juncker paradisi fiscali

QUEL BRAV’UOMO DI JUNCKER – IL “SUO” LUSSEMBURGO GUIDA LA CLASSIFICA DEI PAESI EUROPEI CHE “INTERCETTANO” I SOLDI EUROPEI DA E VERSO I PARADISI FISCALI – DAL PICCOLO PRINCIPATO (DI CUI IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE E’ STATO PREMIER E MINISTRO DELLE FINANZE) PASSA LA FETTA MAGGIORE DEI 1.800 MILIARDI DESTINATI NEI CENTRI “OFFSHORE”

 

Pietro Saccò per Avvenire

 

I dati sugli investimenti dall' estero nell' Unione Europea pubblicati dall' Eurostat qualche giorno prima di Natale aiutano a capire perché Bruxelles abbia fin qui ottenuto risultati così scarsi nel contrasto ai paradisi fiscali. A fine 2016 quasi un terzo dei 6.288 miliardi di euro di investimenti diretti esteri in Europa - in genere si tratta di azioni di società, quotate o non quotate - era controllato da soggetti basati in un centro finanziario offshore.

paradisi fiscali svizzera

 

Parliamo di 1.838 miliardi di euro di capitali che controllano aziende europee ma dei quali si sa ben poco, al di là del nome di facciata di una fiduciaria o di qualche studio legale utile a nascondere l' identità del vero proprietario del denaro.

 

La lista dei paesi dai quali arrivano gli investimenti in Europa è impressionante. Al primo posto ci sono gli Stati Uniti, con il 38,1% della quota di investimenti diretti stranieri, e al secondo la poco trasparente Svizzera, con il 12,2%. Al terzo posto, con il 10,3% degli investimenti, troviamo Bermuda, territorio d' oltremare britannico indicato dall' Oxfam come il più aggressivo dei paradisi fiscali per le società: non prevede imposte sui redditi d' impresa e raramente aderisce alle iniziative contro abusi e riciclaggio, segnalano i ricercatori dell' organizzazione non governativa che lotta contro la povertà.

 

paradisi-fiscali

Al quarto posto per investimenti stranieri in Europa, con una quota del 5%, c' è il baliato di Jersey, dipendenza della corona britannica a pochi chilometri dalle coste francesi che negozia direttamente con le aziende l' aliquota da applicare sui soldi che portano sull' isola. Lì sono basate fiduciarie con un patrimonio stimato in 1.500 miliardi di euro. Scorrendo la classifica si trovano poi due paesi "normali", come il Canada e il Giappone, dopodiché c' è ancora spazio per i paradisi fiscali. Come le Isole Cayman e Gibilterra, altri due territori d' oltremare britannici che non tassano i redditi delle imprese e che controllano ognuno il 2,7% degli investimenti stranieri in Europa.

 

Più della Cina, che con tutto il suo attivismo nel Vecchio continente ha una quota di un "misero" 2,2%, non molto superiore a quello di un altro paradiso fiscale che batte bandiera britannica, le Isole Vergini (1,6%). Quelli della Cina, però, sono investimenti "veri", che puntano al controllo reale delle imprese europee per mettere le mani sulle loro tecniche e le loro competenze. Difatti la Commissione europea sta lavorando a un meccanismo di screening per analizzare ed eventualmente fermare gli investimenti sgraditi che arrivano dalla Repubblica Popolare.

evasione-fiscale

 

Curiosamente Bruxelles non si è mossa con la stessa decisione contro gli investimenti fittizi che arrivano dai trust e dalle fiduciarie anonime basate nei paradisi fiscali. Eppure le cifre, come conferma Eurostat, sono di gran lunga maggiori. Il centro di statistica rivela anche che la presenza dei capitali offshore è in forte espansione: è cresciuta del 63% tra il 2013 e il 2016, aumentando di oltre 600 miliardi di euro.

 

La ragione non è misteriosa: i paradisi fiscali in giro per il mondo hanno forti alleati nei paradisi fiscali che fanno parte dell' Unione Europea. Paesi che sono perfettamente organizzati per concentrare gli incassi delle aziende di tutta l' Ue per poi spedirli ai Caraibi, dove possono rifugiarsi lontano dalle mani del fisco. Dei 1.838 miliardi di euro di investimenti offshore in Europa 775 sono in Lussemburgo, 573 nei Paesi Bassi, 192 nel Regno Unito e 156 in Irlanda.

IL MAR DEI CARAIBI E I PARADISI FISCALI

 

Questi quattro paesi ospitano il 92% degli investimenti offshore europei e sono gli stessi che ostacolano i tentativi di chiudere le porte di uscita ai capitali che cercano di fuggire dal fisco europeo. Li ostacolano perché quelle porte servono sempre a loro, che infatti guidano la classifica degli investimenti diretti europei all' estero, dove figurano in totale 1.276 miliardi di euro di capitali europei investiti in centri finanziari offshore.

 

Sono stati questi stessi governi a impedire che il 5 dicembre il Consiglio europeo fosse in grado di realizzare una lista efficace dei paradisi fiscali. I 17 Paesi indicati come «non-cooperativi» dai capi di Stato europei sono quelli dalle alleanze politiche più deboli. Nella lista nera ci sono paesi come la Mongolia, la Namibia e Trinidad e Tobago.

juncker

 

C' è Panama - indifendibile dopo avere dato il suo nome allo scandalo dei Panama Papers - ma ad esempio non ci sono Bermuda, Jersey e Cayman, che si sono conquistate un posto nella più tranquilla 'lista grigia' per meriti non chiariti. Eppure è proprio alle Bermude che ha base Appleby, il più grande studio legale offshore al centro del caso dei Paradise Papers. È lo studio che aiutava a risparmiare sulle tasse giganti come Apple, Nike, Uber o Citigroup.

 

Se l' Europa avesse davvero intenzione di fermare i paradisi fiscali, gli basterebbe mettere al bando i capitali senza identità che provengono dai paesi non collaborativi, ha proposto il fiscalista Tommaso Di Tanno. Sarebbe sufficiente introdurre questa stretta con una certa gradualità per chiudere una volta per tutte la questione. Ma sarà difficile riuscirci, finché i paradisi fiscali avranno amici così numerosi tra chi comanda nel Vecchio Continente.

Ultimi Dagoreport

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....