VAFFANBANKA! – LA BELLE ÉPOQUE DELLE BANCHE ITALIANE È FINITA – LE FONDAZIONI HANNO MENO SOLDI DI UN TEMPO E IN ALCUNI CASI HANNO FRENATO LE RICAPITALIZZAZIONI – SUI SERVIZI ALLA CLIENTELA SIAMO INDIETRO RISPETTO ALLA CONCORRENZA EUROPEA

Stefano Cingolani per "il Foglio"

 

mario draghi 3mario draghi 3

Raffaele Mattioli, il carismatico capo della Banca commerciale italiana, nel 1961 descrisse in modo semplice ed efficace il ruolo delle banche “collocate ai crocicchi dell’economia, ma non come briganti in agguato, bensì come i vigili che regolano e distribuiscono il traffico”. Era così allora, ai tempi del miracolo economico; a mano a mano che quella spinta progressiva si è spenta, il vigile si è trasformato in demiurgo.

 

Oggi, tutto in Italia dipende dalle banche, il sostegno del debito pubblico come il finanziamento delle attività economiche, la simbiosi è tale che la debolezza del sistema creditizio tira giù l’intero paese e viceversa, tanto che l’esito negativo degli stress test è apparso una bocciatura parallela dell’Italia e delle sue banche.

 

Simon Nixon nell’articolo del Wall Street Journal che pubblichiamo spiega le componenti macroeconomiche. Ma i cahiers de doléances sono pieni anche di aspetti microeconomici e soprattutto istituzionali, a cominciare dalla proprietà. Fino ai primi anni Novanta le più grandi banche erano pubbliche o direttamente o attraverso l’Iri. Il governo e i partiti decidevano i vertici e ne ricevevano benefici (anche clientelari, persino illegali, ma il più importante era di gran lunga lo scambio politico).

Profumo Alessandro Profumo Alessandro

 

Il 30 luglio 1990 la legge Amato trasforma le banche in società per azioni e fa nascere le fondazioni. Il modello ideale, in realtà, è quello francese con un nocciolo duro e il resto libero sul mercato. La prima privatizzazione, quella del Credito italiano nel 1993, introduce una pluralità di soci (Pesenti, Del Vecchio, Benetton, Stefanel, Della Valle, Maramotti, Caltagirone, la Ras) nessuno dei quali possiede una quota superiore al 3 per cento. Tuttavia, il nucleo originario (anche in questo caso un “nocciolino duro”) si frantuma presto.

 

Il vuoto creato da capitalisti privati poco disposti a rischiare, viene riempito in quasi tutte le banche dagli “ircocervi” (come lo stesso Amato chiamò le fondazioni). Queste istituzioni para-pubbliche i cui vertici sono nominati o comunque influenzati dagli equilibri politici locali e nazionali, diventano azioniste di riferimento di Unicredit, Intesa Sanpaolo, Capitalia, Montepaschi, per citare i principali istituti.

 

 Il loro punto forte è che sono piene di quattrini e danno stabilità, impedendo che le banche italiane diventino prede (così si dice) dei supermercati finanziari stranieri. Inoltre mantengono il legame con il territorio considerato virtù eccellente del modello italiano. Ma alla svolta del secondo millennio il paradigma degli anni 90 salta. Prima un tourbillon di aggregazioni nazionali, poi l’attacco a Mediobanca rimasta priva di Enrico Cuccia e le megafusioni del 2007. Finché non arriva la grande crisi.

 

 Il Monte dei Paschi di Siena è un caso limite, ma si rispecchia in Carige, la Cassa di risparmio di Genova (anch’essa bocciata) dove la fondazione aveva rifiutato l’aumento di capitale per paura di diluire un controllo che spesso è fine a se stesso, o meglio “serve a estendere le carriere politiche”, come sottolinea Luigi Guiso ex Banca d’Italia e ora allo European University Institute di Firenze. Tipico il caso della Fondazione Cassa di Risparmio di Macerata che ha bruciato il patrimonio investendo il 70 per cento del capitale in Banca Marche, lasciando peraltro che la banca contravvenisse a ogni principio di sana e prudente gestione.

BANCA CARIGE BANCA CARIGE

 

Oppure della Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara che, pur detenendo il 54 per cento della Cassa di Risparmio, l’ha accompagnata al commissariamento. Senza dimenticare la Fondazione del Monte di Parma, salvata solo dall’intervento di Banca Intesa.

 

Il Montepaschi domani riunisce il consiglio d’amministrazione e probabilmente lancerà un aumento di capitale per coprire i 2,1 miliardi mancanti, come emerso dagli stress test, con i vecchi azionisti e forse qualche nuovo fondo d’investimenti. Parteciperà anche la Fondazione. Mps ha pensato di uscire dagli scandali del 2012 cambiando tutto, ma non l’essenziale, quanto potrà durare? Sono proprio questi meccanismi perversi a rendere molto più difficile riformare le banche italiane, dice il think tank europeo Bruegel. Tanto più che tre successive recessioni hanno disseccato le stesse fondazioni, mentre i crediti concessi non rientrano e la politica monetaria accomodante porta i tassi d’interesse a zero.

 

Le banche italiane fanno poco trading e questo è stato cantato come un segno di stabilità: non giocano con i derivati come Deutsche Bank, non rischiano di crollare sotto i colpi della speculazione. Ma fanno anche meno utili. I profitti vengono principalmente dai margini d’interesse che con la crisi si sono ridotti.

 

CARIGE CARIGE

Un’altra importante fonte di guadagno deriva dai servizi offerti alla clientela, qui però le banche italiane sono molto più indietro rispetto alle europee. La redditività del capitale è stata negativa tra il 2010 e il 2013, secondo la Bce, per l’effetto congiunto di tutte queste debolezze. L’impiego di internet ha introdotto un vero salto tecnologico nel mestiere del banchiere che, in fondo, ha a che fare proprio con l’informazione. Il vigile di Mattioli è l’anello di congiunzione tra chi ha denaro ma non sa dove impiegarlo e chi sa che cosa fare ma non ha mezzi; questo scambio di notizie un tempo avveniva guardandosi negli occhi, oggi con un clic. E anche qui le aziende creditizie italiane hanno gran terreno da recuperare.

 

Tutti i vecchi punti di forza del sistema nazionale, sotto i colpi degli stress test si sono rivelati anelli deboli. Si può ancora vantare il fatto che in Italia le banche non sono state salvate né dai contribuenti né dalla Troika. Legittimo motivo d’orgoglio. Tuttavia ora che siamo alla vigilia di una profonda trasformazione innescata da Mario Draghi, in molti si domandano se ne sia valsa davvero la pena.

Ultimi Dagoreport

ernesto galli della loggia giorgia meloni

DAGOREPORT - FAZZOLARI E' PER CASO IL NUOVO DIRETTORE DEL "CORRIERE"? - IN UNA PRIMA PAGINA CHE NASCONDE LE MENZOGNE DI GIORGIA MELONI, SPUTTANATA DA MACRON, BRILLA UN EDITORIALE VERGOGNOSO DI GALLI DELLA LOGGIA CHE SI DOMANDA: "SE LA GERMANIA (DI AFD) HA DAVVERO FATTO I CONTI CON IL SUO PASSATO NAZISTA. IN ITALIA, INVECE, UN PARTITO CHE PURE HA LE SUE LONTANE ORIGINI NEL FASCISMO GOVERNA DA TRE ANNI IN UN MODO CHE SOLO I COMICI (DUNQUE PER FAR RIDERE…) GIUDICANO UNA MINACCIA PER LA DEMOCRAZIA" - L’EX MAOISTA, POI TERZISTA, QUINDI BERLUSCONIANO, 5STELLE, INFINE MELONIANO  DEVE STUDIARE UN PO’, INVECE DI CAMBIARE PARTITO A OGNI CAMBIO DI GOVERNO. NEL DOPOGUERRA IN GERMANIA, GLI EX NAZISTI RIENTRARONO NEL CONTESTO SOCIALE E OTTENNERO POSTI DI POTERE NELLE INDUSTRIE PIÙ AVANZATE FINO ALLA CONTESTAZIONE DEL '68, SIMBOLEGGIATA DALLO SCHIAFFONE RIFILATO DALLA STUDENTESSA BEATE KLARSFELD AL CANCELLIERE (EX NAZISTA) KURT KIESINGER – IN ITALIA LA DESTRA ALLA FIAMMA DI FINI FU SDOGANATA DAL GOVERNO BERLUSCONI, DOVE IL MINISTRO DELLA GIOVENTU' ERA GIORGIA MELONI. COSA CHE IL GALLI OMETTE ESSENDO ORA COLLABORATORE DEL GOVERNO DUCIONI PER IL SETTORE SCUOLA...

andrea orcel unicredit

DAGOREPORT - IL RISIKO DELLE AMBIZIONI SBAGLIATE - COME PER IL GOVERNO MELONI, ANCHE ANDREA ORCEL NON IMMAGINAVA CHE LA STRADA PER LA GLORIA FOSSE TUTTA IN SALITA - IL RAFFORZAMENTO IMMAGINATO DI UNICREDIT, PER ORA, È TUTTO IN ARIA: IL MURO DI GOLDEN POWER DELLA LEGA HA RESO MOLTO IMPROBABILE LA CONQUISTA DI BANCO BPM; BERLINO RITIENE “INACCETTABILE” LA SCALATA ‘’NON AMICHEVOLE” DI UNICREDIT ALLA SECONDA BANCA TEDESCA COMMERZBANK; LE MOSSE DI NAGEL E DONNET GLI DANNO FILO DA TORCERE; CREDIT AGRICOLE, CHE HA UN CONTRATTO IN SCADENZA PER LA GESTIONE DEL RISPARMIO CHE RACCOGLIE UNICREDIT, HA UN ACCORDO CON BPM, DI CUI E' PRIMO AZIONISTA. E IL CDA DI UNICREDIT NON È PIÙ QUELLA FALANGE UNITA DIETRO AL SUO AZZIMATO CONDOTTIERO. COME USCIRE DAL CUL-DE-SAC? AH, SAPERLO…

orcel giorgetti

DAGOREPORT – GIORGETTI SI CONFERMA UN SUPPLÌ CON LE UNGHIE: ALL’INCONTRO CON I RAPPRESENTANTI DI UNICREDIT PER LA MODIFICA DEL DECRETO GOLDEN POWER CHE BLINDA L'OPS SU BPM, BANCA CARA ALLA LEGA, CHI HA INCARICATO IL MINISTRO DI CAZZAGO? STEFANO DI STEFANO, DIRETTORE GENERALE DELLE PARTECIPAZIONI DEL MEF, MA ANCHE COMPONENTE DEL CDA DI MPS. INSOMMA, LA PERSONA GIUSTA AL POSTO GIUSTO... – CALTA C’È: LA GIRAVOLTA DEL CEO DI MPS, LUIGI LOVAGLIO, SULL'OPERAZIONE MEDIOBANCA-BANCA GENERALI…

guzzetti bazoli meloni fazzolari e caltagirone scannapieco giuseppe francesco gaetano dario cdp giorgia

DAGOREPORT - AVVISATE ‘’PA-FAZZO CHIGI’’ CHE IL GRANDE VECCHIO DELLE FONDAZIONI BANCARIE, GIUSEPPE GUZZETTI, HA PRESO IL BAZOOKA - L’INDOMABILE NOVANTENNE NON NE PUÒ PIÙ DI VEDERE CASSA DEPOSITI E PRESTITI (DI CUI LE FONDAZIONI HANNO IL 30%) RIDOTTA A CAGNOLINO SCODINZOLANTE DEI FRATELLI DI FAZZOLARI: AFFONDATA LA NOMINA DI DI CIOMMO ALLA PRESIDENZA DEL CDA DEL FONDO F2I - MA IL CEFFONE PIÙ SONORO AL SOVRANISMO BANCARIO DEL GOVERNO DUCIONI È STATO SFERRATO DAL TERRIBILE VECCHIETTO CON LA VENDITA DELLA QUOTA DELLA FONDAZIONE CARIPLO IN MPS, IL CAVALLO DI TROIA DEL FILO-GOVERNATIVO CALTAGIRONE PER ESPUGNARE, VIA MEDIOBANCA, GENERALI – STRATEGIE DIVERSE SUL RISIKO TRA GUZZETTI E IL SUO STORICO ALLEATO, IL GRANDE VECCHIO Di BANCA INTESA, “ABRAMO” BAZOLI…

giorgia meloni incontra george simion e mateusz morawiecki nella sede di fratelli d italia sergio mattarella frank walter steinmeier friedrich merz

DAGOREPORT –LA CAMALEONTE MELONI NON SI SMENTISCE MAI E CONTINUA A METTERE IL PIEDINO IN DUE STAFFE: IERI HA INCONTRATO NELLA SEDE DI FDI IN VIA DELLA SCROFA L’EURO-SCETTICO E FILO-PUTINIANO, GEORGE SIMION, CHE DOMENICA POTREBBE DIVENTARE IL NUOVO PRESIDENTE ROMENO. UN VERTICE CHE IN MOLTE CANCELLERIE EUROPEE È STATO VISTO COME UN’INGERENZA – SABATO, INVECE, LA DUCETTA DEI DUE MONDI INDOSSERÀ LA GRISAGLIA PER PROVARE A INTORTARE IL TEDESCO FRIEDRICH MERZ, A ROMA PER LA MESSA DI INIZIO DEL PONTIFICATO DI PAPA LEONE XIV, CHE E' GIÀ IRRITATO CON L’ITALIA PER LA POSIZIONE INCERTA SUL RIARMO EUROPEO E SULL’AZIONE DEI "VOLENTEROSI" A DIFESA DELL'UCRAINA - MENO MALE CHE A CURARE I RAPPORTI PER TENERE AGGANCIATA L'ITALIA A BRUXELLES E A BERLINO CI PENSANO MATTARELLA E IL SUO OMOLOGO STEINMEIER NELLA SPERANZA CHE LA MELONI COMPRENDA CHE IL SUO CAMALEONTICO EQUILIBRISMO E' ORMAI GIUNTO AL CAPOLINEA (TRUMP SE NE FOTTE DEL GOVERNO DI ROMA...)