orizzonte la fine della "garanzia Bernanke" e cioè degli acquisti massicci da parte della banca centrale, viene meno un sostegno ai prezzi dei bond.

Se i prezzi dei titoli pubblici scenderanno, automaticamente i loro rendimenti (che si muovono sempre nella direzione opposta) saliranno. Tutto questo, peraltro, è normale in un'economia in ripresa. La crescita prima o poi provoca un rialzo dei rendimenti. Il tasso zero è stato un'anomalia, in risposta ad una crisi economica di gravità inusitata.

E tuttavia questo gioco di anticipo dei mercati - giuste o sbagliate che siano le loro previsioni - sta già provocando sconquassi. I portafogli degli investitori - dai piccoli risparmiatori ai grandi fondi pensione - sono stracolmi di bond, che negli ultimi 30 anni hanno quasi sempre guadagnato valore. Nell'inversione dei tassi, la perdita in conto capitale può essere sostanziale.

Un colosso come il fondo obbligazionario Pimco ha sofferto a maggio la sua più grossa perdita dal 2008. I fondi comuni che investono in titoli pubblici a lunga scadenza hanno perso mediamente il 6,5% del loro valore nel mese di maggio. Poiché i mercati sono vasi comunicanti, sono cominciate anche vendite di bond dei paesi emergenti, fin qui molto ricercati. Tra le prossime vittime di un ribasso del valore capitale dei bond, potrebbero esserci le obbligazioni delle aziende private e i junk bond ad alto rendimento, anch'essi ricercatissimi fino a poco tempo fa. Un aggiustamento dei rendimenti al rialzo, quale quello abbozzato sui Treasury Bond decennali, potrebbe a trasmettersi a catena su molte altre categorie di titoli a reddito fisso.

E' una bolla speculativa che può esplodere: perché proprio la politica del tasso zero e del "quantitative easing", schiacciando i rendimenti dei titoli sicuri, aveva spinto gli investitori verso bond sempre più esotici e rischiosi.Di solito una fuga dai bond spinge i capitali verso le azioni e quindi fa salire la Borsa. E' stato così finché la Grande Rotazione (dal reddito fisso alle azioni) si è realizzata in modo ordinato e tranquillo. Se invece dovesse tramutarsi in un fuggi fuggi, la paura potrebbe contagiare le Borse.

Qualcosa di simile è accaduto sul finire della scorsa settimana. In quanto all'eurozona: non ha ancora i benefici della ripresa (anzi è in piena recessione) e potrebbe essere ancor più destabilizzata se si apre una fase di incertezza e volatilità dei mercati. L'unica nota positiva: un aumento dei rendimenti di mercato negli Usa dovrebbe intensificare il calo dell'euro, necessario per aiutare l'export italiano e francese.

 

BEN BERNANKE jpegBERNANKE jpegMARIO DRAGHI LOGO PIMCOobama e bernanke

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