CARAVAN PETROL - L’EX MANAGER ARMANNA PARLA DI TANGENTI AGLI “SPONSOR POLITICI” DI ENI, MA NON CI SONO ELEMENTI, NOMI O PARTITI A SPIEGARE CHI SIANO - SCARONI E L’AZIENDA: “ARMANNA FU CACCIATO PER VIOLAZIONI AL CODICE ETICO”. LUI: “NO, SONO STATO REMUNERATO” E QUERELA

Carlo Bonini e Emilio Randacio per “la Repubblica

 

estrazione di petrolio nel delta del niger in nigeriaestrazione di petrolio nel delta del niger in nigeria

L’affare nigeriano resta inchiodato a un numero. Macroscopico. 200 milioni di dollari di mediazione su un contratto dal valore complessivo di poco più di un miliardo e 300 milioni. Riconosciuta dal gruppo Eni tra 2010 e 2011, a un “signor nessuno” di nome Emeka Obi. Mediazione priva di un logico motivo. Perché di nessuna economicità. E sprovvista di una spiegazione persuasiva, quantomeno di mercato. Almeno per quello sin qui accertato in poco più di due mesi di indagine dalla Procura di Milano.

 

Paolo Scaroni Paolo Scaroni

Si irrobustisce così l’ipotesi che il prezzo della licenza ottenuta per acquisire il giacimento petrolifero Opl245 , sia stato caricato da una maxi tangente. Come accredita Vincenzo Armanna, l’ex dirigente Eni indagato dalla Procura di Milano, di cui Repubblica ha pubblicato ieri il racconto. Un j’accuse che si fa ancora più affilato nel verbale di interrogatorio del 30 luglio, non fosse altro perché coinvolge altri uomini di Eni.

 

«Della sorte del denaro pagato da Eni — spiega l’ex responsabile per il Medio Oriente ai pm — , ho parlato con Casula (Roberto, oggi capo dello sviluppo e delle operazioni del «cane a sei zampe», ndr) e con il direttore finanziario di Naoc ( Nigerian Agip Oil Company ). Eravamo consapevoli che una buona parte sarebbe andata a beneficio degli sponsor politici dell’operazione».

 

«Sponsor politici», dunque. Quando Armanna pronuncia quelle parole, davanti all’ex manager dell’Eni, in quel giorno afoso di fine luglio, sono seduti tre magistrati della procura milanese: De Pasquale, Fusco e Spadaro. Non chiedono nulla di più all’indagato. E le domande restano in attesa di risposte. Su quali basi si fonda questa convinzione? Quali prove possono comprovare l’accusa?

descalzidescalzi

 

Armanna è stato allontanato dal gruppo petrolifero nel maggio 2013 e, ora, sono indagati con lui per corruzione internazionale l’ex numero uno di Eni, Scaroni e il suo successore De Scalzi. In un ennesimo scandalo che ha come proscenio la Nigeria. I magistrati milanesi, annotano a verbale quell’indicazione. «Sponsor politici».

 

Apparentemente, senza fare una piega. Non ci sono nomi, riferimenti a partiti, o altre indicazioni. Eppure, sull’ affaire nigeriano, l’ombra di una nuova tangentopoli sia fa sempre più spessa. Con un’indagine che marcia a fari spenti, e che, per quel che si intuisce, sta prendendo rapidamente forma, grazie soprattutto a una pignola ricostruzione dei flussi di denaro, al contributo di rogatorie internazionali.

 

IL PM EUGENIO FUSCO IL PM EUGENIO FUSCO

L’Eni e i suoi vertici sono alla finestra. Provano a ragionare su quale direzione stia prendendo l’indagine. E affidano la loro reazione a un comunicato di poche righe: «Eni ribadisce l’estraneità dell’azienda da qualsiasi condotta illecita in relazione all’acquisizione del blocco Opl 2-45 in Nigeria. Prende atto delle dichiarazioni di Armanna a Repubblica che hanno evidenti profili diffamatori e che daranno seguito a tutte le azioni legali a tutela dell’immagine di Eni e dei suoi manager».

 

Scelta cui si associa anche l’ex numero uno Paolo Scaroni, che, affidandosi a un portavoce, bolla come «false» le dichiarazioni di Armanna e «ribadisce la sua totale estraneità a qualsiasi comportamento illecito a lui riferito». Salvo concedersi un affondo — anche questo condiviso con Eni: «Si sottolinea che Armanna fu licenziato per interessi personali e gravi violazioni del codice etico». E proprio su quest’ultimo punto, Armanna, attraverso il suo legale, decide di non lasciar cadere un’accusa che, evidentemente, ne dovrebbe minare la complessiva credibilità, accreditando la sua ricostruzione della vicenda nigeriana con Repubblica e la Procura di Milano come una vendetta.

 

Armando SpataroArmando Spataro

«Le affermazioni dell’Eni e del portavoce di Paolo Scaroni sul licenziamento di Armanna e sulle ragioni che lo avrebbero motivato — dice Siggia, avvocato di Armanna — sono semplicemente destituite di qualsiasi fondamento. Armanna ha lasciato Eni con un accordo di uscita remunerata che si pone in contrasto con le gravi accuse che ora gli vengono mosse di violazione del codice etico aziendale. È il mio assistito che si riserva ogni azione legale a tutela della sua persona e della sua immagine professionale».

 

 

Ultimi Dagoreport

antonio tajani matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - IL PRANZO DEI VELENI È SERVITO: LUNEDÌ A PALAZZO CHIGI SONO VOLATI PIATTI E BICCHIERI TRA I TRE CABALLEROS DEL GOVERNO - MELONI E TAJANI HANNO MESSO ALL’ANGOLO IL "PATRIOTA" TRUMPUTINIANO SALVINI, ACCUSANDOLO DI SABOTARE L'ESECUTIVO CON LE SUE POSIZIONI ANTI-EUROPEE E GLI ATTACCHI A MATTARELLA SUL CODICE ANTI-MAFIA DEL PONTE DELLO STRETTO – QUANDO SONO ARRIVATI I RISULTATI DELLE COMUNALI, CON LA DEBACLE DEL CENTRODESTRA, "IL TRUCE" DELLA LEGA E' PARTITO ALL'ATTACCO, INCOLPANDO LA ''GIORGIA DEI DUE MONDI'' (COLLE OPPIO E GARBATELLA) PER LA SCONFITTA A GENOVA: SE NON AVESSE CONVINTO BUCCI A LASCIARE LA POLTRONA DI SINDACO DI GENOVA PER CORRERE PER LA PRESIDENZA DELLA REGIONE LIGURIA (STOPPANDO IL LEGHISTA RIXI), IL SINDACO SAREBBE RIMASTO AL CENTRODESTRA. A QUEL PUNTO, SI E' SVEGLIATO TAJANI CHE HA RICORDATO A ENTRAMBI CHE SENZA I VOTI DI CLAUDIO SCAJOLA OGGI CI SAREBBE IL PD DI ANDREA ORLANDO ALLA REGIONE LIGURIA…

benjamin netanyahu matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT – QUANTO POTRÀ DURARE IL SILENZIO IMBARAZZATO E IMBARAZZANTE DI GIORGIA MELONI DI FRONTE AI 50MILA MORTI DI GAZA? LA DUCETTA NON VUOLE SCARICARE NETANYAHU PER NON LASCIARE A MATTEO SALVINI LA "PRIMAZIA" DEL RAPPORTO CON "BIBI". MA ANCHE PER NON IRRITARE LA POTENTE COMUNITÀ EBRAICA ITALIANA, STORICAMENTE PENDENTE A DESTRA – ORMAI ANCHE URSULA VON DER LEYEN E ANTONIO TAJANI (NON CERTO DUE CUOR DI LEONE) CONDANNANO LE STRAGI NELLA STRISCIA CON PAROLE DURISSIME: “AZIONI ABOMINEVOLI” – ANCHE LA POPOLAZIONE ISRAELIANA VUOLE SFANCULARE “BIBI”, COME STA FACENDO GIÀ TRUMP, CHE NEI GIORNI SCORSI HA ATTACCATO LA CORNETTA IN FACCIA A SEMPRE PIÙ IN-GAZATO PREMIER ISRAELIANO (OGGI HA RIVELATO DI AVERGLI "DETTO DI NON ATTACCARE L'IRAN")

andrea orcel castagna fazzolari meloni milleri caltagirone giuseppe giovanbattista giorgia giancarlo giorgetti

DAGOREPORT - IL GARBUGLIO DEL SUPER RISIKO BANCARIO SPACCA NON SOLO LA FINANZA MILANESE (DUELLO UNICREDIT-INTESA) MA STA FACENDO DERAGLIARE ANCHE IL GOVERNO DI DESTRA-CENTRO -GONG! OGGI È ANDATO IN SCENA UN PESANTISSIMO SHOWDOWN TRA MELONI, CHE È FAVOREVOLE AD APERTURE SUL GOLDEN POWER A UNICREDIT SULL’OPERAZIONE BANCO BPM CON TAJANI SOSTENITORE INDEFESSO DEL LIBERO MERCATO, E LA LEGA DI SALVINI CHE È PRONTA A FAR CADERE IL GOVERNO PUR DI NON MOLLARE IL “SUO” BANCO BPM A UNICREDIT - OGGI, ARMATO DI BAZOOKA, È SCESO IN CAMPO IL MINISTRO DELL’ECONOMIA, GIANCARLO GIORGETTI. INCALZATO DAI CRONISTI SULLE POSSIBILI APERTURE DEL GOVERNO ALLE PRESCRIZIONI DEL GOLDEN POWER APPLICATE ALLA BANCA DI ORCEL, L’ECONOMISTA DI CAZZAGO È SBOTTATO COME UN FIUME IN PIENA: “SE CI FOSSE IL MINIMO DISALLINEAMENTO (CON MELONI), NON CI SAREBBE UNA MINACCIA DI DIMISSIONI, MA LE DIMISSIONI STESSE. NON SI ANNUNCIANO LE DIMISSIONI, LE SI DANNO…”

donald trump zelensky vladimir putin russia ucraina

DAGOREPORT - TRUMP STREPITA MA NON COMBINA UN CAZZO – ZELENSKY PROPONE UN INCONTRO A TRE CON IL TYCOON E PUTIN MA NESSUNO LO CONSIDERA: PUTIN SI CHIAMA FUORI (“SOLO DOPO ACCORDI SPECIFICI”). E IL TYCOON? NON VUOLE UN INCONTRO DIRETTO CON PUTIN PERCHE', IL MOLTO PROBABILE BUCO NELL'ACQUA, SAREBBE L'ENNESIMA CONFERMA DELLA SUA INCAPACITA' DI RISOLVERE LA CRISI UCRAINA. LUI, CHE PRIMA DELLE ELEZIONI DICEVA “PORTERÒ LA PACE IN 24 ORE”, E A PIU' DI QUATTRO MESI DALL’INSEDIAMENTO SI RITROVA CON I DRONI E I MISSILI RUSSI CHE MARTELLANO PIÙ CHE MAI KIEV...

tommaso cerno antonio giampaolo angelucci alessandro sallusti il giornale

FLASH! – UCCI UCCI, SENTO AVVICINARSI GLI ANGELUCCI! IN ALLARME PER LA DECRESCITA INFELICE DEI LORO TRE QUOTIDIANI, ALESSANDRO SALLUSTI AVREBBE I GIORNI CONTATI ALLA DIREZIONE DE “IL GIORNALE” - GIA’ CADUTO IN DISGRAZIA CON MARINA BERLUSCONI, REO DI AVER SOSTITUITO “PAPI” CON GIORGIA, ORA GIAMPAOLO ANGELUCCI AVREBBE IN MENTE DI RIMPIAZZARE IL BIOGRAFO DELLA DUCETTA CON QUEL RAMPANTISSIMO “BEL AMI” DEL POTERE CHE SI CHIAMA TOMMASO CERNO: SENZA FARE UN PLISSE’, DA DIRETTORE DELL’’’ESPRESSO” E DEPUTATO DEL PD BY RENZI, OGGI E’ ALLA GUIDA DE “IL TEMPO”, TALMENTE SCHIERATO CON LA DESTRA CHE VEDE I FASCISTI A SINISTRA… (VIDEO STRACULT!)