IN NASSAU WE TRUST (QUER PASTICCIACCIO BRUTTO DEI LIGRESTI CARAIBICI) - IL DESTINO FUTURO DI UN BEL PACCHETTO DI CONTROLLO DI PREMAFIN, HOLDING FONDAMENTALE PER IL CONTROLLO DEL GRUPPO SAI FONDIARIA. OVVERO, COME ALL'ITALIA I TRUST INTERESSANO TALMENTE CHE LI ADOTTA DIRETTAMENTE PER COME SONO STATI FATTI NEL PAESE D'ORIGINE, SENZA SE E SENZA MA, NON AVENDO L'ITALIA MAI LEGIFERATO IN MATERIA CON CRITERI PROPRI. ALLA FACCIA DELLA LOTTA ALL'ANTI RICICLAGGIO E DELLA CONSOB…

Bankomat per Dagospia

Il diavolo si annida nei dettagli, forse anche in quelli dei trust. Ma sul trust l'Italia è assente. Li ama al punto da consentirne pienamente l'operato in Italia senza se e senza ma, per come sono stati regolati dalle leggi dei Paesi d'origine, avendo noi rinunciato ad una legge italiana sul trust. Abbiamo altro da fare o forse va benissimo così.

Vediamo il caso Premafin, holding fondamentale per il controllo del gruppo Sai Fondiaria.
A tutta pagina oggi MF intervista il Trustee, cioè il gestore del trust che custodisce da molti anni un pacchetto che risulta attualmente pari al 12,5% di Premafin, come appurato lunedì scorso su richiesta Consob. Diciamolo, per dirla con il mitico LaRussa e restare nell'entourage di don Salvatore: una quota leggermente essenziale per il controllo della holding controllata dai Ligresti....

L'Ing. Defilippo questo trust lo amministra da vent'anni, risiede a Montecarlo (di certo li hanno cercati, ma gestori residenti in Italia non ce n'erano disponibili) e da lì funge per l'appunto da trustee di questo veicolo delle Bahamas denominato The heritage fund. Ammette di essere amico di Don Salvatore, e la cosa non è reato. A precisa domanda di MF esclude però categoricamente che Don Salvatore o i suoi figli possano essere beneficiari del trust. E su questo MF spara il titolo su quattro colonne.

Il quotidiano finanziario a onor del vero non se le beve proprio tutte le risposte del trustee, perché ad esempio chiede se per caso la partecipazione negli anni sia mai stata movimentata, in altri termini con un criterio di partecipazione c.d. "di trading". Ovviamente no, è considerata un investimento stabile nel tempo perchè interessante. Ma il il Trustee non risponde tuttavia alla domanda se i medesimi siano i stati i conferenti del pacchetto nel trust, perché sostiene di essere arrivato a cose fatte, ereditando di fatto una precedente operazione con altro trust, che fu pertanto il trust fondatore dell'attuale.

Ma il bello, o il diabolico, sta nella sua chiarissima ed esplicita risposta alla domanda di MF se il trustee conosca i beneficiari del trust: non ne conosce i nomi, ma solo "le categorie". Possono infatti essere solo enti benefici o centri di ricerca medica. Qui però l'intervista di MF non ci illumina sul quando e sul come di questa individuazione dei beneficiari all'interno delle categorie. E questo e' un altro grande dettaglio diabolico che manca.

Allora Bankomat al pari di ogni modesto lettore si pone una domanda: come fa un trustee, che deve amministrare dei beni secondo certe regole a vantaggio di certi beneficiari, a non avere idea di chi possano essere, ma saperne solo la "categoria"? ebbene, è assolutamente possibile e non così raro.

Un prestigioso professionista milanese ci svela l'arcano: "ma e' semplice, basta che il trust abbia come regola che i beneficiari siano soggetti futuri, non attuali, obbligatoriamente da individuarsi nella specificata categoria. Fra l'altro, siccome il trust per la legge italiana esiste solo come soggetto giuridico ereditato in automatico dalla legislazione dello Stato dove il trust e' stato creato, in quanto il legislatore italiano non ha dettato sue norme ad hoc, tutto e' possibile. E poi il trustee mica sta dichiarando che i beneficiari non possono essere se non gli enti benefici. Non dice "solo".

Spesso capita che il fondatore del trust, altrimenti detto il Donor, si riservi una sorta di regola elastico per cui potrebbe essere, a certe condizioni ed in un certo lasso di tempo, lo stesso Donor il soggetto che in tutto o in parte riprende indietro il patrimonio. Poi nell'intervista nulla si dice di chi prende i frutti del patrimonio, ad esempio i dividendi. Potrebbero essere altri soggetti, magari altri trust che fanno capo ai Ligresti.. Fra l'altro il nostro Trustee monegasco dichiara di aver ricevuto il tutto vent'anni fa a sua volta da un altro trust. E un ente benefico fra quelli futuri beneficiari potrebbe a sua volta essere un trust".

Dunque sono molte le cose che il trustee fa finta di dire o escludere, ma in realtà non dice e non esclude. Allora proviamo a trarre delle prime conclusioni. Il gestore monegasco amico di Don Salvatore a ben vedere ci ha fornito alcuni dati ma non una vera informazione. Gli organizzatori del trust potrebbero benissimo essere i Ligresti, i beneficiari futuri anche. E quindi il Trust potrebbe tranquillamente essere un modo legale per aggirare i controlli sulla effettiva appartenenza del pacchetto azionario Premafin.

MF non ha chiesto se il Trust abbia mai votato contro una proposta dei Ligresti, noi non abbiamo verificato ma ne dubitiamo. Quel che conta non e' del resto disporre giuridicamente della proprietà di un pacchetto azionario, ma controllarne i flussi finanziari e l'esercizio del diritto di voto. Ora con il meccanismo apparentemente svelato da MF sappiamo con certezza che il gestore del fondo e' un dichiarato amico della Famiglia , come già si supponeva, e che i beneficiari futuri saranno - ma non si specifica "saranno solo ed esclusivamente" - nella categoria degli enti non profit o di ricerca.

La Famiglia di Don Salvatore avrebbe così pienamente centrato l'obiettivo. Perché innanzitutto i beneficati futuri potrebbero essere tali fra un anno ma anche fra vent'anni, i vincoli di tempo non li sappiamo. Magari uno dei nipoti Ligresti in futuro fara' il medico e si erediterà di fatto il pacchetto a vantaggio del suo centro di ricerca medica. E comunque nel frattempo il trust di sicuro sarà un alleato di fatto del gruppo Ligresti come lo e' sempre stato.

Poi non sappiamo, e nessuna norma obbliga a dichiararlo, se e quanti ulteriori conferimenti di mezzi finanziari accetti tuttora o in futuro quel trust, fondi con i quali potrebbe arrotondare il possesso di azioni Premafin, in barba ad ogni controllo nostrano.

In conclusione una riflessione sul legislatore italiano, che per essere moderno accetta la personalità giuridica del trust ma rinuncia a regolarlo con una sua legge, limitandosi ad accettarlo per come e' regolato dallo Stato di provenienza. Come dire che a Panama o Nassau sanno e vogliono legiferare in materia ed a Roma no. Si sa, non abbiamo abbastanza cervelli giuridici in Italia, saranno fuggiti tutti a Nassau. O avranno delegato il mitico Lavitola a controllare il legislatore panamense...

Pertanto sappiatelo, voi tutti che per motivi vari non volete che si conosca a chi fa capo una società quotata o un bene immobile, in barba alle altre leggi italiane vigenti. Basta fare un trust di diritto estero, e non potrebbe essere diverso, perché tanto di diritto italiano non lo potete fare. Quello estero vale, senza limiti per la Legge italiana attuale, se la veda poi il Fisco o il Procuratore della Repubblica con le leggi delle Bahamas o quelle panamensi.

Alla faccia di tutte le frottole sull'anti riciclaggio o sulla lotta all'evasione fiscale. L'Italia ha deliberatamente accettato di non dire la sua in materia di trust, ma consente a tutti i trust di operare indisturbati in Italia per come sono stati costituiti, ovunque nel mondo, con le loro regole d'origine, regole che per noi vanno sempre tutte bene. 
E poi dicono che non siamo uno stato liberale!

Tuttavia alcune regolette sui trust la legge italiana del 1989 - che in ossequio ad una direttiva Cee recepiva i Trust - pur le prevederebbe. Perlomeno sulla liceità dell'oggetto, sulla non elusività fiscale e sulla effettiva indipendenza del Trustee rispetto a chi ha conferito il patrimonio nel Trust. Che sia lecito detenere azioni Premafin e poi donarle un domani ad un ente benefico, siamo abbastanza certi.

Sulla non elusività, il controllo dovrebbe spettare al Fisco, chissà che frenetiche attività di verifica sono state intraprese. Ma quel che conta di più è l'indipendenza del trustee. Qui ci immaginiamo stuoli di ispettori governativi recarsi a Montecarlo e verificare, negli ultimi vent'anni, l'indipendenza dell'Ing. Defilippo dall'Ing. Ligresti. Come abbiamo evidenziato, purtroppo il trustee sta a Montecarlo e non a Mantova... Sarebbe una bella domandina da fare magari al nuovo Governo o alla Consob.

Resta un dubbio: siccome una norma imperativa di legge italiana, proprio a fini anti riciclaggio, impone alle banche italiane di far dichiarare al cliente chi sia il beneficiario effettivo di un rapporto bancario, e nel caso di una società anche risalendo tutto l'albero dei controllanti e dei soci "a monte", le banche che da sempre prestano così tanti soldi a Premafin (avendone di meno a disposizione per sostenere le piccole medie industrie italiane) come hanno gestito e come gestiranno le informazioni dell' Ing. Defilippo, socio rilevante di Premafin?

Forse in Intesa o in Unicredit danno per scontato che quel Trust sia dei Ligresti, ma allora la Consob amerebbe saperlo, oppure devono adesso prendere atto che ufficialmente non si sa di chi sia, perché il trustee lo ha dichiarato formalmente e pubblicamente. Soluzione geniale che suggeriamo a nostri abili banchieri di sistema, in linea con le migliori prassi del sistema finanziario italiano: teniamo congelata la pratica di finanziamento e quindi i fidi in essere fino a quando non si appuri la notizia. In fondo, esattamente quello che vorrebbe Don Salvatore. Anni di dispute, di controlli e di conservazione dello status quo!

 

Giulia Paolo Jonella e Salvatore Ligresti Salvatore e Jonella Ligresti Emanuele Erbetta e Jonella Ligresti giuseppe vegasSalvatore LigrestiJONNELLA LIGRESTI ligresti e jonella Melita Ligresti ALESSANDRO PROFUMO JONELLA LIGRESTI old Salvatore Ligresti e Silvio Berlusconi FONSAIPremafin

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