MONTE DEI PASCHI DI GENOVA: I CONTI SBALLATI DI CARIGE

1. L'ANOMALIA DI CARIGE: PER ANNI GLI UTILI STAVANO ALTI PERCHE? NON SI PULIVA IL BILANCIO DAI PRESTITI A RISCHIO
Fabio Pavesi per "Il Sole 24 Ore"

C'è una banca in Italia, tra le grandi, che fino a ieri non sentiva aria di crisi. O meglio dai suoi conti trapelava aria di buona salute. Nonostante i tempi amari per l'intero sistema bancario. È Banca Carige, l'istituto presieduto da Giovanni Berneschi che macinava imperterrito profitti nell'ordine dei 200 milioni l'anno almeno dal 2008. Senza pause. Nel 2008 i profitti erano stati di 205 milioni; l'anno dopo, ancora 205 milioni e poi nel 2010 e 2011 solo una lievissima flessione: 177 milioni i profitti realizzati nel 2010 e 186 milioni nel terribile 2011.

Una macchina da guerra, immune ai morsi della crisi che invece travagliava le altre banche italiane. E anche il credito erogato non scarseggiava. I prestiti correvano anno su anno: nel 2009 erano 22 miliardi saliti a 27 miliardi nel 2011. E addirittura a 30 miliardi nel 2012. Un buon 35% in più di impieghi a famiglie e imprese, quando buona parte del sistema bancario metteva il freno ai volumi dei prestiti. Come è stato possibile? C'era la crisi, le banche cominciavano a veder dimezzati gli utili e tagliati i crediti, mentre Carige andava controcorrente.

Il mistero della corsa solitaria della banca genovese, si è svelato nelle settimane scorse.
La banca, sotto sollecitazione delle autorità di controllo, dovrà affrontare un rafforzamento patrimoniale per 800 milioni. Berneschi fino all'ultimo aveva provato a scansare questa eventualità. Tramite un'operazione di scorporo degli sportelli si era costruita utili straordinari per 750 milioni, ma la Consob ha detto che così non si fa. Marcia indietro e via a un vero aumento di capitale e/o a vendita di asset. Ma come, se tutto filava in ordine perchè chiedere a Carige di alzare il capitale?

Non bastavano quei 200 milioni di profitti sfornati ogni anno dall'inizio della crisi in poi? No, forse perchè quei profitti erano più frutto di politiche contabili che di utili reali. C'è un dato che illumina l'anomalia nei bilanci della banca presieduta da Berneschi. Quei profitti erano così copiosi perchè Carige, tra tutte le grandi banche italiane, non svalutava adeguatamente i crediti malati. Un fenomeno, quello della svalutazione pesante dei crediti in sofferenza, che ha riguardato tutte le banche italiane, ma che Carige ha sempre sottostimato. Eccolo il confronto.

Tra il 2009 e il 2011, pur con il forte aumento dei prestiti, Carige ha svalutato cifre contenute: 99 milioni nel 2009; 114 milioni nel 2010; 118 nel 2011. Un'inezia. Tanto per capirci, una banca come UniCredit ha visto passare le perdite sui crediti da 3,5 miliardi del 2008 a 6,7 miliardi del 2010. Quasi un raddoppio. Il segreto che teneva alti gli utili era che Carige copriva i crediti dubbi almeno a partire dal 2009 a tassi bassi, intorno al 46-47% del totale, quando la media delle banche italiane era sopra il 60%. Un artificio contabile che ha permesso a Carige di presentare bilanci con utili sempre costanti a dispetto della crisi. Una vera anomalia nel panorama bancario italiano.

Ora, grazie all'intervento dei regolatori, quella pratica è stata abbandonata. E i risultati si sono visti tutti nel bilancio 2012. Carige ha visto infatti le rettifiche sui crediti passare da 118 milioni (il suo trend storico e immutato nel tempo) a ben 447 milioni con un balzo di oltre 330 milioni in più. Insomma si è pulito finalmente il bilancio e la banca è andata in perdita per 62 milioni. Per la prima volta dall'avvio della crisi. Meglio tardi che mai, si è realizzato l'allineamento dei conti al resto delle banche italiane. Ma per anni quel maquillage faceva apparire Berneschi più bravo e capace degli altri banchieri italiani. Ora quel giochetto si è rotto ed è emersa la verità.


2. AFFINITÀ PERICOLOSE TRA CARIGE E MPS
Alessandro Penati per "la Repubblica"

Perfino la prudentissima Consob questa volta si è mossa contestando a Banca Carige l´"impatto positivo" sui suoi conti (715 milioni) di un´operazione straordinaria. Un primo segnale d´allarme.

Il secondo è che questa operazione trasferisce gli sportelli del gruppo fuori della Liguria in una nuova banca, Banca Carige Italia, controllata da Carige. È chiaro che spostare sportelli non cambia minimamente la capacità reddituale della banca: è solo una questione di plusvalenze da valutazione degli attivi, avviamenti e benefici fiscali del loro ammortamento. Tre anni fa, a proposito di Mps, ho fatto notare come, quando una banca comincia a sostenere gli utili con plusvalenze da operazioni straordinarie, ci sono problemi in vista, perché sintomo che la redditività dell´attività ordinaria è insufficiente.

Terzo segnale: soltanto poco più della metà dei 31 miliardi di prestiti alla clientela è finanziata coi depositi; e 11 miliardi di obbligazioni emesse non bastano a coprire la parte rimanente: indispensabile il ricorso al credito della Bce. Una struttura di bilancio simile in tempi di recessione e crisi di liquidità mette a rischio la redditività prospettica della banca. Da un lato, la espone maggiormente al problema dei prestiti deteriorati, che infatti arrivano al 10% dei crediti lordi (solo dopo la moral suasion della Banca d´Italia), ovvero quasi il doppio del capitale Core Tier 1; e con un grado di copertura delle sofferenze (49%) nettamente al di sotto della media (61% per Intesa, 56% Unicredit). Dall´altro, la espone ai maggiori costi di finanziare una frazione così elevata di prestiti con emissioni di titoli.

Quarto segnale: i costi operativi eccessivi (personale e amministrativi) che assorbono l´80% del margine di interesse e delle commissioni di Banca Carige, e il 63% di quello del gruppo. Si aggiunga un´attività assicurativa che fa danni (in tutti i sensi), con un risultato netto in perdita; la solita sostanziosa posizione in titoli di stato; il declassamento del rating; un Core Tier 1 inferiore di circa 3-4% a quanto tipicamente viene oggi richiesto.

È quindi necessaria un´energica ristrutturazione: drastico taglio dei costi; cessioni "vere" di attività (non quelle nostrane in cui la banca finanzia generosamente il compratore e gli garantisce i ricavi in cambio di una plusvalenza à la carte), a cominciare dalle compagnie assicurative; robusto aumento di capitale sul mercato; cartolarizzazione dei prestiti e smobilitazione del portafoglio titoli per ridurre rapidamente gli attivi rischiosi.

L´ostacolo principale, oltre al ricambio del vertice che dovrebbe sempre precedere ogni ristrutturazione, sta però nella Fondazione che ne detiene il controllo con il 49,4%. Qui le somiglianze con Siena diventano imbarazzanti: per mantenere il controllo, la Fondazione ha concentrato l´intero patrimonio nel capitale della banca, vedendolo così andare in fumo (-80% in cinque anni).

E, nonostante la crisi e le pessime prospettive del settore, non ha esitato a sottoscrivere aumenti e convertibili (a un costo medio 2,3 volte i valori odierni), e pure a indebitarsi per farlo. Così, a fronte di una partecipazione che oggi vale 620 milioni in Borsa, dall´ultimo bilancio disponibile emerge che la Fondazione ha contratto un finanziamento da 190 milioni con Mediobanca (che assiste Carige nella ristrutturazione, anche se ha il 9% della banca, in garanzia, alla faccia dei conflitti) e una linea di credito da 70 milioni con Carige stessa (così la banca finanzia il proprio azionista).

A parte la banca, alla Fondazione rimane una piccola partecipazione nella Cassa DDPP e un immobile vincolato (avendone venduto un altro alla controllata Carige). Con che soldi sottoscrive l´aumento di capitale da 800 milioni richiesto dalla Banca d´Italia? Spero non pensi ad altro debito. La banca deve ritrovare rapidamente la redditività e raccogliere capitali sul mercato: ma non con un socio squattrinato e indebitato, disposto alla rovina pur di non perdere il controllo. Siena docet.

Poiché la banca, in perdita, non paga il dividendo, la Fondazione ha pure il problema di finanziare le erogazioni deliberate, gli oneri sul debito e le spese di funzionamento. La Cassa di Risparmio di Genova è del 1846; il Monte di Pietà con cui si è fusa del 1483: un patrimonio accumulato in secoli di oculatezza rischia di essere dissipato in pochi anni. Complimenti.


3. FONDAZIONE CARIGE, DIFFERENZE E ANALOGIE CON SIENA
Carlotta Scozzari per www.formiche.net del 14 febbraio 2013


La Fondazione Monte dei Paschi di Siena, che blinda l'omonima banca con una quota superiore al 30%, è in ottima compagnia. Sono, infatti, numerosi, nel panorama finanziario italiano, i casi in cui le Fondazioni, i cui vertici il più delle volte sono espressioni degli enti locali, hanno ancora la facoltà di fare il bello e il cattivo tempo negli istituti di credito. Il caso più eclatante, naturalmente dopo Siena, è quello di Banca Carige, quotata in Borsa, il cui 47,16% del capitale ordinario è in mano alla Fondazione Cassa di risparmio di Genova e Imperia.

A differenza però di quanto accadeva nella città del Palio, dove i vertici dell'ente primo socio di Mps tendevano a essere per lo più espressione delle forze locali del centro-sinistra, per la Fondazione ligure il discorso è molto più complesso. "La matrice politica della Fondazione Carige - spiega una fonte che ha lavorato per anni all'ente ligure - è composita e piuttosto equilibrata tra le forze di centro-destra e centro-sinistra, anche se si riscontra una certa prevalenza dell'ala del Pdl imperiese".

In altri termini, dell'ala riconducibile all'ex ministro per lo Sviluppo economico del Governo Berlusconi, Claudio Scajola, il cui fratello Alessandro, non a caso, è vicepresidente di Carige. Non solo: nel 2006, l'onorevole Scajola in persona propose la candidatura dell'attuale presidente di Banca Carige, Giovanni Berneschi, come sindaco della città della Lanterna, ma il banchiere settantacinquenne declinò. Va rilevato che chi respinge l'ipotesi di ingerenze politiche nella Fondazione (lo ha fatto il presidente Flavio Repetto in una recente intervista al Secolo XIX) fa notare che l'ente esprime la metà meno uno dei componenti del consiglio di amministrazione dell'istituto di credito di Genova e quindi, in linea di principio, potrebbe essere messo in minoranza.

Andando a scandagliare lo statuto della Fondazione presieduta da Repetto, emerge che l'ente che nomina più componenti tra i 28 totali del consiglio di indirizzo è il Comune di Genova, che esprime cinque membri e che ora è guidato dal sindaco di Sinistra ecologia e libertà, Marco Doria. La Provincia di Genova e quella di Imperia nominano invece tre consiglieri a testa, mentre due sono prerogativa del solo Comune di Imperia, ora commissariato (proprio come quello di Siena) ma dove solo fino allo scorso maggio le redini erano in mano al sindaco del Pdl, Paolo Strescino.

 

GIOVANNI BERNESCHI FOTO INFOPHOTOBerneschi BERNESCHI berneschi giovanni x CLAUDIO SCAJOLA jpegCLAUDIO SCAJOLA DURANTE UN COMIZIO AL PORTO DI IMPERIAALESSANDRO SCAJOLA E SIGNORA IL PRESIDENTE DELLA CONSOB GIUSEPPE VEGASGIOVANNI BERNESCHI FONDAZIONE CARIGE BANCA CARIGE FLAVIO REPETTO BANCA CARIGE E LA NUOVA BANCA CARIGE ITALIA

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