1. “ITALIAFUTURA” DELLO SMONTEZEMOLATO SAREBBE PRONTA A CHIUDERE I BATTENTI 2. BRUTTA PASQUA PER DUE GRANDI MANAGER: CESAR ALIERTA E FRANCO BERNABÈ 3. MORETTI BUSSA CASSA AL GOVERNO. FORSE HA CAPITO CHE NON DIVENTERÀ MINISTRO DEI TRASPORTI O PRESIDENTE DI FINMECCANICA E LA STRAGE DI VIAREGGIO È PIÙ VICINA 4. L’EX CONSOB BRAGANTINI CONTRO LA FIAT: “SE MARCHIONNE VUOLE PUNTARE SULLA GAMMA ALTA DELL’AUTOMOBILE DOVRÀ INVESTIRE UN SACCO DI SOLDI E POTREBBE COMINCIARE A CHIEDERE ALLA FAMIGLIA AGNELLI/ELKANN NOTIZIE SUL MILIARDO DI EURO CHE L’AVVOCATO AGNELLI AVREBBE IMBOSCATO TRA SVIZZERA E LIECHTENSTEIN”

1- "ITALIAFUTURA" È PRONTA A CHIUDERE I BATTENTI.
Quando ieri pomeriggio il marchese Terzi di Sant'Agata ha annunciato le sue dimissioni (anticipate il giorno prima da quel sito disgraziato di Dagospia), la sorpresa ha travalicato i palazzi della politica e ha colpito anche gli ambienti che hanno sostenuto il governo Monti.
Uno di questi è "ItaliaFutura", l'associazione che Luchino di Montezemolo ha messo in piedi con entusiasmo nel luglio 2009 insieme a un gruppo di volontari affascinati dal richiamo del presidente della Ferrari.

Il gesto del titolare della Farnesina è piombato sulla testa di Carlo Calenda, il manager- organizzatore di "ItaliaFutura" che prima di finire all'Interporto Campano dell'amico Punzo ha lavorato in Ferrari, Sky e in Confindustria dove gli è stata affidata la direzione Affari Internazionali.

Di tutti i "carini" che in questi anni hanno vissuto accanto a Luchino, Calenda è l'uomo che più si è preoccupato di seguire i giochi del Palazzo per dare all'Associazione una piattaforma politica. Purtroppo il fidanzamento con Monti dentro il partitello "Scelta Civica" è stato nettamente al di sotto delle aspettative e su "ItaliaFutura" si è riversata l'accusa di voler contribuire alla resurrezione della vecchia Dc con personaggi consunti come Pierfurby Casini e Gianfranco Fini.

Non era questo il disegno del think tank nel quale hanno sguazzato il prevosto di Sant'Egidio, Andrea Riccardi, e quel docente Andrea Romano che considera Dagospia una realtà indecente. Adesso è il momento di tirare le fila e di fare una severa autocritica su un fallimento che prima ancora di essere politico è culturale.
la prova piu' evidente e ' che Luchino e i suoi compari sono arrivati al termine della loro esperienza senza l'ombra di autocritica.

All'indomani dei risultati elettorali non hanno formulato un'analisi degna del minimo rigore e non hanno saputo nemmeno interpretare i guai provocati dai tecnici che vogliono fare i politici.

Se avessero un po' di umiltà oggi dovrebbero leggere con estrema attenzione l'articolo di Luigi La Spina sul quotidiano "La Stampa" che contiene una analisi impeccabile dei 10 peccati capitali dei tecnici che vogliono cambiare mestiere. Il decalogo indica tra le colpe: la sopravvalutazione della competenza, l'abitudine alle riverenze accademiche, l'ingenuità, il linguaggio inadeguato, l'emozione che tradisce, e come ultimo e più grave peccato,: la vanità "che diventa per gli attori o i politici un crudele boomerang".

È inutile ricordare che nella sua infinita miseria Dagospia (un sito esperto piu' di altri nelle debolezze umane) ha denunciato i limiti dei tecnici e del loro rappresentante a Palazzo Chigi prima ancora che il Professore di Varese diventasse Premier, e forse non è vano chiedere a Calenda e alla testa d'uovo Andrea Romano di meditare sull'illusione che hanno coltivato sostenendo Monti.

Dalle notizie che trapelano in queste ore sembra che il povero Calenda voglia convocare al più presto i compagni di strada di "ItaliaFutura" per metterli di fronte alla prospettiva di rompere le righe e sciogliere l'Associazione.

Di questa resterebbe soltanto l'impronta originaria di un think tank dove il docente-indecente Andrea Romano e la semi-docente Irene Tinagli potrebbero fare qualche studio sulla meritocrazia e su quei giovani che, a differenza di Luchino, non hanno avuto la fortuna di salire sull'ascensore sociale.

Se poi qualcuno tra i parlamentari eletti vorrà diluirsi nelle fantasie politiche e nella Scelta Civica di Monti, è libero di farlo. Resta il fatto che "ItaliaFutura" è pronta a chiudere i battenti.

2- MORETTI BUSSA CASSA AL GOVERNO
Pioveva a dirotto davanti all'ingresso dello stabilimento di Pistoia dove ieri mattina Mauro Moretti, Alessandro Pansa e i vertici di AnsaldoBreda e Bombardier, hanno visto il primo esemplare del supertreno Frecciarossa 1000 dedicato a Pietro Mennea.

Con sprezzo delle intemperie gli uscieri delle Ferrovie e alcuni operai hanno riparato la testa del capo delle Ferrovie che con grande preveggenza era arrivato allo stabilimento AnsaldoBreda con un orrendo impermeabile di plastica. Quando il treno del futuro che entrerà in funzione ,se tutto andrà bene, nel 2015, è uscito dal capannone, Moretti aveva le lacrime agli occhi. E le avevano anche i 250 operai della casa costruttrice francese Bombardier che sono stati messi in cassa integrazione.

"Ho girato tante ferrovie nel mondo ma un treno così bello non l'ho mai visto", ha detto il manager di Rimini, "siamo diventati un Gruppo che produce ricchezza. Qualche anno fa eravamo vicini al fallimento, poi ci siamo rimboccati le maniche e con tanta buona volontà, un po' come Mennea, siamo riusciti a produrre una robusta riconversione del Gruppo".
Dopo queste parole gli uscieri, i ferrovieri e i cassintegrati hanno aperto i rubinetti delle lacrime e la commozione ha colpito anche Lilli Bertone, la signora che presiede la società del designer torinese.

I fazzoletti si sono richiusi rapidamente quando Moretti ha annunciato l'imminente emissione di bond per un valore di 1,5 miliardi, e ha spiegato le ragioni di questa operazione: "dobbiamo pagare gli stipendi e i fornitori ,che noi invece paghiamo a meno di 70 giorni ,e abbiamo 2 miliardi di crediti scaduti con lo Stato e le regioni mentre le difficoltà aumentano".

Ieri sera qualche telegiornale ha interpretato queste parole come un grido d'allarme delle Ferrovie, quasi il preannuncio di difficoltà enormi a pagare gli stipendi. In realtà la situazione è diversa e lo hanno capito i lavoratori schierati come soldatini a Pistoia perché conoscono la situazione e i motivi che hanno portato l'ex-sindacalista Cgil a lanciare il grido d'allarme.

Moretti bussa cassa al Governo ,presente e futuro ,per mordere altri quattrini e teme che dopo la protezione di Gianni Letta e del suo padrone di Arcore, le falangi dei grillini guidati dal guru Casaleggio che anni fa ha bussato invano alle porte delle Ferrovie, i cordoni della borsa si stringano a suo danno. I contribuenti italiani dovrebbero dargli un infinità di quattrini: 36 miliardi nei prossimi 9 anni. A fronte di questo mare di soldi i piani di Moretti prevedono 27 miliardi di investimenti. Non si capisce quindi per quale ragione le Ferrovie debbano lanciare sul mercato i bond anche se è vero che l'indebitamento ha superato gli 8 miliardi.

Tra l'altro l'idea dei bond non è nuova perché risale ai tempi della gestione Cimoli, e sembra un tentativo di mettere le mani avanti per non prestare il fianco all'accusa di privilegiare solo l'Alta Velocità a scapito dei pendolari.

Ad aprile scadrà il mandato del manager di Rimini che mentre sostiene di "produrre ricchezza" non vuole lasciare la poltrona senza le dovute garanzie. Forse ha capito che non diventerà ministro dei Trasporti e che la poltrona di Finmeccanica è sempre più lontana mentre la sentenza sulla strage di Viareggio è sempre più vicina.

3- DUE GRANDI MANAGER FARANNO UNA BRUTTA PASQUA. CESAR ALIERTA, FRANCHINO BERNABÈ
Due grandi manager faranno una brutta Pasqua. Il primo ha 68 anni, ha studiato a Saragozza e alla Columbia, e dopo aver lavorato in banca, tredici anni fa ha preso le redini di Telefonica.

Questo è il profilo di Cesar Alierta, lo spagnolo che dal giugno 2000 guida il colosso di Madrid e ha avuto la bella idea di acquistare il 22,4% di TelecomItalia.
L'altro manager che mangerà cioccolato amaro insieme ai due figli è Franchino Bernabè, classe 1948 e da sei anni alla guida della compagnia italiana.
Su entrambi si sta abbattendo un autentico flagello.

Alierta ha chiuso il bilancio 2012 con un debito di 51,3 miliardi di euro, il più alto tra le compagnie telefoniche, e due giorni fa ha deciso di vendere 90 milioni di azioni Telefonica per un controvalore di 975 milioni.

La notizia dell'operazione guidata da Goldman Sachs è stata data in anticipo dal sito spagnolo "el Economista" e testimonia le difficoltà in cui si dibatte la compagnia che ha dovuto svalutare il pacchetto Telecom per 920 milioni.

Non se la passa meglio il manager di Vipiteno che nell'ultima settimana ha visto crollare il titolo di Telecom già penalizzato nell'arco di un anno di una diminuzione del 34,5%. Due banche, Barclays e Bank of America, hanno emesso i loro downgrade suggerendo a Franchino di puntare sulla crescita di Tim Brasil, la controllata sudamericana che dovrebbe esplodere nei prossimi anni con il traffico telefonico provocato dai Mondiali di calcio, dalle Olimpiadi e dalla visita di Papa Francesco.

Anche l'operazione approvata recentemente per un rifinanziamento di 3 miliardi non sembra sufficiente a sollevare le sorti dell'azienda. Da qui la rivolta dell'azionista Marco Fossati, il 54enne appassionato di golf che con la sua Findim detiene il 4,9% delle azioni di Telecom.

Dopo aver fatto il salto dal doppio brodo Star prodotto dall'azienda di famiglia (poi venduta agli spagnoli di Galina Blanca), l'erede della famiglia ha intenzione di mettere sotto accusa l'intera gestione di Bernabè. Ieri è andato a Mediobanca e ne ha parlato con il pallido Alberto Nagel che è stato costretto anche lui a iscrivere le forti minusvalenze di Telecom nell'ultimo bilancio di Piazzetta Cuccia.

È probabile che all'Assemblea del 17 aprile se ne vedranno delle belle con Cesar Alierta che piange sulle perdite di Telco e Mario Greco, il capo delle Generali, che ha già dichiarato di voler diluire la sua partecipazione nella scatola di Telecom. Se poi ,con una sola azione in mano, arriverà anche l'azionista di Genova, Beppe Grillo, allora l'inerzia dimostrata finora da Bernabè subirà un terribile scossone.

4- L'EX CONSOB BRAGANTINI CONTRO LA FIAT
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che ieri è partita una bordata nei confronti di Sergio Marpionne.
L'autore non è un esperto di politica industriale, ma Salvatore Bragantini, economista ex-commissario Consob che scrive dal '94 sul "Corriere della Sera" e sul sito "LaVoce.info". Dalle colonne di questo sito, che negli ultimi tempi sembra leggermente assopito, Bragantini ha sparato a zero sull'approccio americano di Marpionne che "vede i marchi come tasti di una tastiera su cui la fantasia può sbizzarrirsi".

Il riferimento è al destino del marchio Alfa, ma per l'economista ex-Consob è stato il pretesto per attaccare la Fiat dicendo: "l'Italia non è un cortile.... se Marchionne vuole puntare sulla gamma alta dell'automobile dovrà investire un sacco di soldi e potrebbe cominciare a chiedere alla Famiglia Agnelli/Elkann notizie sul miliardo di euro che l'Avvocato Agnelli avrebbe imboscato tra Svizzera e Liechtenstein".

 

GIULIO TERZI LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO MARIO MONTI E LUCA DI MONTEZEMOLO jpegCARLO CALENDA PIERFERDINANDO CASINI E GIANFRANCO FINI Casini e FiniANDREA RICCARDI ANDREA ROMANO E CARLO CALENDA Mauro Moretti gianniletta Cesar AliertaFranco BernabèSALVATORE BRAGANTINI CONSULENTE BORSA JOHN ELKANN SERGIO MARCHIONNE jpeg

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