GRECIA, L’ITALIA DI DOMANI – AVVISO AI 13 MILA DIPENDENTI RAI: ATENE CHIUDE L’UNICA TV PUBBLICA, 2656 LICENZIAMENTI

Giuseppe Sarcina per il "Corriere della Sera"

È difficile, in uno Stato democratico, immaginare qualcosa di più lugubre che l'oscuramento della televisione pubblica. Ma neanche questo sarà risparmiato agli sfortunati cittadini greci. Il governo di Atene, con uno zelo che stavolta appare addirittura grottesco, ha annunciato la chiusura temporanea della Ert, la televisione di Stato, l'equivalente della Rai, della Bbc o di France 2.

Alla mezzanotte di ieri il segnale si è spento. Il portavoce dell'esecutivo, Simos Kedikoglou, si era presentato nel pomeriggio davanti alle telecamere (comprese quelle di Ert naturalmente) per spiegare in quattro minuti come il governo di «larghe intese» guidato da Antonis Samaras si stesse spingendo laddove neanche la dittatura dei Colonnelli aveva osato arrivare.

«Questa televisione è amministrata male, è un'oasi dello spreco intollerabile, agli utenti costa circa 300 milioni di euro all'anno», ha detto Kedikoglou con tono asettico, come quello di un chirurgo chiamato a spiegare l'ineluttabilità di un'amputazione. La tv «riaprirà il prima possibile» e il portavoce ha precisato che i dipendenti saranno «sospesi». I sindacati sono certi che solo una parte dei lavoratori verrà riassunta , mentre il sito della Ert ieri contava «2.656 licenziati», dandoli tutti per persi.

La notizia ha subito riacceso la tensione ad Atene. La stessa emittente di Stato ha cominciato una diretta «non stop» dalle piazze dove i partiti dell'opposizione, ma non solo, si sono subito ritrovati sotto le bandiere della protesta. La coalizione formata dai conservatori dei Nea Demokratia (la formazione del premier Samaras), dai socialisti del Pasok e da Sinistra democratica, ha cercato di circoscrivere il provvedimento, inserendolo nella strategia di rigore finanziario imposta dalla «troika» (Fondo monetario, Banca centrale europea e Commissione europea).

È evidente che la questione travalica i confini del Paese. L'atto del governo, l'interruzione del servizio pubblico televisivo, contrasta con almeno una mezza dozzina dei principi base sanciti dal Trattato Ue e dalla Carta fondamentali dei diritti umani dell'Unione europea. Ma, prima ancora, mortifica il buon senso politico. E questo a prescindere dalla valutazione sulla qualità dei programmi o dagli interessi economici nel settore radiotelevisivo. Lo hanno capito benissimo le principali stazioni private, Antenna, Mega e Skai, che ieri sera hanno interrotto le trasmissioni per solidarietà con i concorrenti pubblici.

Non risulta, invece, che sia arrivata alcuna reazione da Bruxelles o da altre capitali europee. Niente di strano: i riflessi lenti sono ormai una specialità delle Cancellerie, della Commissione europea e, spiace dirlo, anche dell'Europarlamento che sui temi legati alla libertà di espressione è sempre stato il più pronto.

Vedremo se oggi l'Europa prenderà posizione per convincere il governo Samaras a revocare la chiusura (temporanea o meno che sia) della più importante antenna televisiva del Paese, che dagli anni Sessanta racconta, nel bene e nel male, la storia della Grecia. E vedremo se questo incidente solleciterà un'ulteriore riflessione sugli effetti della politica di rigore imposta dalla «troika» ad Atene. Nei giorni scorsi il Fmi ha pubblicato un rapporto in cui non mancano elementi di autocritica.

Ne è nata una breve polemica con la Commissione europea che, a questo punto, meriterebbe un seguito. La spesa pubblica della Grecia è ancora nettamente fuori controllo, il debito pubblico potrebbe chiudere il 2013 in una forbice compresa tra il 150 e il 170% del Pil (a seconda delle stime). Nessuno, dunque, può ragionevolmente contestare la necessità di mantenere la mano ferma sui conti pubblici. Ciò che ancora appare confusa, invece, è la lista delle priorità.

Ieri, per esempio, lo stesso Samaras ha rivelato che Gazprom ha ritirato l'offerta di 900 milioni per acquistare Depa, l'azienda pubblica per la distribuzione del gas. I russi hanno fatto sapere che non si fidavano dello Stato greco. La stampa locale attribuisce il fallimento dell'affare a un veto posto da Bruxelles.

Il premier Samaras ha alluso «a motivi che vanno oltre il controllo della Grecia», magari legittimi, ma che nessuno ha finora spiegato. Riassumendo le scelte: la distribuzione del gas no, la televisione sì. C'è qualcosa che non funziona nel rapporto tra Stato, trasparenza e mercato ad Atene, Europa.

 

ERT LA TELEVISIONE PUBBLICA IN GRECIA ERT LA TELEVISIONE PUBBLICA IN GRECIA ERT LA TELEVISIONE PUBBLICA IN GRECIA ERT LA TELEVISIONE PUBBLICA IN GRECIA

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