donald trump google

AI NEMICI DI MUSK E THIEL NON BASTA FINANZIARE TRUMP – IL DIPARTIMENTO DI GIUSTIZIA AMERICANO RICICCIA LA VECCHIA IPOTESI DELLO SPEZZATINO DI GOOGLE PER COMBATTERE IL MONOPOLIO DI “BIG G”, LA SOCIETÀ CHE PER LA TECNO-DESTRA È IL SIMBOLO DELLA SILICON VALLEY “CATTIVA” E COMPROMESSA – IL MOTORE DI RICERCA NEL FRATTEMPO HA FATTO UNA SVOLTA TRUMPIANA (L’AD, SUNDAR PICHAI, ERA ALL’INAUGURAZIONE DEL MANDATO DEL TYCOON). È LA SOLITA STORIA: IL PRESIDENTE VUOLE USARE L’ARMA DELLO SCORPORO SOLO COME MINACCIA PER TRATTARE…

Estratto dell’articolo di Filippo Santelli per www.repubblica.it

https://www.repubblica.it/economia/2025/03/10/news/fare_a_pezzi_google_perche_trump_lascia_sul_tavolo_l_arma_totale_contro_big_tech-424052722/

 

trump google

Spezzatino. La sfida Antitrust tra il governo americano e Google, salita di colpo sotto l’amministrazione di Joe Biden, riparte nell’era di Donald Trump dalla stessa discussa - e potenzialmente rivoluzionaria - parola.

 

Giovedì il dipartimento di Giustizia americano ha presentato al tribunale una versione aggiornata dei suoi rimedi per sanare il monopolio di Google nel settore delle ricerca, riconosciuto come illegittimo da una sentenza dello scorso agosto. E tra quei rimedi conferma l’esplosiva richiesta di separare le varie attività del colosso digitale, “un Golia economico che ha negato agli utenti americani la libera scelta”, costringendolo a vendere il browser Chrome e, se necessario, anche il sistema operativo Android.

 

trump sundar pichai

Google dalla sua propone correttivi molto più blandi. Il mese prossimo si terrà una sorta di mini-processo dove verranno dibattute le soluzioni di accusa e difesa, poi toccherà al giudice Mehta stabilire i rimedi in grado necessari e sufficienti per ristabilire la concorrenza.

 

[…] Lo spezzatino di Google è l’ipotesi più estrema, dibattuta anche nel mondo degli esperti antitrust, che cambierebbe volto al nostro mondo digitale. Rimedi più morbidi consisterebbero, per esempio, nel vietare gli accordi che la società ha siglato con Apple e gli altri produttori di smartphone per rendere la sua barra di ricerca la soluzione predefinita sui loro apparati, cosa che le garantisce un flusso di dati impareggiabile e impedisce a ogni rivale di competere.

 

sundar pichai elon musk cerimonia di giuramento di donald trump foto lapresse

Ma che la linea del governo americano resti quella della massima pressione è in sé una notizia. Molti si chiedevano infatti come Donald Trump avrebbe impostato il suo rapporto con Big Tech sul lato antitrust, visto che la presenza all’inaugurazione del suo mandato da 47° presidente degi Stati Uniti di Sundar Pichai, ad di Google, e degli altri proprietari-dirigenti dei giganti americani – preceduti da donazioni milionarie – era stata letta da alcuni come l’indizio di un approccio più morbido rispetto a quello dell’amministrazione Biden.

 

[…] Almeno dal primissimo passo non sembrerebbe essere così. Ed è un passo osservato con estrema attenzione da tutti gli altri oligopolisti tecnologici, che dopo decenni di concentrazione di mercato indisturbata hanno fronteggiato durante l’amministrazione Biden un risveglio dell’Antitrust.

donald trump

 

Il dipartimento di Giustizia ha in corso un secondo caso aperto contro Google, relativo al suo dominio nel campo della pubblicità e che attende a settimane la sentenza di primo grado e dove pure si parla di spezzatino. Un altro fronte coinvolge invece Apple sull’esclusione dei concorrenti dal suo ecosistema digitale. Mentre la Federal trade commission ha aperto un dossier contro Meta per la concentrazioni nel mondo social, e uno contro Amazon.

 

[…]

 

In tutti questi casi il mandato politico della pubblica accusa è ancora più decisivo del merito. E quale sarà l’attitudine di Trump resta molto difficile da decifrare. Il suo vice J.D. Vance, per esempio, ha parlato a più riprese della necessità di smembrare Google, e le nomine del nuovo presidente per le massime caselle antitrust non sono certo “colombe”.

mark zuckerberg - lauren sanchez - jeff bezos - sundar pichai elon musk al giuramento di trump

 

Sia Andrew Ferguson, che ha sostituito la paladina della concorrenza Lina Khan al vertice della Federal trade commission, che Gail Slater, indicata (in attesa di conferma del Congresso) a guidare la divisione antitrust del dipartimento di Giustizia, hanno espresso preoccupazione per lo strapotere dei giganti digitali.

 

Una parte della Silicon Valley si è convertita al trumpismo chiedendogli di difendere “small tech”, le piccole startup innovative a cui i padroni del web (e di Wall Street) tolgono spazi e ossigeno. Elon Musk è, da tempo, acerrimo rivale di Google. […]

 

[…]

 

Sundar Pichai ad di Alphabet

Qualunque sia il rimedio stabilito, Google ha in ogni caso già annunciato che farà ricorso contro la condanna per monopolio. E nei suoi controargomenti ammicca alla volontà di potenza nazionale, dicendo che indebolendo la società il governo danneggerebbe imprese, consumatori ma anche la sicurezza nazionale: l’America ha bisogno dei suoi colossi miliardari per trionfare nella corsa all’Intelligenza artificiale.

 

La partita giudiziaria si annuncia molto lunga. E alla fine, più di tutto, potrebbe essere decisivo l’approccio “transazionale” di Trump, la sua voglia di negoziare e sbandierare accordi (a suo dire) spettacolari. Anche l’ultimo grande processo Anitrust americano, quello contro Microsoft all’inizio degli anni Zero, si concluse nelle corti con un ordine di spezzatino, poi però cancellato da un accorto tra la società e il presidente Bush.

 

Facile immaginare che Trump sia attratto da un epilogo simile, da celebrare nel suo Studio Ovale. Con queste lenti, lanciare sul tavolo la minaccia dello spezzatino potrebbe anche essere una strategia per tenere alta la pressione su Google & Co. E un’arma di ricatto per assicurarsi che nei prossimi anni Big Tech gli resti fedele anche nei fatti.

sundar pichai GOOGLE NON SUGGERISCE TRUMP NELLA RICERCA PRESIDENT DONALD

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…