ECCO UNA RARITÀ ASSOLUTA. ‘’REPUBBLICA’’ RIPRENDE “IL FATTO” E SPARA IN FACCIA AD AIRONE PASSERA, ALL'EPOCA AD DI BANCA INTESA, UNA PAGINA COSÌ TITOLATA: “UN SISTEMA PER PORTARE SOLDI ALL’ESTERO’ - MISTERIOSI “COLLABORATORI” DI CORRADINO SPIEGANO CHE “LA FILIALE LUSSEMBURGHESE AVEVA UNA SUA OPERATIVITÀ AUTONOMA” - DEL RESTO SI SA: I GRANDI CAPI PRENDONO MEGA-STIPENDI GIUSTO PER FARE DUE CHIACCHIERE IN CDA E CON LA STAMPA PENNIVENDOLA….

Davide Carlucci per La Repubblica

La prima a muoversi è stata Biella. Ora, attraverso un giro tortuoso che passa da Verbania e Novara, arriva la procura di Milano. Un accerchiamento giudiziario che, da qualche mese, sembra stringere anche il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera. Ma dal suo staff assicurano: il coinvolgimento del manager è riferito al suo ruolo formale
di amministratore delegato di Banca Intesa, non c'è nulla che riguardi le sue responsabilità personali.

Passera è iscritto nel registro degli indagati solo a Biella, dove i pm gli contestano violazioni fiscali in un'operazione interbancaria che vede al centro Biverbanca, la Cassa di risparmio di Biella e Vercelli controllata da gruppo Intesa quando, nel 2006-2007, l'amministratore delegato era l'attuale responsabile dello Sviluppo Economico nel governo Monti.

Biverbanca avrebbe messo in piedi un'operazione di arbitraggio fiscale internazionale solo per pagare meno tasse sfruttando crediti fiscali maturati all'estero. Di qui la contestazione di "dichiarazione infedele" formulata a luglio 2011 a Passera in quanto firmatario del bilancio della controllante Intesa.

Un anno dopo l'inchiesta ha ottenuto una proroga, ma il coinvolgimento del ministro, ha precisato il procuratore Giorgio Reposo, è «un atto dovuto»: se si accertasse che l'ad non fu interpellato né informato dell'operazione, la sua posizione si avvierebbe verso l'archiviazione.

La gestione Passera di Banca Intesa, però, emerge ora anche in un altro filone investigativo che origina da Verbania e poi si dirama a Novara e Milano. Si parte da una frode fiscale da centinaia di milioni di euro che riguarda la famiglia Giacomini, produttori piemontesi di rubinetti.

Nell'indagine (che ha coinvolto anche il sottosegretario Andrea Zoppini, costretto poi alle dimissioni) spunta un broker, Alessandro Ielmoni, uomo di Intesa fino al 2002: avrebbe nascosto all'estero 230 milioni di euro dei Giacomini per sottrarli al fisco. E per farlo si sarebbe appoggiato a una controllata di Intesa nel Lussemburgo, la Seb. Gli atti vengono trasmessi a Milano, dove il pm Giordano Baggio ipotizza il reato di riciclaggio.

Il Fatto Quotidiano riporta anche alcune registrazioni relative a incontri che si sarebbero svolti nel febbraio 2011 a Milano, in piazza della Scala, tra un dirigente della Seb, due esponenti della famiglia Giacomini e un manager di Intesa. Quest'ultimo avrebbe cercato di convincere gli imprenditori a desistere dal loro proposito di riportare in Italia il denaro custodito all'estero, al riparo dal Fisco.

Una condotta che il gip Vincenzo Tutinelli, nell'ordinanza di custodia cautelare per Ielmoni - assistito dall'avvocato Pasquale Pantano, ora è stato scarcerato - descrive come un «sistema... messo a disposizione dei grandi gruppi economici italiani da funzionari ed ex funzionari del gruppo Banca Intesa Lussemburgo - con la probabile complicità della banca - per costituire fondi neri nel Granducato di Lussemburgo e ivi riciclarli». «Passera è estraneo rispetto agli accertamenti che stanno facendo - assicurano i suoi collaboratori - La filiale lussemburghese aveva una sua operatività
autonoma».

 

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