RCS: CRESCE LA FRONDA ANTI ELKANN-BAZOLI

Andrea Montanari per "Milano Finanza"

La ristrutturazione di Rcs Mediagroup è diventata una partita di scacchi. Che si gioca in tempi strettissimi e in condizioni di mercato alquanto difficili. Con il rischio che, invece di arrivare all'obiettivo finale, cioè il rafforzamento patrimoniale da 600 milioni e la sicurezza finanziaria, qualcuno possa fare la mossa del cavallo e bloccare il progetto predisposto dal management.

Il piano prevede, in particolare con la prima tranche della ricapitalizzazione (400 milioni, più altri 100 milioni di nuove azioni di risparmio di categoria B), una forte diluizione degli attuali soci. Questo perché, sebbene anche l'ultimo cda di domenica 28 non abbia fornito informazioni in merito, sul mercato si ipotizza di uno sconto sul Terp (prezzo teorico ex diritto) vicino all'80%, con un prezzo di emissione delle azioni (nel frattempo è stato approvato il raggruppamento delle ordinarie in ragione di 3 nuovi titoli ogni 20 dei vecchi) oscillante tra 0,15 e 0,20 euro a fronte di un valore di borsa attuale di 0,74 euro.

Condizioni che non sono piaciute al pattista Paolo Merloni (2%), che per questo si è dimessso dal cda ed è pronto a non allinearsi, nell'assemblea del 30 maggio, al «sì» del sindacato di blocco (58%).

I termini dell'aumento, poi, hanno fatto storcere il naso ai Pesenti (7,75%), incerti sul da farsi. E sono stati sonoramente bocciati dagli azionisti fuori dal patto Diego Della Valle (8,695%) e Benetton (5,1%). Mentre il primo socio singolo, la famiglia Rotelli (16,55%) non ha ancora preso una posizione ufficiale e studia attentamente i dettagli.

Ciò testimonia la fatica con la quale l'ad Pietro Scott Jovane sta portando avanti il progetto, che comunque ha trovato il sostegno della gran parte del Patto (il 44% ha dato il via libera), in particolare di Mediobanca, Fiat, pronta a rilevare un ulteriore 2,8%, e Intesa Sanpaolo, che si è impegnata a rilevare diritti d'opzione fino a un massimo di 10 milioni di euro.

A loro si sono affiancate le banche creditrici dell'azienda, che ha chiuso il 2012 con un buco di 509 milioni, pronte a garantire nuove linee di credito. A queste si aggiunge poi il consorzio di garanzia (Banca Imi, Bnp, Centrobanca, Mediobanca, Banca Aletti e Akros) pronto a sottoscrivere 182,5 dei 400 milioni del primo aumento, ovvero il 45,6% del totale.

Ma tutto questo impianto potrebbe saltare se durante l'assemblea straordinaria di fine maggio (per la quale è richiesta la maggioranza dei due terzi del capitale depositato), la fronda crescente si compatterà, arrivando a quella che tecnicamente sul mercato francese si chiama minoranza di blocco, ovvero la quota di un terzo dei voti più uno dei presenti. Sommando alle quote di Della Valle e Benetton, quella di Rotelli e, a questo punto, anche quella di Merloni al momento si arriva al 32,34%.

Una soglia importante. E non è da escludere che anche altri piccoli soci si coalizzino attorno a questo nocciolo di azionisti industriali, interessati a vario titolo a rilanciare Rcs passando però da una ricapitalizzazione che presenti termini meno penalizzanti. Insomma, comincia a farsi strada la possibilità di un blocco della delibera di aumento. Il tutto mentre Rcs, a livello di spa, ha chiuso il primo trimestre con una perdita di 78 milioni (che si somma al rosso di 494,7 milioni del 2012) e un patrimonio di 138,8 milioni. Oltre ad aver deciso di coprire il buco totale di 907 milioni utilizzando riserve fino a 284 milioni e riducendo il capitale da 762 a 139 milioni.

 

DELLA VALLE John Elkann GIOVANNI BAZOLI FOTO ANSA MERLONI GIUSEPPE ROTELLIPIETRO SCOTT JOVANE

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