PULIZIE GENERALI – PERCHE’ GRECO, CONTRO PERISSI-ROTTO E AGRUSTI, HA SCELTO LA VIA DEL GIUDICE DEL LAVORO - CALA IL SIPARIO SULLE OPERAZIONI INCESTUOSE TRA LEONE E AZIONISTI (QUALE SOCIO VOTEREBBE CONTRO SE STESSO?)

1- PERCHE' GRECO CONTRO PERISSI-ROTTO E AGRUSTI HA SCELTO LA VIA DEL GIUDICE DEL LAVORO
DAGOREPORT

Perchè il Leone di Greco ha scelto la via dell'azione giuslavoristica anziché quella civile nei confronti degli ex amministratori Perissinotto e Agrusti? Perchè con l'azione giuslavoristica le Generali non pagano la liquidazione di Agrusti, e possono chiedere da subito il sequestro dei beni di Agrusti e Perissinotto. Non solo: si avrà la sentenza in un terzo del tempo dell'azione civile e costerà meno all'azienda.

Se il consiglio di amministrazione avesse proceduto con l'azione civile 1) bisognava aspettare l'assemblea del 30 aprile per l'approvazione - 2) Generali avrebbe dovuto pagare i 6,5 milioni di liquidazione ad Agrusti, e solo dopo provare a riprenderseli...

I sette investimenti di Perissinotto/Agrusti finiti nel mirino di Greco hanno come elemento comune una sconcertante assenza di documentazione relativa sia all'analisi dell'investimento sia alla relativa approvazione che il successivo monitoraggio.

In ogni caso, il fatto che il consiglio di ieri sia durato tanto la dice lunga sulla delicatezza della questione. Va ricordato che alla base dell'azione decisa ieri dal cda ci sono alcune operazioni che Perissinotto stipulò con i soci veneti del gruppo triestino, e dunque in primis con le holding Palladio e Finint e con la famiglia Amenduni. E che il nuovo ad Greco ha messo nel mirino ritenendole "irregolari" e in conflitto di interessi.

Ora, i problemi legati alla promozione di un'azione di responsabilità in senso stretto, così come prevede il codice civile, sarebbero stati molteplici. Innanzi tutto, farlo avrebbe potuto significare avviare un meccanismo dai possibili effetti dirompenti nei confronti di tutti i grandi soci del Leone.

Con quale criterio, infatti, sono state inserite alla base dell'azione le operazioni siglate coi veneti e non anche, solo per citare alcuni esempi, l'ingresso della compagnia triestina in Telecom Italia sotto la regia di Mediobanca (azionista di Generali con oltre il 13%) e Intesa Sanpaolo, che di certo non ha fatto bene al bilancio del Leone?

Oppure l'acquisizione della Toro, o le operazioni nel settore del private equity con i fondi del gruppo De Agostini guidato da Lorenzo Pellicioli o, ancora, quelle immobiliari con il gruppo Caltagirone? Intanto, Pellicioli, nel consiglio di ieri, è stato l'unico a votare contro i provvedimenti decisi verso gli ex vertici.

E' chiaro, insomma, che le Generali, per anni, per usare un'espressione di Cesare Geronzi nel libro "Confiteor", sono state un po' come "una mucca dalle cento mammelle". Da cui è difficile pensare che non si siano nutriti anche altri oltre agli azionisti veneti. Ma forse, risolvendo la questione dell'azione di responsabilità a "tarallucci e vino" o quasi, si spera di dare un colpo a un cerchio (comunque si procede verso gli ex vertici e si fa contenta l'authority assicurativa Ivass) e uno alla botte (ma lo si fa in modo molto blando). Nella speranza che la faccenda delle operazioni con parti correlate delle Generali finisca al più presto nel dimenticatoio.


2- DALL'AFFARE TORO AGLI IMPRENDITORI VENETI, LA PARABOLA DELL'AD CRITICATO DA DEL VECCHIO
Sara Bennewitz per "La Repubblica"

E' la prima volta nella storia della compagnia assicurativa che si quotò nel 1857 sulla Borsa di Trieste, che due dei tanti manager che si sono avvicendati alla guida delle Generali vengano chiamati a rispondere del loro operato. In realtà sono tantissime le operazioni che hanno suscitato critiche e perfezionate tra il 2001 e il 2012 nell'era di Giovanni Perissinotto, a cominciare dall'acquisto della Toro da parte delle Generali e dal successivo e contestuale investimento del gruppo De Agostini nella compagnia del Leone che risale al 2006.

Ma i primi malumori della gestione Perissinotto si avvertono nel 2011, in seguito a un accordo stipulato nel 2007 (e rinegoziato nel 2009) con il finanziere ceco Petr Kellner. I dettagli dei rapporti tra Generali e il gruppo Ppf con il contratto di put che garantiva un'uscita a Kellner vengono resi noti al consiglio e al mercato solo su richiesta di alcuni soci e della Consob.

Ma il primo a puntare il dito contro Perissinotto nel 2012 è Leonardo Del Vecchio, che è uno degli azionisti della compagnia ma si era dimesso un anno prima dal consiglio dalle Generali. Il patron di Luxottica, alla vigilia dell'assemblea per l'approvazione del bilancio, contesta l'operato del management di Trieste in un'intervista al Corriere della Sera.

Di lì a poche settimane il cda del gruppo assicurativo metterà ai voti la sfiducia all'amministratore delegato, una procedura contestata in consiglio solo da Diego Della Valle, che di Generali era amministratore ma non azionista.

E nell'inchiesta interna elaborata sotto la gestione di Mario Greco nel luglio 2012, le operazioni sotto la lente spaziano dalle attività immobiliari con il gruppo Caltagirone agli investimenti del gruppo Generali in alcuni fondi di private equity che ruotano nell'orbita De Agostini, ma oggetto di una particolare verifica sarebbero gli investimenti fatti da Generali nei confronti di un gruppo di imprenditori veneti vicini a Perissinotto.

Si tratta di Enrico Marchi e Andrea de Vido e della loro Finanziaria Internazionale, società che tra le altre attività controlla l'aeroporto di Venezia. In proposito Greco lo scorso novembre ha chiuso tutti i rapporti con la holding Agorà attraverso cui Marchi controlla lo scalo veneto, generando anche un ritorno superiore rispetto a quanto stabilito dal contratto.

Un altro dei nodi esaminati dall'audit avrebbe ad oggetto alcuni investimenti del gruppo di Trieste nella Valbruna che fa capo alla famiglia Amenduni e nella Palladio di Roberto Meneguzzo e Giorgio Drago, finanziaria che tra le altre cose nel 2012 figurava già tra gli azionisti di Generali.

 

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